Crítica de lohengrim. Milán

 

“Elsa! Ich liebe dich!” “Elsa! io t’amo!” In queste parole è racchiusa l’unicità dell’opera. Le pronuncia Lohengrin, l’eroe puro mandato da Dio per difendere l’onore di Elsa di Brabante dalla terribile accusa mossale dalla demoniaca Ortrud, ed egli è l’unico  ed è l’unica volta in tutto il panorama delle opere wagneriane che tale espressione d’amore viene esternata. “Io t’amo”  non lo dirà né Sigmund a Sieglinde, né Tristano ad Isotta, né Siegfried a Brünnilde e, proprio   in queste semplici parole sta tutto il dramma dell’eroe puro mandato a difesa della nobile fanciulla e dell’uomo Lohengrin che s’innamora della donna Elsa. Un dualismo inconciliabile: Lohengrin vorrebbe essere amato per quello che è come uomo e non come eroe, per questo Elsa non può conoscere il suo nome e la sua nobiltà ma, di contro quest’ultima per amarlo totalmente come lui vorrebbe non può farlo se non sa chi egli sia veramente. Si desidera quello che si conosce ed Elsa per desiderare totalmente l’uomo che l’ha salvata e che l’ha sposata deve per forza sapere tutto su di lui.

È su questo dramma di opposti, il nome di Elsa ripetuto un’infinità di volte ed il nome di Lohengrin che non può essere pronunciato, che si snoda la vicenda del primo vero grande capolavoro wagneriano, quello che precederà il Ring ed il Tristano. Un’opera che contiene musica fra la più mistica che sia mai stata composta.

Già le prime note del preludio, intonato dalla straordinaria orchestra scaligera, magistralmente diretta da Daniel Barenboim fanno scomparire la realtà trasportando subito gli spettatori in un’atmosfera da sogno. Tutti veniamo ammaliati dalle magie di Ortrud (che appare subito in scena al centro del palco come a mettere in chiaro che la regista di questa favola romantica è lei), e tutti restiamo in attesa dell’arrivo dell’eroe salvatore, che appare nei nostri sogni così come è apparso nel sogno dell’incantata Elsa.

E quando poi a dar vita a Lohengrin è Jonas Kaufmann ed ad Ortrud è Evelyn Herzlitzius allora lo scontro fra in bene ed il male diviene uno scontro di vocalità e personalità titaniche; ed il momento del secondo atto in cui i due restano fissi, immobili a guardarsi mentre la povera, umana, Elsa di Anja Harteros, stretta fra i due, pronuncia “alto, sopra la forza di qualsiasi dubbio, starà il mio amore!” diviene un momento di forza incredibile in cui il confronto fra i due principi appare evidente  e così pregnante da far scorrere dei brividi veri all’interno del teatro.

Kaufmann è il Lohengrin perfetto, scenicamente straordinario, vocalmente impressionante: il controllo della voce, l’eleganza innata, la capacità di non eccedere che lo tiene lontano dalle urla a cui ci hanno ormai abituati i tenori, fanno di lui il migliore di questa generazione. Ringraziamo il Graal di avercelo donato, sentirlo cantare dal vivo è veramente un’esperienza mistica, già la sua apparizione al centro del palco ed il suo canto quasi a cappella “Nun sei Bedankt, main lieber Schwan!” “Grazie a te, mio caro cigno!” riesce a trasportare tutti in una dimensione di rito sacro in cui lui è l’officiante e quando alla fine dell’opera comincia ad intonare “In fermen Land…” “In un lontano paese…”, una delle pagine più belle mai scritte per tenore, in cui finalmente l’eroe si rivela per quello che è, il pubblico quasi estatico sembra prepararsi alla iniziazione di un rito misterico. Se la tradizione non imponesse, come è giusto, per le opere di Wagner gli applausi solo alla fine degli atti, certamente al momento della rivelazione del nome “…bin Lohengrin gennant.” “Lohengrin è il mio nome”, tutto il teatro sarebbe esploso in un’ovazione straordinaria.

Dall’altra parte la Herzlitzius ha dato vita ad una Ortrud veramente satanica. Memorabile la sua interpretazione, sia per la perfezione vocale arricchita da una rabbia ed una perfidia che appaiono ad ogni nota cantata, sia per la terribile forza scenica del personaggio, veramente nero come poche volte s’è visto. Straordinaria nel rendere vocalmente tutta la perfidia di questa sarcedotessa nera, capace di manipolare tutti gli esseri che le passano accanto, dal semplice Fríederích alla buona Elsa. “Entweihte Götter!” “Dei Profanati” diviene veramente un momento di vera invocazione demoniaca, per la forza e la rabbia che emana, così come la seduzione di Elsa è vera manipolazione sensuale.

Straordinaria anche l’Elsa von Brabant di Anja Harteros di un’eleganza raffinatissima; la sua voce è veramente evocativa come il personaggio richiede, capace, appena intona “Einsam in trüben Tagen…” “Sola, in giorni d’angoscia” di trasportare tutti nell’atmosfera da sogno in cui il personaggio vive e di farci sognare con lei l’Eroe puro che dopo poco si materializzerà davanti ai suoi-nostri occhi. Non vi sono imperfezioni nella sua performance, ed anche scenicamente è straordinaria nel rendere appieno lo smarrimento di questo personaggio, nodo centrale della vicenda di cui è inconsapevole protagonista e vera vittima finale.

Eccellente anche Tómas Tómasson nel ruolo di Fríederích von Telramund il marito usato di Ortrud, bella voce, ottima per la parte, ed anche scenicamente ottimo, reso volutamente così scialbo da contrastare continuamente sia con la bellezza di Lohengrin, sia con la purezza e l’eleganza di Elsa e soprattutto con la bellezza maligna e la sensualità della sua consorte.

Ottimi anche Heinrích del Vogler di René Papé e l’araldo di Zeljko Lucic.

Straordinario il coro diretto da Bruno Casoni, assieme all’orchestra diretta da un immenso Daniel Barenboim.

Come già detto prima il maestro Argentino è riuscito a trasportare tutti in un’altra realtà, il preludio del primo atto è di un misticismo elevatissimo come quello del secondo è di una cupezza quasi oppressiva, l’apparizione del cigno, la marcia nuziale di Elsa nel secondo atto e la fanfara trionfale del terzo sono perfetti ed i finali dei tre atti risultano estremamente commoventi. Tanto che ad ogni intervallo ci si domanda come sia possibile che in un solo atto  possa essere contenuta tanta bella musica.

La regia di Claus Guth, che è stata da alcuni criticata per la sua ambientazione viscontiana-ottocentesca ha sicuramente il grande merito di mettere benissimo in evidenza i rapporti fra i personaggi, bellissimo in apertura del secondo atto il rapporto profondamente carnale che unisce Ortrud e Fríederích così come di contro è meraviglioso il rapporto fra i due protagonisti col loro sfiorarsi delicato, il gioco degli sguardi e straordinario  il gioco dell’anello che il cavaliere vuole mettere al dito della dama amata tanto da  quasi dimenticare “Il giudizio di Dio” per cui era stato mandato.

Certo quando si ha a disposizione un cast così eccezionale come quello di questo allestimento scaligero tutto diventa facile e credibile, quindi diventa reale che Lohengrin sia un nevrotico innamorato, Elsa una donna ossessionata dalla morte del fratello, Fríederích uno scialbo idiota ed Ortrud una sensuale maliarda.

Ed alla fine quando alla dipartita-morte dell’eroe ed all’apparizione del fratello tornato uomo Elsa cade nel lago come quasi a voler tornare a dormire e sognare lo splendido cavaliere, a noi spettatori di questa vicenda, dopo più di tre ore di meravigliosa musica, verrebbe da dire: “E’ già finita!”

 

 

Direttore                                                                  Daniel Barenboim

Regia                                                                           Claus Guth

Scene e costumi                                                  Christian Schmidt

Coreografia                                                            Volker Michl

Luci                                                                              Olaf Winter

Drammaturgia                                                                       Ronny Dietrich

Maestro d’armi                                                                     Renzo Musumeci Greco

 

CAST

Heinrich der Vogler                                           René Pape

Lohengrin                                                                Jonas Kaufmann

Elsa von Brabant                                                 Anja Harteros

Friedrich von Telramund                               Tómas Tómasson

Ortrud                                                                         Evelyn Herlitzius

Der Heerrufer des Königs                             Zeljko Lucic

Doménico Gatto