A Foggia in scena l’operetta Giove a Pompei composta a 4 mani da Umberto Giordano e Alberto Franchetti

A Foggia in scena l’operetta Giove a Pompei composta a 4 mani da Umberto Giordano e Alberto Franchetti
A Foggia in scena l’operetta Giove a Pompei composta a 4 mani da Umberto Giordano e Alberto Franchetti

Per celebrare i 150 anni della nascita di Umberto Giordano, a Foggia, città natale del compositore, è andata in scena l’operetta Giove a Pompei composta a quattro mani dal compositore pugliese assieme a Alberto Franchetti, su libretto di Luigi Illica. 

Molto lungo parlare di quest’operetta che ebbe una gestazione complicata e che vide passare più di 20 anni compresi quelli della Grande Guerra,  da quando i due compositori cominciarono a comporre a quando il lavoro fu messo finalmente in scena il 5 luglio del 1921, presso la Belle Etoile, sede estiva del Teatro “La Pariola” di Roma. Dopo di che questo titolo sparì. I motivi di questa sparizione sono vari: il cambio di gusto del genere operettistico con l’affermarsi di Cesare Lombardo e dei suoi Paese dei Campanelli e Cincilla; l’ingresso,  sulla scena politica, nel ventennio fascista poco si armonizzava con la trama licenziosa, il cui perno centrale è l’immolarsi  delle donne pompeiane alla lussuria di Giove in modo da scongiurare l’imminente eruzione del Vesuvio.

Al centro della vicenda vi è la figura di Parvolo Patacca, interpretato in modo eccellente dal baritono Matteo D’Apolito che ha palesato ottime doti non solo vocali ma anche attoriali, in un personaggio creato appositamente per un capocomico. Parvolo è l’inventore degli scavi, veri e fittizi, nonché venditore di patacche agli illustri visitatori, fra cui la coppia reale formata dal Faraone e dalla ninfomane Imperatrice Egizia, interpretata dalla simpatica attrice Simona Ianigro, sicuramente il personaggio più moderno e spudorato, dotato di battute molto provocatorie, che  sparisce inspiegabilmente a metà della trama.

Daniela Bruera ha interpretato in modo disinvolto il ruolo della  protagonista Lalage, campagnola ignorante ma di buon cuore, amata da Giove ma riottosa a tradire il suo amato Aribobolo, soldato baldanzoso e goloso – reso dal bravo tenore Aldo Caputo –, ma che alla fine si immolerà per salvare la patria e per aver in cambio delle tuniche di seta, gioielli ed altre ricchezze. La Bruera è stata bravissima in un ruolo complicato che unisce delle difficoltà liriche ad una recitazione da subrette.

Nel ruolo del collerico Giove, che decide prima di distruggere Pompei per l’empietà che i Pompeiani mostrano verso gli dei e poi di salvarla per merito delle grazie di Lalage, ne è uscito vincente il baritono Sergio Vitale grazie alla sua prestanza fisica, ad una innata verve comica ed una bella voce con cui ha reso la parte del re degli dei ormai vecchio ed acciaccato ma non ancora pago.

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Accanto a lui, disceso dall’Olimpo, mandato dalla gelosa Giunone a controllare l’allegro marito, Ganimede interpretato dal  tenore Orazio Tagliatela Scafati, che ha caratterizzato a perfezione la parte del coppiere degli dei costantemente ubriaco. Ottima anche la caratterizzazione del parrucchiere Macrone Massimo da parte del basso Graziano De Pace, impegnato in autentici scioglilingua in latino.

Bene ha fatto anche la coppia composta dal tenore Francesco Pittari e dal mezzosoprano Angela Bonfito rispettivamente Marcus Pipa, capo dei pompieri pompeiani, e Calpurnia fedigrafa moglie del gran sacerdote Aricia interpretato dal basso Italo Proferisce.

La direzione affidata a Gianna Fratta, cha ha diretto l’ottima Orchestra del Conservatorio Umberto Giordano di Foggia è stata fedelissima allo spartito originale, proprio perché questa a tutti gli effetti può essere definita come una prima mondiale assoluta. La Fratta ha diretto con maestria e lucidità uno spartito strano in cui si notano le due mani e che passa da momenti di assoluto lirismo a momenti farseschi. Da notare soprattutto il concertato finale del secondo atto, pezzo d’assieme che non avrebbe sfigurato in un’opera seria.

Molto valente si è dimostrato il Coro Lirico Pugliese preparato da Agostino Ruscillo, mentre a Giada Ordine è stato affidato il compito di coreagrafare la danza seduttiva che le donne di Pompei fanno per sedurre Giove e che alla prima del 1921 fu realizzato da bel 50 ballerine.

Cristian Brasci ha costruito una regia dinamica e divertente, è stato ottimo soprattutto a far si che il cast riuscisse benissimo nelle lunghe parti recitate. Divertenti le scene di Francesco Paolo Gorgoglione realizzate assieme agli studenti dell’Accedemia di Belle Arti di Foggia, così come i costumi realizzati dalla Sartoria Shangrillà di Diego Pecorella.

Il gioco di luci realizzato da Riccardo Canessa e le videoproiezioni di Raffaele Fiorella si sono dimostrate le carte vincenti dell’allestimento.

Una serata divertente per un pubblico che ha molto gradito questa riscoperta.

Domenico Gatto