Recensione: CD Paolo Bordogna «Tutto Buffo»

Recensione: CD Paolo Bordogna "Tutto Buffo"

Per chi ha avuto la possibilità di seguire la carriera di Paolo Bordogna sin dagli esordi, anzi prima del debutto ufficiale sulle scene in un ormai lontano concerto tenutosi al Circolo della Stampa di Milano, dove il baritono Roberto Coviello, passato con successo all’insegnamento, presentava i suoi più talentuosi rampolli, questo disco non cosituisce certo una sorpresa, ma una conferma di aver “visto lontano” già in quel giovanissimo e guizzante virgulto baritonale che in quell’occasione eseguì con vivacità, briosità mercuriale e trascinante simpatia la sortita di Figaro del rossiniano Barbiere di Siviglia. Baritono dunque e brillante, dotato di voce peculiare per colore, individuabile e personalissima, estesa e ben proiettata, usata già con straordinaria sapienza e con un talento d’attore straordinario, in grado di saper cogliere e sfruttare a fini teatrali non solo tutte le sfumature e le intenzioni del testo, ma di dare un senso alla parola cantata, accentuando e fraseggiando mirabilmente. Quella fu sì una gradevolissima sorpresa e fui buon profeta -il ché, del resto, è facile nei casi in cui si è davanti ad una precocità- nell’intravedere una fulgida carriera, culminata proprio in questi giorni da un’altra tappa importante nell’iter del “nostro” buffo: il debutto alla viennese Staatsoper nel ruolo di Leporello, di cui nel CD in esame c’è un ottimo assaggio.

Buffo? Ebbene sì. Scelta coraggiosa, ma soprattutto intelligente. Paolo Bordogna potrebbe in qualsiasi momento, e con risultati musicali ed interpretativamente sorprendenti, affrontare pure il repertorio drammatico, ma la sua indole giocosa, la fisicità, la mimica, le sue incredibili capacità attoriali lo hanno giustamente indirizzato verso un settore che, con l’uscita di scena di Enzo Dara, ha pochi testimoni (si potrebbero contare sulle dita di una, massimo due mani) tra gli attuali frequentatori di ruoli che richiedono una specificità, una coscienza interpretativa, almeno per noi italiani e per tutti coloro che hanno a cuore e capiscono l‘importanza della parola cantata, indispensabili. In buona parte il merito va riconosciuto al suo mentore Ernesto Palacio che, come del resto con altri cantanti della sua “scuderia”, ne intuì per primo e con chiara preveggenza, le pontenzialità in questo repertorio.

Repertorio che, in buona parte, Paolo Bordogna, ha già maturato con successo nei palcoscenici di mezzo mondo. E mi riferisco in specie ai ruoli rossiniani di Don Bartolo, di Don Magnifico e di Geronio qui ben rappresentati. Dove trova per ognuno di essi una chiave interpretativa originale, mai scontata né tanto meno volgare, eseguendo un “sillabato” che va preso ad esempio di perfezione nello sgranare a velocità vorticosa le parole che, anche per onomatopea, costituiscono una “follia organizzata”. Lo stesso dicasi per il Don Geronio del Matrimonio cimarosiano, eseguito magistralmente al Teatro Regio di Torino con una forza catalizzatrice e coinvolgente sull’intero e giovane cast. Passando poi a Donizetti, qui presentato in ben tre dei suoi “cavalli di battaglia”, con l’inclusione scherzosa di un duetto a due voci (ma è sempre la sua!) dove ben due buffi, di stampo diverso però, si affrontano durante la scena iniziale del Don Pasquale, sviluppando il canto di conversazione tra il dottor Malatesta, ironico e subdolo, ed il credulone protagonista, in cui Paolo Bordogna si sdoppia. L’abilità è tale che si rimpiange non si sia dato pure spazio al medesimo artifizio con il duetto tra Dandini e Don Magnifico, per esempio. E del resto in disco si può sognare!

Il Dulcamara di Bordogna è pure notevolissimo, ma la personale simpatia va alla sua irresistibile Mamma Agata, offerta qui nell’originale napoletano che il lombardissimo Bordogna pronuncia con procace sfrontatezza, di cui si serba il ricordo di diverse recite, inizando da quella a Lecce di fianco all’intramontabile Katia Ricciarelli e, soprattutto, dell’edizione presentata al Teatro della Fortuna di Fano nell’ambito della Rassegna Torelliana del 2009, direzione artistica di Simone Brunetti e regia di Roberto Recchia, di cui esiste fortunatamente il DVD commerciale. La sola scena, aggiunta per l’occasione, di Mamma Agata in tutù romantico che danza sulle punte vale l’acquisto del DVD dove un cast ideale fa sfoggio di irruente ed ironica caricatura del mondo dell‘opera.

Il disco si conclude con brani tratti da opere che Paolo Bordogna non ha ancora eseguito in teatro: Falstaff, con la celeberrima tirata “L’onore! Ladri”, Gianni Schicchi nella scena della vestizione “Era eguale la voce?”, l’aria del balbuziente Tartaglia “Quella stra-stra-strada” tratta dalle sfortunate Maschere mascagnane ed, infine la comica scena del geloso Beaupertuis dal delizioso Cappello di paglia di Nino Rota. Opere in cui si attende con curiosità una prossima presa di ruolo dell’ecclettico “buffo” di cui, è pur vero, il disco offre un’immagine completa e poliedrica, ma che visto dal vivo rende il doppio. Un disco che, dunque, costituisce un eloquente biglietto da visita, in virtù pure delle eccellenti note di copertina scritte dalle autorevoli firme di Giancarlo Landini e Adalberto Ruggeri, oltre che i testi delle arie. Un disco che è, in realtà, l’invito ad andare a sentirlo e vederlo in teatro alla prima occasione.

Un disco confezionato molto bene, grazie all’apporto della Filarmonica Arturo Toscanini, dal suono terso e pulito, e soprattutto per la briosa e scattante direzione di Francesco Lanzillotta, tra le giovani bacchette italiane una tra le più notevoli e da seguire con altrettanta attenzione.

Horacio Castiglione