L’elisir d’amore. Donizetti. Piacenza

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Teatro Municipale di Piacenza, 11 ottobre 2014

Nuova apertura della stagione lirica del Teatro Municipale di Piacenza con un titolo di grande richiamo come L’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti in una serata piena di pubblico entusiasta. Per il secondo anno consecutivo il Teatro piacentino, in coproduzione con il Teatro Alighieri di Ravenna, ha affidato la regia al celebre baritono Leo Nucci dopo il successo dell’anno scorso con Luisa Miller; anche questo Elisir rappresenta il frutto del lavoro didattico formativo “Opera Laboratorio 2014” che ha visto come figura didattica di riferimento proprio Nucci. Un’opera della grande tradizione lirica italiana che il maestro Donizetti compose in solo quattordici giorni e che venne messa in scena al Teatro Municipale di Piacenza per la prima volta nel 1833. L’opera donizettiana è stata proposta in un nuovo allestimento molto giovane, visto il cast che non supera i 25 anni cadauno, in un Elisir fresco e piacevole; Nucci forte della sua lunga esperienza come cantante, riesce a sfruttare ogni piccolo particolare del libretto e della partitura per fare sì che l’opera compenetri pienamente il pubblico divertendolo senza forzature e senza caricature. Il regista-baritono sposta temporalmente la vicenda al secondo dopo guerra del cinema neorealista di Riso amaro o Pane amore e fantasia e proprio questi due film fanno da filone ispiratore alle scene e ai costumi. Lo spostamento temporale è talmente gustoso, raffinato e intelligentemente realizzato che non solo non stona con l’opera, ma calza proprio a pennello. La scena unica ospita l’azione che si svolge dal mezzogiorno all’alba del giorno successivo con una sequenza che dà alla vicenda un’indiscutibile plausibilità: alcune case di sasso che potrebbero essere di un tranquillo borgo del nostro Appennino, sullo sfondo di una campagna ridente e assolata con le messi biondeggianti. Un albero in scena completa il quadro campestre dove i contadini e i protagonisti vivono la loro vicenda. E’ l’Italia delle grandi speranze che viene messa in scena, l’Italia dei film che hanno fatto divertire e riflettere intere generazioni. Una regia che si distingue, pur nella sua modernità, per il rispetto del teatro, con l’esplicita volontà di ricollegarsi alla grande scuola registica italiana, quella di Visconti, quella di Zeffirelli, in aperto contrasto con quel teatro di regia che secondo Nucci sempre più spesso fa scempio dell’opera lirica, con soluzioni che denotano una conoscenza molto lacunosa del libretto. Molti i particolari che riempiono il quadro piacevoli e divertenti, come l’ingresso di Dulcamara su un carretto trainato da un asino vero, oppure Belcore trasformato in aitante carabiniere, ma tutto creato e pensato con gusto e sapienza di chi ha varcato da decenni il palcoscenico come diretto protagonista. Ma i riferimenti al famoso film di Luigi Comencini sono evidenti fin dall’inizio ed è facile ritrovare i personaggi della Bersagliera in una scattante e scanzonata Giannetta, oppure quello del maresciallo Carotenuto in un compassato Belcore; non manca nemmeno la corista trasformata nella indimenticabile Caramella (che nel film era la caratterista Tina Pica). Perciò belle e azzeccate le scene di Carlo Centolavigna che si uniscono al bel disegno di luci di Claudio Schmid.

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La direzione del maestro Stefano Ranzani è equilibrata e lascia spazio al canto senza eccedere. La scelta riuscita di non praticare tagli presenta al pubblico un Elisir d’amore integrale e completo. Ranzani riesce a condurre egregiamente i giovani musicisti dell’Orchestra Cherubini su linee sostenute e morbide, dando ampio respiro ai cantanti e riuscendo interamente ad amalgamare questi con le splendide note donizettiane.

Francesco Castoro è stato un Nemorino più che discreto, ha impersonato il personaggio in modo convincente e credibile. Certamente dovrà migliorare la parte scenica, ma la voce è più che rispettabile ed ha dato buona prova di sé; l’attesa Furtiva lacrima ha emozionato veramente ed è stata molto applaudita dal pubblico. Canta con grazia e con fraseggio accurato.

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In piena forma vocale e scenica la Adina del soprano Maria Mudryak, dalla voce sonora, fresca e leggera, con acuti e fraseggio molto curati. Ha incarnato il personaggio con disinvoltura e grazia.

Andrea Vincenzo Bonsignore è un compassato Belcore, forse troppo per un personaggio che dovrebbe essere comico. Il giovane baritono ha una voce interessante, scura e con bel timbro ma non sembra essere adatta al personaggio che in ogni caso porta a termine con disinvoltura e bravura.

Dulcamara è magistralmente interpretato dal giovane Daniel Giulianini che unisce alla bella voce una grande dose di comicità e ironia propria del personaggio. Certamente alcune cose possono essere migliorate, ma il personaggio è centrato e la voce è più che promettente.

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Disinvolta e frizzante la Giannetta di Ludovica Gasparri.

Buona la prova del Coro del Teatro Municipale diretto dal maestro Corrado Casati.

In un Teatro gremito tanti applausi anche a scena aperta per tutti, ovazione finale per il maestro Nucci.

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Adina                         Maria Mudryak

Nemorino                  Francesco Castoro

Belcore                      Andrea Vincenzo Bonsignore

Il dottor Dulcamara Daniel Giulianini

Giannetta                  Ludovica Gasparri

 

Direttore                   Stefano Ranzani

Regia                         Leo Nucci

Regista collaboratore         Salvo Piro

Scene                         Carlo Centolavigna

Costumi                     Artemio Cabassi

Luci                           Claudio Schmid

Maestro del coro     Corrado Casati

 

Orchestra Giovanile Luigi Cherubini

Coro del Teatro Municipale di Piacenza

 

Coproduzione Fondazione Teatri di Piacenza e Teatro Alighieri di Ravenna

 

Nuovo Allestimento

 

Mirko Bertolini