Crítica de «Attila». Roma (italiano)

Giuseppe Verdi. ATTILA
Direttore  Donato Renzetti Regia, scene, costumi  Pier Luigi Pizzi Maestro del Coro  Roberto Gabbiani Luci Vincenzo Raponi Movimenti coreografici  Roberto Maria Pizzuto Attila  Orlin Anastassov  EzioDario Solari Odabella Lucrezia Garcia Foresto Kamen Chanev Uldino Antonello Ceron Leone Luca Dall’Amico
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO DELL’OPERA Roma Terme di Caracalla 04 Agosto 2012

 Secondo titolo della stagione: Attila. L’ opera di Verdi viene riproposta a due mesi di distanza dalle recite al Costanzi con la ripresa dell’elegante allestimento firmato ( regia, scene e costumi) da Pier Luigi Pizzi che dopo il grande successo della precedente edizione diretta da Riccardo Muti, viene adattato per la versione estiva.

La lettura che il regista milanese da al protagonista si pone all’ opposto della visione che si ha nell’ immaginario collettivo del “Flagello di Dio”, distinguendolo come uomo colto, magnanimo e illuminato, conquistatore ma non distruttore, rispettoso delle culture dei popoli sottomessi di cui fa tesoro. Viene sottolineato questo elemento sin dalla prima scena del prologo dove un gruppo di barbari, incendiata una catasta di volumi e pergamene ,simboli di cultura e civiltà, viene sedata dall’intervento del protagonista gettando il mantello sul rogo come simbolo di rispetto e conservazione della cultura, elementi fondamentali per l’accrescimento del potere.

Attila ha una forte personalità, di dominatore e conquistatore, filtrata da lealtà e nobiltà d’animo. Ed è questa la visione che si rispecchia nell’allestimento di Pizzi, che invece di terre bruciate e deserte rappresenta la romanita’. Il regista  ripropone pochi elementi essenziali dell’ elegante allestimento invernale nella parte inferiore della scena, dai toni grigio scuri con delle scale che portano al centro ad una piramide praticabile che viene scomposta durante l’ azione ,mentre la meravigliosa scenografia  dei ruderi delle terme romane è parte integrante dello spettacolo, esaltata intelligentemente da sapienti giochi di luce di grande suggestione curati da Vincenzo Raponi .

Una rilettura dell’opera che sfocia in un allestimento raffinato ed essenziale arricchito da eleganti costumi rosso porpora e neri a contrasto con il grigio della scena.

Può dirsi lo stesso anche sul piano musicale, dove ritroviamo ancora una volta le ottime prove offerte dal coro  e dell’orchestra del Teatro dell’ Opera che ha visto sul podio per il capolavoro verdiano Donato Renzetti. Il direttore abruzzese ha esaltato la partitura offrendo una direzione vigorosa nei momenti più accesi e raffinata in quelli più lirici, come nell’introduzione della scena prima del primo atto, seguendo con attenzione i cantanti e creando il feeling necessario tra palcoscenico e orchestra, supportato anche dall’ottimo coro istruito da Roberto Gabbiani ,efficace e fondamentale come in tutte le opere  risorgimentali di Giuseppe Verdi.

Nel ruolo del protagonista il basso bulgaro Orlin Anastassov. Fattosi annunciare indisposto prima dell’inizio dell’opera, non sarebbe corretto scrivere un’ effettiva critica che non rispecchierebbe le sue effettive doti artistiche e professionali. Diremo soltanto che ha comunque portato a termine dignitosamente la recita offrendo al personaggio di Attila l’autorevolezza necessaria che il ruolo richiede con voce stentorea e notevole presenza scenica.

Nel ruolo di Odabella abbiamo ritrovato Lucrezia Garcia. Il soprano venezuelano si sta imponendo  come uno dei più promettenti talenti  dell’ultima generazione. Voce ricca di colori e di armonici, ampia ed estesa, omogenea in tutta la gamma , dalla zona grave a quella acuta , ha saputo donare al personaggio della vergine guerriera la grinta necessaria fin dal suo ingresso nel prologo, ma allo stesso tempo ha sfoggiato mezze voci e pianissimi eterei nell’ aria del primo atto strappando al pubblico calorosi applausi, il tutto sostenuto da un’ ottima tecnica vocale che le ha permesso di portare al termine la recita senza troppi sforzi apparenti , risultando senza alcun dubbio la trionfatrice della serata. Sicuramente le sono più congeniali ruoli del Verdi più tardo come il suo recente Don Carlo alla Deutsche Oper di Berlino e Aida, ma sicuramente possiede tutte le carte in regola per essere il soprano verdiano di riferimento dei prossimi anni.

Dario Solari nei panni di Ezio ha dato il giusto peso al generale romano. Voce non grandissima ma di bel colore, con qualche difficoltà nella zona  acuta in cui risultava più velata, ha offerto una buona prova riscuotendo un personale successo. Lo stesso non si può dire per Kamen Chanev che vestiva i panni di Foresto. Il tenore bulgaro era afflitto da un fastidioso vibrato,  che dava quasi l’impressione di una voce priva di tecnica sempre pronta a cedere da un momento all’altro  con la tendenza a cantare tutto forte ed al limite dell’urlo compromettendo l’intonazione e con difficoltà a portare a termine la recita . Nei panni di Uldino troviamo il sicuro Antonello Ceron, e Luca Dall’ Amico autorevole Papa Leone nel suo piccolo intervento con il compito di fermare Attila alla conquista di Roma.

Grande successo per entrambe le opere che hanno attratto un pubblico non numerosissimo ma entusiasta e che ha dato modo di far conoscere anche ai giovani  e meno giovani pezzi poco rappresentati e soprattutto dimostrare che il pubblico, se correttamente  educato, accorre anche per capolavori meno noti.

Carlo Caprasecca