Crítica di L’Italiana In Algeri. Ravena

 

Teatro Dante Alighieri di Ravenna

 

Secondo titolo della brevissima stagione d’opera del Teatro Alighieri di Ravenna,  L’italiana in Algeri è uno spettacolo davvero gradevole e spiritoso e si tratta di una  coproduzione con i Teatri del Circuito Lirico Lombardo e il Teatro Coccia di Novara.

L’italiana in Algeri, è un autentico gioiello mai tramontato dell’opera buffa italiana. Scritta per il teatro la Fenice nel 1813 è il primo vero grande successo di Rossini, in uno spartito esuberante, pieno d’inventiva, grande vitalità musicale su un libretto efficace e coinvolgente, che trascina il pubblico allo spontaneo sorriso, ma anche al gusto della malinconica armonia sempre contraddistinta dalla nuova scrittura che caratterizzerà il primo ottocento. Ovviamente la prima fu un trionfo, fatto a cui – nei suoi duecento anni – l’opera è abituata. Tema dell’opera è l’astuzia femminile, che rende sciocco il maschio esuberante e vanitoso, in questo caso un pascià turco intento a rimpolpare il proprio harem. La felice scrittura e il ruolo così sfaccettato ha attratto da sempre le grandi primedonne rossiniane per cui l’opera non è mai uscita di repertorio anche se solo negli ultimi cinquant’anni è titolo onnipresente nei cartelloni teatrali.

L’allestimento proposto a Ravenna è quello creato da Pier Luigi Pizzi alla fine degli anni ’80 per l’Opera di Montecarlo e successivamente trasmigrata in molti altri teatri e in cui cantò l’indimenticata Lucia Valentini Terrani.

Lo spettacolo si segnala per una regia brillante e raffinata. L’ambientazione è come da libretto  mediorientale, i colori dominanti sono quelli caldi, nelle tonalità del giallo e dell’arancione, che si vanno solo un poco stemperando quando sopraggiunge la notte, tersa, con un cielo blu cobalto su cui si staglia una splendida luna piena; sullo sfondo la sagoma di una moschea con quattro minareti che ricorda Santa Sofia a Istanbul. La scena è fissa e rappresenta un interno con terrazza, articolato su ampie gradinate, con  quinte scorrevoli traforate che chiudono una terrazza con piccolo padiglione e da cui, appunto, si ha la vista sulla moschea. Grazie alle quinte scorrevoli e ad un mobilio essenziale introdotto da figuranti vestiti da schiavi, disegna le varie ambientazioni del palazzo, le quali vanno dal bagno turco, alla sala del trono, alle stanze private di Isabella. L’interno, fisso, è colorato da marmi e mosso da gradoni ampi, su cui si svolge tutta la scena. A cominciare da un bagno turco, dove alcune belle si sollazzano nell’acqua ed un eunuco esibisce plasticamente la sua muscolatura con una frusta in mano. Isabella arriva in barca con tanto di bauli e prende lei la frusta in mano, rivelandosi subito dominatrice più che innamorata. Durante l’aria Le femmine d’Italia scorrono diapositive di bellezze italiche discinte ritratte da pittori del barocco. Belli e coloratissimi i costumi, turchi per gli Algerini e di fattura occidentale novecentesca per gli Italiani; su tutti spiccano gli abiti indossati da Isabella che ne caratterizzano in pieno il personaggio, adeguati alla situazione e pongono i fatti nel Novecento, con naturalezza e molto colore mediterraneo nello stile di Pizzi, cioè molte variazioni e gradazioni degli stessi colori dominanti, qui avorio, giallo e arancio chiaro, tutti solari. I costumi si inseriscono con pertinenza nella scena riconducendo lo spettatore in un mondo contraddistinto da tutti gli stereotipi più consolidati legati all’immaginario dell’oriente della Sublime Porta, in un tripudio di turbanti, ciabatte arabe, sciabole e veli di odalische

Per l’occasione il lavoro di Pizzi è stato ripreso dal regista Paolo Panizza, rispettoso dell’impianto originale e capace di restituire in modo attendibile l’atmosfera così particolare ed il brio di questo spettacolo. L’Algeri evocata da Pizzi riluce di colori tenui e soffusi, i vari ambienti ricavati dalle scene sono alternativamente illuminati da un sole pallido di giorno o da una suggestiva luna piena nei momenti notturni.

La regia si è dimostrata davvero brillante e ha saputo creare tutta una serie di momenti esilaranti, realizzati anche grazie agli arguti movimenti coreografici curati da Isa Traversi: il tutto sempre senza strafare e in perfetta sintonia con le esigenze della partitura.

Panizza ha mano felice sopratutto nelle scene d’insieme ove unisce la tecnica ad una inventiva personale rilevante, sicuramente avere a disposizione anche una compagnia di cantanti molto predisposta ad una recitazione serrata e coinvolgente ha portato a questo ottimo risultato.

Il giovane direttore d’orchestra Francesco Pasqualetti dirige molto bene l’Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano, capace di alcune sfumature interessanti e di dinamiche convincenti, vivace la sua direzione che stacca generalmente tempi veloci ma sempre con una certa misura e ricercando una buona limpidezza di suono: ne risulta un’esecuzione precisa ed efficace anche se con un estro rossiniano più brillante sarebbe stato perfetto.

La compagnia di canto nel suo insieme è molto funzionale e ben amalgamata nello spettacolo, pur con i doverosi distinguo.

Carmen Topciu è un’ Isabella che esibisce una vocalità mezzosopranile dal timbro morbido che ben restituisce la marcata sensualità del personaggio, i diversi cantabili vengono valorizzati dalla linea vocale fluida e sinuosa mentre le agilità rossiniane vengono padroneggiate con adeguata sicurezza; sfoggia una voce calda e ambrata dimostrando di essere una buona professionista, non trovando però sempre il giusto fraseggio anche a causa del volume limitato.

Abramo Rosalen in Mustafà possiede una vocalità di basso sonora ed abbastanza scura; purtroppo il cantante è apparso in seria difficoltà nella tenuta ritmica ed esibisce un’emissione discontinua nelle agilità richieste. La sua prestazione è risultata comunque apprezzabile soprattutto in campo scenico.

Enea Scala è un bravo Lindoro. La sua è una voce tipicamente rossiniana; è dotato di notevole presenza scenica e compone un ottimo ritratto del personaggio, soprattutto grazie ad una vocalità elegante e ad un’emissione molto ben rifinita e abile nel dosare l’emissione, sicuro nella cavatina e solido in acuto, sciorina agilità ed acuti con timbro privo di particolari seduzioni, ma con adeguata sicurezza.

Davide Luciano, vincitore categoria Esordienti del Concorso As.Li.Co, in Taddeo, ha dimostrato di essere esuberante, comicamente ben caratterizzato e provvisto di grande comunicativa; la vocalità è sciolta e ben equilibrata. Per essere all’inizio della carriera è una prova decisamente eccellente.

Sonia Ciani in Elvira ha denotato sicurezza di intonazione, limpidezza di voce e brillante rappresentazione del suo personaggio.

Brava anche Alessia Nadin in Zulma. Prova non eccellente per Mirko Quarello in Haly.

Professionale la resa del Coro  del Circuito lombardo preparato dal maestro Diego Maccagnola.

Teatro gremito, pubblico plaudente e generosissimo anche con il direttore, meritato successo per tutta la compagnia.

 

Dramma giocoso per musica in due atti
libretto di Angelo Anelli
musica di Gioachino Rossini

Mustafà Abramo Rosalen
Lindoro Enea Scala
Isabella Carmen Topciu
Elvira Sonia Ciani
Zulma Alessia Nadin
Haly Mirko Quarello
Taddeo Davide Luciano*
* vincitore categoria Esordienti del Concorso As.Li.Co.

direttore Francesco Pasqualetti
regia, scene e costumi Pierluigi Pizzi
ripresa da Paolo Panizza
light designer Paolo Panizza
movimenti coreografici Isa Traversi

Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
Coro del Circuito Lirico Lombardo
maestro del coro Diego Maccagnola

allestimento Circuito Lirico Lombardo
coproduzione Teatri del Circuito Lirico Lombardo,
Teatro Coccia di Novara, Teatro Alighieri di Ravenna

Franco Santalba