Feuersnot. R. Straus. Palermo. Opera World

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Lo scirocco che avvolge Palermo regala una calda serata invernale, facendo registrare alle 20:30 25 °C. Anche il tempo atmosferico sembra così recepire ciò che sta per andare in scena per la serata inaugurale della Stagione 2014 del Teatro Massimo. Emma Dante debutta, finalmente, nel teatro lirico della sua città e il commissario straordinario del Massimo, Fabio Carapezza Guttuso, è raggiante a fine serata, consapevole di avere messo a segno un colpo che rimarrà nella storia del teatro. Niente di meglio poteva aspettarsi il pubblico palermitano dopo un 2013 segnato da un cartellone che poco ha entusiasmato. Feuersnot, di Richard Strauss, infatti sembra riaccedere la platea e dà grande fiducia agli spettatori. Seconda opera nella produzione del compositore tedesco, composta nel 1901 e ambientata in una Monaco leggendaria, racconta la storia di un piccolo paese di provincia e dell’amore di due giovani, lei figlia del podestà, lui avvolto da un alone di mistero, poiché sospettato di possedere poteri magici. La vicenda si svolge in un contesto popolare, durante la notte del solstizio d’estate: è la festa di San Giovanni e, come da tradizione, si accende un grande fuoco per salutare la nuova stagione (niente di più appropriato per il Teatro Massimo!). L’umiliazione che lui, Kunrad, subisce da lei, Diemut, dopo averle dato un bacio inaspettato davanti tutto il paese, sfocia in una vendetta collettiva: la città verrà privata del fuoco (Feuersnot) e solo un sincero amore ricambiato potrà riaccendere tutto. Quando Dietmund si concede a Kunrad riconoscendo il suo come vero amore, il paese torna ad essere avvolto dai colori, dalla festa e dal fuoco ormai simbolo di amore, arte e passione.

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Emma Dante ha quindi pane per i suoi denti: un paese, il popolo, la tradizione. La Monaco leggendaria si trasforma in una strada di una cittadina di un sud indefinito. Le scene di Carmine Maringola si compongono di una grande facciata di una palazzina di pochi piani: ogni finestra diversa, intonaci scrostati, mattoni vivi. Da questa partono alcuni fili di luminarie e dall’alto pendono sospese tante sedie di legno, le stesse che nei paesi si trovano occupate dagli anziani sull’uscio delle loro case per poter osservare meglio la vita (degli altri). Il palcoscenico privo di quinte si mostra nella sua crudezza e maestosità (il palcoscenico del Massimo è uno dei più grandi d’Europa), effetto smorzato per il pubblico palermitano perchè già visto nell’allestimento del “Das Rheingold” della Stagione 2013 a firma di Graham Vick. La regia è incentrata su quest’ambientazione popolare che caratterizza il Meridione, dove ogni vicenda privata diventa pubblica, dove tutti si arrogano il diritto di esprimere le loro opinioni sugli altri ed esercitano il loro potere di influenzare con i loro giudizi. Altro punto forte della messa in scena è il paragone fra l’assenza del fuoco con l’assenza dell’arte, soprattutto della musica: Kunrad è, nell’interpretazione della Dante, un musicista, un violinista per la precisione e la sua magia è la musica, simbolo di vita e di creatività, di cui priva il popolo a causa della sua natura bigotta e ignorante. L’opera è costellata di racconti dei numerosi solitsti che la partitura richiede e la scelta della Dante di utilizzare un gruppo di trenta attori-ballerini, coordinati dai movimenti scenici di Sandro Maria Campagna, risulta vincente soprattutto in questi momenti che potrebbero stancare il pubblico d’oggi: ogni passaggio solistico viene quindi raccontato fisicamente dagli attori, che conferiscono corpo alle parole, fornendo agli spettatori un ulteriore appoggio per l’interpretazione della trama. Il finale dell’opera è il momento in cui la grande massa artistica coinvolta (oltre 180 unità fra interpreti, attori, coro e coro di voci bianche) è sfruttata al massimo regalando un vero e proprio tripudio di colori a cui nessun occhio può rimanere indifferente; quando viene restituito il fuoco alla città, gli attori indossano lunghe gonne e lunghe maniche dei colori del fuoco mimandone i guizzi delle fiamme in un costante crescendo che coinvolge tutti gli aritsti riempendo così ogni spazio del palconoscenico: l’effetto è incredibilmente avvolgente e stupefacente. Tutto il team della Dante riesce a realizzare l’idea chiara e decisa dell’interpretazione intelligente e passionale che la regista palermitana ha di quest’opera inedita per il Teatro Massimo: ottime quindi le luci di Cristian Zucaro e i già citati costumi di Vanessa Sannino che, oltre alle fiamme, vestono gli attori con grotteschi abiti davvero utili nel racconto delle leggende.

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Sul versante musicale bene fa Gabriele Ferro alla guida dell’orchestra del Massimo: direzione asciutta e partecipata per il ritorno del direttore palermitano sul podio casalingo.

Nicola Beller Carbone, portafortuna del Massimo per i debutti di nuovi titoli (protagonista sia per “Senso” di Marco Tutino nel 2011 che per “Der König Kandaules” di Alexander Zemlinsky nel 2012), questa volta è nel ruolo di Diemut e affronta i difficili declamati con disinvoltura, apprezzata anche per il suo canto spiegato nei passaggi più ariosi, nonché per l’ottima interpretazione. Il baritono Dietrich Henschel è Kunrad, difficile ruolo per i lunghi ariosi e per la costante presenza in scena, buona la sua performance, anche se in alcuni momenti, soprattutto negli acuti, la voce perde un po’ di potenza e limpidezza. Nota positiva anche per il resto del cast, per quest’opera davvero folto, e per il Coro del Massimo diretto da Piero Monti.

Vogliamo dedicare una nota a parte per il Coro di voci bianche, diretto da Salvatore Punturo. L’opera prevede una sua presenza costante in scena, conferendogli il ruolo di “terzo protagonista”: vedere questo gruppo di bambini/ragazzi sempre sul palcoscenico, puntuali sugli attacchi, omogenei e che sfoggiano un’interpretazione scenica da professionisti è stata davvero una grande sorpresa. Proporzionalmente all’età degli interpreti, probabilmente lo si può considerare il ruolo più difficile.

Alla fine dell’opera, un atto unico di un’ora e mezza, il pubblico ha applaudito per più di 10 minuti con convizione e trasporto, tributando una grande ovazione ad Emma Dante, visibilmente commossa per un’accoglienza che forse non si aspettava essere così calorosa. Possiamo dire, con assoluta certezza, che questa produzione del Teatro Massimo è uno spettacolo che non può non essere visto: repliche fino al 26 gennaio.

Schweiker von Gundelfingen Alex Wawiloff
Ortolf Sentlinger Rubén Amoretti
Diemut Nicola Beller Carbone
Elisbeth Christine Knorren
Wigelis Chiara Fracasso
Margret Anna Maria Sarra
Kunrad Dietrich Henschel
Jörg Pöschel Michail Ryssov
Hämmerlein Nicolò Ceriani
Kofel Paolo Battaglia
Kunz Gilgenstock Paolo Orecchia
Ortlieb Tulbeck Cristiano Olivieri
Ursula Irina Pererva
Ruger Aspeck Francesco Parrino
Walpurg Valentina Vitti
Ein großes Mädchen Francesca Martorana
   
Direttore Gabriele Ferro
Regia Emma Dante
Scene Carmine Maringola
Costumi Vanessa Sannino
Luci Cristian Zucaro
Orchestra, Coro e Coro di voci bianche del Teatro Massimo
Maestro del coro Piero Monti
Maestro del coro di voci bianche Salvatore Punturo

Fotografias:  FRANCO LANINO

Walter Vitale