Der Ffliegende Hollander de Wagner. Milan

 

El holandes Herrante.Wagner.Milan

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Richard Wagner

 

“Ich sei’s, die dich durch ihre Treu’ erlöse! Mög’ Gottes Engel mich dir zeigen! Durch mich sollst du das Heil erreichen!” “ch’io sia quella che ti redime con la sua fedeltà! Possa l’angelo di Dio rivelarmi a te! Per mio merito devi raggiungere la salvezza!

Così, al termine della sua famosa ballata che è, forse, il pezzo più celebre de Der fliegende Holländer, Senta pronuncia queste frasi come in un delirio ossessivo. Come se tutta la vicenda fosse racchiusa in queste parole cantate dalla protagonista.

Opera psicanalitica per eccellenza centrata sulla figura di una protagonista al limite della verosimiglianza che riesce a materializzare le proprie  ossessioni. Accanto a lei gli altri personaggi appaiono come astrazioni: Erik, l’innamorato respinto che sogna la propria sventura; Daland, il padre avido che non esita a vendere la figlia al capitano misterioso che ha appena incontrato e, soprattutto, il maledetto Olandese. Colui che dal ritratto che ella porta continuamente con se si materializza davanti agli occhi di lei , per realizzare il bisogno ossessivo  della donna di redimere.

Il secondo titolo Wagneriano scaligero della stagione dell’anniversario  è andato in scena nel mese di marzo con l’ottima direzione di Hartmut Haenchen  che ha utilizzato, per questa edizione, la partitura della versione del 1860 e con le modifiche del 1864. Il maestro tedesco: fra i migliori direttori wagneriani del momento, ha diretto splendidamente e con originalità l’orchestra. Una direzione, quella di Haenchen,  che ha fatto risaltare i diversi colori e la complessità della partitura wagneriana eseguita con maestria dall’orchestra scaligera.

Di contro ad una direzione tanto efficace ed elegante abbiamo assistito ad una  regia la cui ragione è difficilmente comprensibile e spiegabile. Nello spettacolo i marinai sono stati presentati come geometri, le donne come segretarie dattilografe e  la scena è stata ambientata all’interno  di  uno studio-ufficio in stile  anni 40’. Uno stile che certo non rende, e non fa nemmeno i conti, con il clima “gotico” dell’Olandese.

Ma non solo.  Il mare è citato su un quadro e a dominare  la scena è una grande carta geografica dell’Africa (immaginiamo che il riferimento sia  al Capo di Buona Speranza, quello che l’Olandese avrebbe voluto doppiare) Inspiegabile poi il fatto che al momento dell’apparizione dei fantasmi la suddetta carta  bruci per autocombustione.

Confesso che, durante la rappresentazione,  più volte è nato il sospetto  che il regista Andras Homoki e lo scenografo e costumista Wolfgang Gussman abbiano progettato precedentemente la messa in scena per un’altra opera che nulla avesse a che vedere col titolo wagneriano e abbiano “confezionato” poi questo spettacolo con tale progetto.

Un allestimento, comunque, che ha di certo fatto rimpiangere la forza e la pertinenza della precedente splendida messa in scena  wagneriana de Teatro alla Scala: quella del Lohengrin di Daniel Barenboin e Claus Guth.

A salvare con forza lo spettacolo la qualità del cast . Bryn Terfel, da grande artista qual è, ha dato un’ottima prova nel ruolo del protagonista. La sua imponenza fisica e la potenza della voce lo rendono perfetto per questa parte, anche se  si è notata la difficoltà ad trovare un equilibrio fra la dimensione “oscura” del personaggio e la strana ambientazione in cui questo è stato collocato dal regista.

Anja Kampe è stata una Senta ideale. La sua voce si adatta perfettamente alla parte, nonostante qualche forzatura sugli acuti, ottima però nelle note centrali e gravi, splendida la sua ballata e molto suggestiva nel finale. La sua interpretazione, poi,  ha reso appieno il carattere isterico e ossessivo di questo personaggio degno di analisi freudiana.

Ain Anger a dato vita, interpretando Daland,  al personaggio  forse più integrato nella regia: da capitano di nave a capo ufficio. La prova di Anger è comunque stata buona se pur  non indimenticabile.

Ottima prova anche di Marco Jentzsch nel ruolo di Erik. E’, quello interpretato da lui,  l’unico personaggio dell’opera che nella regia non ha subito variazioni: cacciatore nell’originale wagneriano e  cacciatore in questo spettacolo. Una voce molto bella, quella del tenore tedesco, e  che non ha avuto cedimenti.

Grandi performances anche quelle di Rosalind Plowright nel ruolo di Mary e di Dominik Wortig nel ruolo del timoniere d’ufficio, un interprete che ci auguriamo di rivedere sui palcoscenici italiani alla prova con ruoli più impegnativi in cui, siamo certi, non deluderà.

Eccellente, infine,  il coro scaligero preparato da Bruno Casoni.

Musicalmente, nel complesso,  una edizione di altissimo livello.

 

Locandina:

 

Daland                                 Ain Anger

Senta                                   Anja Kampe

Erik                                        Marco Jentzsch

Mary                                    Rosalind Plowright

Der Steuermann             Dominik Wortig

Der Holländer                   Bryn Terfel

 

Direttore                            Hartmut Haenchen

Regia                                    Andreas Homoki

Scene e Costumi             Wolfgang Gussmann

Luci                                       Franck Evin

Maestro del coro            Bruno Casoni

 

Orchestra e coro del teatro Alla Scala

 

Nuova produzione Teatro alla Scala
In coproduzione con Opernhaus di Zurigo

e Den Norske Opera & Ballett, Oslo

 

 

Domenico Gatto