Sarah Biacchi: «Il canto è la mia Stella Polare»

Sarah Biacchi
Sarah Biacchi

Dopo il grande successo di “Lady Macbeth Show”, ho incontrato l’artefice di questo spettacolo che oltre ad essere un soprano drammatico di grande talento, vanta un curriculum da attrice, regista e padagogista vocale: Sarah Biacchi, l’arte fatta in persona! Ma chi è Sarah nel suo privato? Sicuramente è una donna profonda, dotata di grande umorismo e con tantissime passioni…forse troppe! Il suo aspetto angelico fa a cazzotti con il suo carattere tosto e la sua schiettezza, ma si sposa perfettamente con l’amore che mette in tutto ciò che fa e forse è proprio questo il segreto del suo successo. 

Lei è un soprano lirico, attrice, regista e pedagogista vocale; nella sua carta d’identità che cosa c’è scritto sotto la voce “professione”?

Al momento c’è scritto attrice. I cinque anni precedenti c’era scritto cantante lirica. Penso sia saggio. Era un periodo in cui iniziavo la carriera a Spoleto e quindi ero proiettatissima sulla strada del canto. Al momento del rinnovo del documento c’era scritto: «nubile» e «attrice», perché facevo davvero il giro d’Italia tutti gli anni con la prosa. Al prossimo cambio ci sarà » coniugata» e tornerò alla mia prima identità di soprano.

Recentemente l’abbiamo vista autrice e protagonista di “Lady Macbeth Show” al Teatro Biondo di Palermo; ci racconti questa esperienza.

Oh, sono felice. Lo desideravo da moltissimo tempo uno spettacolo di sintesi, ma ero molto indecisa fra le figure di Desdemona, Lady Macbeth e Tosca. Poi ho studiato sia la drammaturgia shakespeariana che Sardou e il parallelismo fra prosa e poesia più forte l’ho letto nella Lady. Che dire? Lei è la mia bambina cattiva. Cattiva perché soffre moltissimo, è divorata dal terrore di non arrivare a toccare mai la sicurezza. L’aria più drammatica del «Macbeth» per me è «La luce langue». Quando la Lady urla disperata » Ah scettro, scettro, alfin sei mio!» è una bambina che strilla fortissimo il suo ego con poco amore ricevuto. Sono grata di essere stata accolta da un teatro come il Biondo, illuminato e guidato da un’intensa curiosità. Mi ha dato fiducia, spero di averla restituita.

Che persona è nel privato Sarah Biacchi?

Mi piace troppa roba. Sono onnivora di vita. Sono metodica nello studio, sia del canto sia dei testi che leggo e che preparo, ma nella vita sono tremenda. Mio marito mi chiede ogni giorno cosa voglio per pranzo e per cena ed è l’unica domanda a cui non so rispondere, e lui (giustamente) sospira. Poi mi piace moltissimo curare i fiori, giocare col mio cane, insegnare ai miei bambini (ho bambini di dodici e di cinquantasei anni, ma sono allievi e quindi bambini per me). Mi piace il mare, i neonati, mia madre e mio padre, il colore rosa pallido e l’arredamento shabby. Mi piacciono i negozi e gli alberghi antichi. Mi piacciono i miei colleghi attori con cui cerchiamo di strappare diritti ad uno stato che cerca di distruggerci ma non ce la fa. E mi piace prendere l’aereo per andare a cantare e stringere la mano di mio marito mentre decolla. Lì taglio fuori il mondo.

Tre pregi e tre difetti.

Tre pregi. Sono tenace. Non c’è porta sui denti che mi abbia piegato, non c’è tecnica sbagliata, tempo perso, illusione che mi abbia fatto desistere. Come nella canzone di Mina posso dire «Stasera son qui».

Sono romantica. Mi aiuta moltissimo nel mio lavoro sapere sognare l’amore. Non ridere per sdrammatizzare, ma anzi dare all’emozione il colore e il peso che merita.

Il terzo pregio? Non è tanto un pregio ma una condizione. Ho fede. E questo, come dice Nina Zarecnaja nel Gabbiano di Checov, «quando penso alla mia vocazione, non ho più paura della vita».

Difetti? Sono ingenua. Vicina allo stupido. Ci resto sempre troppo male quando qualcuno mi volta le spalle. Poi recupero, però non ho ancora veramente imparato a fidarmi di chi devo. Mi impegno per migliorare.

Ho paura di cose idiote. Del buio, di certi animali, dell’uomo nero, degli estranei minacciosi, degli attentati, dell’Isis, mancano solo le scie chimiche. Ma in fondo in fondo chi lo sa… 

 Sono snob con le cose mediocri. Le detesto. Non sono per niente accomodante. E non parlo di lusso, parlo di un tempo staccato male o di un suono che non si capisce. Ma anche di abbracci frettolosi o risposte veloci e scortesi o frasi fatte. Detesto l’ordinario dell’umanità, e peggioro con gli anni.

Se potesse ritornare indietro c’è qualcosa che non rifarebbe nella sua vita? 

Se potessi ritornare indietro non rifarei delle cose nella mia prima vita, quando ero un’attrice in una famiglia teatrale. Errori privati che hanno scritto il mio destino. Per il resto… Come si fa a dirlo? Probabilmente sarei scesa prima a Roma e avrei trovato prima gli insegnanti e gli amici che mi hanno fatto sbocciare come un fiore sotto la campana di vetro. Per il resto rifarei tutto. Forse mi piacerebbe tornare indietro per rifare delle cose con più intensità e dando meno per scontato che sarebbero state eterne. Ho imparato la lezione, ora ogni secondo è preziosissimo e centellinato come l’ultima goccia di champagne in una serata di festa.

Il canto per lei è come….? 

Il canto per me è la stella polare. È sempre lì e guida la vita. Non è ancora il caldo della lava del pubblico che ho in teatro, ma la voce è la mia forza, il mio futuro, la mia libertà. E le prime volte che i suoni diventavano puri e potenti come li sognavo, le lacrime sono scese come la vita che sgorga sorridendo. Le lacrime di gioia che ti fanno capire di avere vinto. E ora io e la mia voce siamo pronte a volare da un personaggio all’altro. Come se, hitchcockianamente, mi sentissi: «La donna che visse due volte».