Crítica de «Zaira». Martina Franca. (italiano)

Martina Franca 29/07/2012

Zaira

Autore: Vincenzo Bellini
Direttore: Giacomo Sagripanti
Regia: Rosetta Cucchi
Cast: Saioa Hernandez, Anna Malavasi, Simone Alberghini
Orchestra Internazionale d’Italia,
Coro Terre Verdiane
Compagnia/Produzione: fondazione festival della valle d’itria

Escena de Zaira
Escena de Zaira

Una rielaborazione drammaturgica contemporanea e una regia “audace” sono stati gli elementi che hanno maggiormente caratterizzato la messa in scena proposta dal Festival della Valle D’Itria di Martina Franca di  Zaira l’opera composta da Bellini per l’inaugurazione del Teatro Ducale di Parma nel 1829 e ripresa in epoca moderna solo in altre due occasioni prima di questa. Una composizione  a cui lo stesso autore ha , però, poi attinto a piene mani per le opere successive: Capuleti e Montecchi, Norma, Puritani.

La vicenda si svolge a Gerusalemme . Prossima alle nozze col valoroso Orosmane, sultano della città, la bella schiava Zaira scopre di essere sorella del cavaliere francese Nerestano, giunto a riscattare i prigionieri, e figlia del vecchio Lusignano, discendente dei principi di Gerusalemme, anch’egli tenuto come ostaggio, al quale promette di non tradire la fede cristiana. Rinvia perciò le nozze, tormentata dal conflitto tra amore e religione, cercando di trovare soluzione al proprio dramma in un colloquio col fratello. Ma Orosmane la scopre e, sospettando in Nerestano un rivale, travolto dalla gelosia la pugnala; poi, resosi conto dell’errore, si uccide a sua volta, dopo aver concesso la libertà a tutti i cristiani.

Escena de Zaira
Escena de Zaira

La regista, Rosetta Cucchi, ha creato per l’occasione due piani del racconto, in cui l’opera originale di Bellini fa da  commento musicale  ad una vicenda attuale in cui una giornalista viene rapita, assieme ad altri occidentali, da terroristi islamici il cui capo s’innamora della rapita. La prigioniera  sembra ricambiare (sindrome di Stoccolma?). La donna viene quindi trasformata dai terroristi in una bomba umana, ma poi l’uomo (di lei invaghito)  le toglie la bomba di dosso e – inspiegabilmente –  si addormenta. La donna  approfitta del momento per far fuggire  gli altri prigionieri e – sempre inspiegabilmente –  non scappa aspettando invece che il suo spasimante si svegli e sospettando la fuga dell’amata  le spari uccidendola. La bomba, dal canto suo,  invece di deflagrare  viene, invece,  dimenticata.

Se l’idea di sovrapporre l’esotismo ottocentesco alla citazione contemporanea  poteva, in qualche modo essere una soluzione  interessante per la riproposizione dell’opera in epoca moderna la soluzione drammaturgica  rende eccessivamente   confusa tutta la vicenda e il suo svolgimento
Soprattutto non si capisce  perché, in ossequio a questa “modernizzazione,” sia  stato purtroppo tagliato il finale dell’opera che prevedeva  il suicidio di Orosmane e che -coerentemente con il disegno registico – immaginiamo avrebbe dovuto accompagnare  il corrispondente  suicidio del terrorista rimasto solo con la bomba dopo aver ucciso la giornalista. Ma tant’è:  la coerenza narrativa non sempre è qualità principale delle operazioni “attualizzanti”.

Escena de Zaira
Escena de Zaira

Per quanto riguarda la parte musicale, bisogna dire che la riproposta  di quest’opera ha ridato luce a momenti musicali di grande pregio , come il terzetto fra Zaira, Nerestano e Lusignano “Non si pianga, si nasconda”, il duetto fra Zaira e Nerestano “Ahi! Con qual fronte riedere” ed il duetto fra Zaira e Orosmane “Io troverò nell’Asia”.

Buono il cast, a partire da Saioa Hernandez nel ruolo della protagonista. È la Hernadez,  in possesso di un forte temperamento, di una buona vocalità con un colore interessante  anche se  mostra spesso  pecche nella dizione. Anna Malavasi nella parte en travesti di Nerestano è risultata credibile e molto intensa nel rondò “Oh Zaira, in quel momento”.  Il basso Simone Alberghini nel ruolo di Orosmane ha sfoggiato una voce calda ed intensa. Il tenore Enea Scal,  dopo un inizio tentennante, ha dato una buona prova. Una nota di merito, pur in ruoli secondari,  meritano il soprano Michela Antenucci  come Fatima ed il basso Abramo Rosalen come  Lusignano.

Una  direzione, quella  del giovane Giacomo Sagripanti,  limpida e di  qualità come buona è stata la prova dell’Orchestra Internazionale d’Italia. Ottima la prestazione del Coro lirico “Terre verdiane”.

Purtroppo, occorre ripeterlo,  la musica ha avuto un ruolo di secondo piano rispetto all’audace e decisamente ingombrante regia della Cucchi che, alla fine,  ha diviso il pubblico.

Domenico Gatto