Crítica de Nabucco de Verdi. Parma

Nabucco,Verdi.ParmaTeatro Regio di Parma

4 marzo 2013

 

 

Il Nabucco di Giuseppe Verdi è la seconda e ultima opera in cartellone per la brevissima stagione lirica 2013 a Parma, stagione del bicentenario verdiano, ripresa da un allestimento del 1997 del Teatro Regio di Torino e ripreso poi a Reggio Emilia nel 2008, per la regia di Daniele Abbado e ripresa ora da Boris Stetka, suo storico collaboratore.

Terza opera della produzione verdiana, Nabucco è senza dubbio uno dei titoli più popolari e tra i più densi di emozioni. Andò in scena per la prima volta il 9 marzo 1842 al Teatro alla Scala di Milano e l’opera conquistò il pubblico milanese, il cui entusiasmo ben presto contagiò i principali teatri italiani e non solo. Composta su libretto di Temistocle Solera, l’opera è un dramma principalmente corale che viene ambientato durante la prigionia del popolo ebraico da parte degli assiri guidati dal re Nabucodonosor. Ed è proprio il coro degli ebrei, sconfitti e prigionieri dei Babilonesi, a farsi personaggio con il coro verdiano più conosciuto e amato:  “Va’, pensiero sulle ali dorate”, un canto che è evocazione della terra amata e perduta, e la constatazione del proprio amaro destino.
Nella visione di Daniele Abbado, tutto ruota attorno al Coro e a un simbolico muro, che molto banalmente ricorda il muro del pianto, che attraverso cambi di scena qualche volta un po’ macchinosi fa da sfondo alle vicende dei singoli personaggi. La soluzione risulta abbastanza convincente, anche grazie alle luci di Valerio Alfieri che forniscono una focalizzazione sugli eventi e sui personaggi, ma alla fine rimane qualcosa d’irrisolto: lo spettacolo è statico e freddo, poco coinvolgente. Il tutto è nel solito e già visto stile di Daniele Abbado. L’ ambientazione è costituita da una parete grigia di muro grezzo, roteante su se stessa, che a seconda dei momenti si posizionava in orizzontale o in obliquo, in un senso o nell’altro, con nicchie a scomparsa e aggiunta di qualche scalinata come elemento di raccordo. All’ingombrante presenza della scena, corrisponde una regia povera, povera di spazio per muoversi e povera nella gestualità stereotipata.

Banali e scontati i costumi: attuali quelli del coro degli ebrei in abiti da deportati nei lager nazisti,  mentre i protagonisti vestivano pseudo abiti d’epoca (l’unico veramente con abito degno dell’opera è Nabucco nella sola prima parte), anche a questi mix di epoche nei costumi ormai Abbado ci ha purtroppo abituati… L’idea ormai non è più originale, regge per qualche scena e va poi a impantanarsi; nessun cambio d’abito distingue qui i gruppi contrapposti di assiri e babilonesi, tutti sono vestiti da ebrei;  sicché dove i babilonesi chiedono lo sterminio degli ebrei, si vedono in realtà questi ultimi reclamare il loro stesso massacro: ingenuità o ilarità?

Alla fine il risultato è una regia caratterizzata da staticità e sostanzialmente povera di efficacia.

Alla direzione il maestro Renato Palumbo, che è uno dei massimi esperti di opera italiana dell’ottocento, nonché un sommo conoscitore del Nabucco. Palumbo ha eseguito una partitura integrale con una lettura accesa e vibrante anche se non sempre controllata nel dosaggio del volume (come più volte sottolineato polemicamente dal pubblico in sala!).  L’eccessiva dinamica della direzione mette a dura prova le voci, anche quella dell’ottimo Coro del Teatro Regio, diretto dal maestro Faggiani. La prova del coro è stata superlativa, nonostante sommerso dallo strumentale.

La giovane Filarmonica del Teatro di Parma non è stata invece sempre all’altezza della partitura.

Molto valido il cast

Roberto Frontali è un Nabucco esperto anche se un po’ affaticato. La voce è buona, ma carente nelle sfumature, ne è risultato un personaggio di poco smalto.

Michele Pertusi in Zaccaria si è rivelato padrone del personaggio, oltre che del familiare palcoscenico parmense. Corretto e dal bel timbro, regolare e sempre nel ruolo, elegante e raffinato nel canto,  il pubblico parmigiano gli ha tributato una calorosa accoglienza.

Anna Pirozzi è una credibile Abigaille. Bel registro acuto, voce potente e luminosa, nonché salda nel fraseggio.

Anna Malavasi è stata una Fenena più che discreta, pur con un volume limitato, ma dal timbro chiaro

Sergio Escobar in Ismaele ha dato una prova sufficiente, pur forzando spesso la voce.

Corretto il resto del cast: Gabriele Sagona (il Gran Sacerdote di Belo), Luca Casalin (Abdallo) e Elena Borin (Anna).

Titolo amato e popolare, ma il pubblico parmigiano non è parso molto coinvolto se non dalla presenza di Pertusi, ignorata l’abituale richiesta di bis per il Va pensiero; contestato il maestro Palumbo. Teatro ovviamente al completo.

 

Dramma lirico in quattro parti su libretto di Temistocle Solera
dal dramma
Nabuchodonosor di Auguste Anicet-Bourgeois
e Francis Cornu e dal ballo
Nabuccodonosor di Antonio Cortesi

 

Musica di GIUSEPPE VERDI

 

Personaggi

Interpreti
Nabucco Roberto Frontali
Ismaele Sergio Escobar
Zaccaria Michele Pertusi
Abigaille Anna Pirozzi
Fenena Anna Malavasi
Il Gran Sacerdote di Belo Gabriele Sagona
Abdallo Luca Casalin
Anna Elena Borin

 

Maestro concertatore e direttore           Renato Palumbo

Regia                                                Daniele Abbado
ripresa da                                        Boris Stetka

Scene e costumi                              Luigi Perego

Luci                                                  Valerio Alfieri

Maestro del coro                           Martino Faggiani

 

Filarmonica del Teatro Regio di Parma
Coro del Teatro Regio di Parma

 

 

Mirko Bertolini