Les Pecheurs de Perles. Bizet. Parma

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Les Pecheurs de Perles
Opéra-lyrique in tre atti di Eugène Cormon e Michel Carré
Musica di Georges Bizet

Dopo trent’anni torna a Parma uno dei capolavori di Georges Bizet, Les Pecheurs de Perles, in lingua originale. L’opera francese va in scena per chiudere una stagione lirica molto breve, contornata da polemiche e che, senza dubbio, non ha entusiasmato l’esigente pubblico parmigiano.

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L’esotismo, così caro agli operisti d’oltralpe nella metà del XIX secolo, conquistò anche un Bizet giovanissimo, che scrisse quest’opera ambientandola in un fantastico Ceylon, tra pescatori di perle e sacerdoti di Brahma. Andata in scena per la prima volta a Parigi, al Théâtre Lyrique, nel 1863, ottenne un discreto successo di pubblico ma una fredda accoglienza da parte della critica. Dimenticata subito dopo la prima, trovò la sua giusta collocazione nel repertorio solo dopo la morte di Bizet, grazie anche alla sua traduzione italiana del libretto; libretto per altro non molto espressivo, a cui supplisce ampiamente la bella musica del compositore. L’opera messa in scena a Parma proviene da un allestimento del Teatro Verdi di Trieste, che vede la regia di Fabio Sparvoli essenziale e priva di ogni riferimento scenografico all’orientalismo di maniera tipico dell’Ottocento. Anche le scene, opera di Giorgio Ricchelli sono sobrie e scarne, essenziali: una spiaggia nuda nel primo atto, con piccole dune e sul fondo una video proiezione del mare, a cui si aggiunge, nel secondo atto, una grande testa di divinità indù come sommersa dalla sabbia; l’ultimo atto si apre con le rovine di un tempio intrecciate a secolari radici, di grande effetto, ma divinità indù come sommersa subito dopo torna la sobrietà iniziale con la spiaggia e al centro un albero secolare che dovrebbe essere il luogo del supplizio. Scene efficaci nella loro sobrietà, che vengono anche rafforzate dalla luce sapientemente distribuita da Jacopo Pantani. La regia però è parsa poco incisiva e le intenzioni registiche che Sparvoli affermava nelle sue note: il senso di disfacimento di un popolo ma anche il valore dell’amicizia maschile tra Zurga e Nadir, prevalente rispetto al tema del triangolo amoroso, sembra alla fine esser rimasta più nelle intenzioni che sulla scena. Indubbiamente la drammaturgia dell’opera stessa è debole, però la regia di Sparvoli sembra andare in direzione opposta alla musica stessa di Bizet. Un aspetto negativo della regia stessa è stata la pesante presenza delle azioni coreografiche, ad opera di Annarita Pasculli, che hanno distolto troppo dal canto e dalla musica. Sobri i costumi di Alessandra Torella, vagamente ispirati allo stile indiano, ma che ricordano più le zone dell’Afganistan. Senza dubbio un allestimento che non provoca emozioni e non lascia lo spettatore pienamente soddisfatto. Lo ha dimostrato il pubblico parmense, tributando qualche applauso, ma in una freddezza totale.

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Discreta la direzione del maestro Patrick Fournillier, alla guida dell’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna. Non sempre l’Orchestra è riuscita a dare il meglio di sé, costringendo il maestro a lottare per dare un senso coerente alla partitura. Purtroppo vengono poco evidenziate le bellezze di questa musica romantica e passionale, finendo per non catturare l’orecchio del folto pubblico.

Cast quasi completamente mutato in corso d’opera, che ce l’ha messa tutta per ottenere un risultato più che dignitoso.

Jesús León è un tenore leggero, dalla voce elegante anche se non sempre a suo agio nel ruolo di Nadir. Il timbro è delicato e melodico anche se la famosa aria Je crois entendre encore non è stata così avvolgente ed entusiasmante.

Nino Machaidze nel ruolo di Leila, ha una voce corposa e dolce, forse più portata al repertorio drammatico che non lirico. Esegue la parte con dignità, nonostante abbia acuti non sempre incisivi e la voce un po’ troppo spinta.

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Vincenzo Taormina fatica a rendere un efficace Zurga. La voce è generosa e dalla buona emissione, l’impegno grande, però il personaggio non è ben focalizzato.

Nonostante l’esattezza vocale, Luca Dall’Amico, delinea un Nourabad troppo poco incisivo.

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Più che corretto e magistrale, il coro del Teatro Regio, diretto dal maestro Martino Faggiani, con presenza quasi fissa in scena.

Il Teatro Regio pieno, ma il pubblico freddo e distaccato ha tributato ben pochi applausi a scena aperta, mentre ha dato infine prova di apprezzare abbastanza il cast.

Nadir                         Jesús León
Zurga                         Vincenzo Taormina
Leila                          Nino Machaidze
Nourabad                  Luca Dall’Amico

Maestro concertatore e direttore                         Patrick Fournillier

Regia                                                                        Fabio Sparvoli
Scene                                                                                    Giorgio Ricchelli
Costumi                                                                    Alessandra Torella
Coreografia                                                             Annarita Pasculli
Luci                                                                           Jacopo Pantani

Maestro del coro                                                    Martino Faggiani

Coro del Teatro Regio di Parma

Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna

Allestimento del Teatro Verdi di Trieste

Coproduzione Fondazione Teatro Regio di Parma e Fondazione Teatro Comunale di Modena

Mirko Bertolini