Teatro de ópera de Roma.
Grandissima attesa per il Simon Boccanegra romano: grande attesa per il debutto in quest’opera di Riccardo Muti che ha scelto proprio questo capolavoro per aprire i festeggiamenti dell’anno verdiano. Attesa per il cast vocale e per lo spettacolo con regia di Adrian Noble, costumi di Maurizio Millenotti e scenografie del premio Oscar Dante Ferretti.
Muti ha perso negli ultimi anni la grinta ardita che sempre lo caratterizzava nelle sue esecuzioni di Verdi: in questo debutto ci offre una lettura molto soft, delicata, introspettiva cercando di caratterizzare con i momenti musicali la psicologia dei personaggi.
Un’orchestra che da anni non suonava così e che ha regalato forti emozioni sicuramente nel motivo che segue il duetto padre-figlia e durante la scena del consiglio.
Il coro, guidato da Roberto Gabbiani, cresce di volta in volta rafforzandosi e perfezionandosi sempre più.
Il cast vocale non è stato da meno: il pirata, poi Doge Simon Boccanegra era George Petean , baritono rumeno buon interprete e vocalmente parlando è riuscito a donare al suo personaggio quella malinconia che sempre lo accompagna ma ha saputo anche imporsi e mettersi in risalto nei momenti di lirismo (Il mare, il mar) e in una delle più belle frasi scritte da verdi «… E vo gridando pace, e vo gridando amor».
I due giovani innamorati erano interpretati da due giovani cantanti italiani già in carriera e già promesse della lirica: Maria Agresta e Francesco Meli.
Maria Agresta, giovane soprano campano, al suo debutto con il Maestro Muti, offre tutto quello che una giovane e brava artista ha da offrire: pianissimi e filati aerei, grande momento di lirismo nella sua aria (Come in quest’aura bruna) e la giusta grinta nei momenti decisivi. È stata una bella scommessa, l’ha vinta.
Francesco Meli è il classico tenore che ha nella voce il sole: e, come sempre, con il suo bel timbro, le sue nuances e il suo ardimento è riuscito ad accattivarsi il pubblico e ha quindi regalato un degno Gabriele Adorno.
Fiesco, interpretato dal basso Dmitry Beloselskiy, buon cantante ma non ha saputo imporsi e donare al personaggio quella ieraticità e incisività che Fiesco necessita.
Paolo Albiani, Quinn Kelsey, un materiale importante ma mancava lo «Jago» che già Verdi aveva messo in questo bellissimo e malvagio personaggio.
Seppur la parte sia piccola, buono il Pietro di Riccardo Zanellato che, già vecchia conoscienza di Muti, non si è capito come mai abbia dovuto sostenere il ruolo di Pietro e di Fiesco ma solo in secondo cast.
Le scenografie imponenti di Ferretti riproponevano Genova e gli elementi che la caratterizzano: le facciate, i rosoni, le strade, il mare azzurro del Mediterraneo; mentre la regia di Noble era molto didascalica e attenta a quello che era prevista dal libretto peró, purtroppo, nulla più.
Alla fine calorosi applausi per i tre protagonisti padre-figlia-amante e ovazioni per
Muti ha perso negli ultimi anni la grinta ardita che sempre lo caratterizzava nelle sue esecuzioni di Verdi: in questo debutto ci offre una lettura molto soft, delicata, introspettiva cercando di caratterizzare con i momenti musicali la psicologia dei personaggi.
Un’orchestra che da anni non suonava così e che ha regalato forti emozioni sicuramente nel motivo che segue il duetto padre-figlia e durante la scena del consiglio.
Il coro, guidato da Roberto Gabbiani, cresce di volta in volta rafforzandosi e perfezionandosi sempre più.
Il cast vocale non è stato da meno: il pirata, poi Doge Simon Boccanegra era George Petean , baritono rumeno buon interprete e vocalmente parlando è riuscito a donare al suo personaggio quella malinconia che sempre lo accompagna ma ha saputo anche imporsi e mettersi in risalto nei momenti di lirismo (Il mare, il mar) e in una delle più belle frasi scritte da verdi «… E vo gridando pace, e vo gridando amor».
I due giovani innamorati erano interpretati da due giovani cantanti italiani già in carriera e già promesse della lirica: Maria Agresta e Francesco Meli.
Maria Agresta, giovane soprano campano, al suo debutto con il Maestro Muti, offre tutto quello che una giovane e brava artista ha da offrire: pianissimi e filati aerei, grande momento di lirismo nella sua aria (Come in quest’aura bruna) e la giusta grinta nei momenti decisivi. È stata una bella scommessa, l’ha vinta.
Francesco Meli è il classico tenore che ha nella voce il sole: e, come sempre, con il suo bel timbro, le sue nuances e il suo ardimento è riuscito ad accattivarsi il pubblico e ha quindi regalato un degno Gabriele Adorno.
Fiesco, interpretato dal basso Dmitry Beloselskiy, buon cantante ma non ha saputo imporsi e donare al personaggio quella ieraticità e incisività che Fiesco necessita.
Paolo Albiani, Quinn Kelsey, un materiale importante ma mancava lo «Jago» che già Verdi aveva messo in questo bellissimo e malvagio personaggio.
Seppur la parte sia piccola, buono il Pietro di Riccardo Zanellato che, già vecchia conoscienza di Muti, non si è capito come mai abbia dovuto sostenere il ruolo di Pietro e di Fiesco ma solo in secondo cast.
Le scenografie imponenti di Ferretti riproponevano Genova e gli elementi che la caratterizzano: le facciate, i rosoni, le strade, il mare azzurro del Mediterraneo; mentre la regia di Noble era molto didascalica e attenta a quello che era prevista dal libretto peró, purtroppo, nulla più.
Alla fine calorosi applausi per i tre protagonisti padre-figlia-amante e ovazioni per
Augusto Lombardini