Leo Nucci trionfa nel Rigoletto all’Arena di Verona

Rigoletto all’Arena di Verona
Rigoletto all’Arena di Verona

Forse il modo in cui gli scenografi di inizio secolo intendevano lo spazio areniano, se esaminato con attenzione e con un occhio mirato alle dinamiche drammaturgiche di una ‘piéce’ , potrebbe non risultare oggi così vetusto o nostalgico come , di primo acchito, sembrerebbe.

Già l’edizione storica di Aida del 1913 aveva in parte ( specie dopo il suo restauro per il centenario ) colpito ma la riflessione si è riproposta assistendo a questa produzione di Rigoletto già presentata in passate stagioni (agosto 2003 la premiere)  che si avvale della regia di Ivo Guerra e di scenografie di Raffaele Del Savio  basate su alcuni schizzi di Ettore Fagiuoli per la prima assoluta dell’opera in arena ( 1928 ) che ci illustrano , tramite una serie di quinte e teleri, con i pochi ed indispensabili praticabili, un dramma di pensiero .

Quello che queste scenografie indiscutibilmente veicolavano era un’attenta ricerca storica che , in molti casi , comunicava un dramma intimo ingigantendone la significante racchiudendolo entro uno spazio enorme . Non è dunque la ricerca bozzettistica dell’effetto che si cercava quanto un impianto aderente al libretto ed allo spazio scenico (in questo caso quello enorme dell’anfiteatro) che lo ospitava, valutandone caratteristiche e pregi .

Ora è evidente che un impianto che punti sulla spettacolarità è vincente, in arena , come lo è seguire una chiave narrativa e pittorica che ne possa trasmettere in modo immediato il nucleo narrativo .

Poca gente in scena dunque (a parte l’infelice I quadro del I Atto nel quale tutto è troppo ed i tritoni e le sirene, pur rifacendosi al contesto pittorico di Giulio Romano, non trovano una collocazione drammaticamente convincente) che è invece dominata dai caratteri dei personaggi che con questa interagiscono e da questa stessa sono assorbiti .

Puó servire dunque oggi vedere un allestimento così ‘antico ‘ in un momento in cui giustamente si pretende che la teatralità del melodramma sia espressa in tutta la sua complessità? Da un certo punto di vista forse  si, se, come in questo caso (Atto III) la scena ricalchi perfettamente ed esprima teatralmente la drammaturgia della parola  scenica  verdiana piuttosto che una tradizione di maniera che poco o nulla comunica e che risulta  già vista e scontata sia nei gesti che nei contenuti e che , anche in arena risulta posticcia quando non pasticciata .

Buona strada sarebbe dunque, filologica quanto storica, ripresentare allestimenti storici per l’Arena piuttosto che la solita ridda di cappellini e cavalli .

Rigoletto all’Arena di Verona
Rigoletto all’Arena di Verona

La serata era dominata dalla presenza di Leo Nucci nel ruolo del titolo che ancora una volta non ha deluso le attese dei numerosi appassionati che gremivano l’arena.  Il suo è e resta oggi un Rigoletto di riferimento in particolare per la minuziosa cura espressiva, per l’accento scolpito , la «parola scenica» ed un’interpretazione che non abbandona un momento la partitura drammaturgica creata da Verdi . Così la sua maniacale affezione alla figlia diventa specchio ad una frustrazione che lo porterà alla ricerca di quella cieca  vendetta che lo trascinerà nell’abisso coinvolgendo e trascinando con se il pubblico grazie ad quell’indiscutibile carisma ( basti per tutti l’attacco di «Cortigiani , vil razza dannata») fortissimo senso del teatro e attenta professionalità che ne hanno da sempre contraddistinto la carriera .

Lo affiancava il soprano Jessica Nuccio nel ruolo di Gilda evidenziando una vocalità molto interessante, precisa musicalmente quanto tecnicamente e sempre attenta ad accento e fraseggio

Ben cesellato risultava anche il Duca di Mantova delineato dal tenore Gianluca Terranova. Il timbro dell’artista è molto caldo ed avvolgente e, nonostante risultasse un po’ calante nell’impostazione, nondimeno donava al suo ruolo giusto accento e raffinata intenzione con un risultato complessivo coerente ed espressivo.

Tonante il curato Sparafucile delineato da Andrea Mastroni mentre la Maddalena di Anna Malavasi convinceva poco sia per vocalità che per espressività.

Completavano il cast: Marco Camastra ( Marullo), Francesco Pittari (Borsa), Alice Marini (Giovanna), Nicolò Ceriani (Monterone),  Dario Giorgelè (Ceprano), Marina Ogii (Contessa di Ceprano), Lara Lagni ( un paggio) e Omar Kamata (un usciere di corte).

Privo di espressività e mordente il M. Julian Kovatchev,  dirigeva l’orchestra areniana che troppo spesso si trovava a dover rincorrere i solisti ( e viceversa) con uno scollamento tra buca e palcoscenico che , soprattutto in alcuni punti ( Atto I sc.I ) risultava evidente .

Bene il coro della Fondazione diretto dal M. Vito Lombardi.

Arena abbastanza gremita e pubblico caloroso per questo Rigoletto drammaticamente impostato che trovava più di un centro d’interesse .

Silvia Campana