Festival Verdi 2013
Parma Teatro Regio
20 ottobre 2013
Melodramma tragico in quattro atti di Giuseppe Verdi
Su libretto di Andrea Maffei da Die Räuber di F. Schiller
Grande successo per l’ultima opera del Festival del Bicentenario Verdiano a Parma, che si concluderà il 31 ottobre con una prestigiosa Messa da Requiem. Il Teatro Regio, invece, ha messo in scena un titolo assente dal suo palcoscenico da quarant’anni: I Masnadieri. Opera al giorno d’oggi ingiustamente poco rappresentata, ebbe da subito un grande successo di pubblico e di critica. I Masnadieri rappresentano quasi un unicum sia per Verdi che per il melodramma italiano dell’ottocento. Verdi infatti (insieme al tedesco Weber), fu l’unico compositore che ebbe commissionata un’opera destinata ad un teatro londinese. Su invito del direttore dell’Her Majesty’s Theatre, Mister Lumley, Verdi accettò questa nuova composizione, prevista per l’estate 1846 e poi rimandata all’anno successivo, affidandone il libretto all’amico Andrea Maffei, marito della più nota contessa Clara, benefattrice e intima del Maestro di Busseto. Il soggetto schilleriano venne ridotto in modo piuttosto drastico, ma rimanendo fedele al pensiero del poeta tedesco. I Masnadieri andarono perciò in scena il 22 luglio 1847 con grande successo, grazie anche alla presenza di un ottimo cast; a dirigere l’opera lo stesso Verdi. L’opera non venne accolta poi molto entusiasticamente in Italia, forse perché legata ad una visione musicale ancora arcaica per il nuovo gusto italico. Senza dubbio è per questo che le rappresentazioni nella penisola si diradarono, ma rimane un dramma intenso, in cui vengono messi in luce le tinte fosche dei personaggi e il loro dramma interiore. Ambientato nella Germania del XVIII secolo, vede la lotta tra due fratelli, innamorati della stessa donna e un padre ingannato da uno dei due figli.
Parma ha affidato questo suo nuovo allestimento alla mano del regista Leo Muscato, il quale ha sapientemente messo in scena un’opera nuova nel pieno rispetto della tradizione, venendo incontro, con eleganza e raffinatezza alle esigenze di budget che il Festival ha dovuto affrontare. Certamente una regia che tende al minimalismo, ma nulla è lasciato al caso e i personaggi sono delineati caratterialmente e psicologicamente in modo eccellente. Le scene scarne e sobrie di Federico Parolini, sono in perfetta armonia con l’opera, anche se alcune trovate possono risultare discutibili, come il tendone della scena d’inizio. Anche nella mancanza di elementi decorativi, le scene sono riempite dai bei costumi coerenti di Silvia Aymonino. Un allestimento delineato da tinte fosche, scure, come è questo dramma. Apprezzato per il gusto e per la regia tradizionale che non guasta mai!
Degno della serata il giovane maestro Francesco Ivan Ciampa, alla guida della Filarmonica Arturo Toscanini, guida sicura e senza ombre, soprattutto nei molti difficili passaggi della partitura. Nonostante alcuni (pochissimi) eccessi di sonorità, il maestro Ciampa ha reso in modo degno le tinte del dramma schilleriano, in modo coerente e omogeneo. Validissimo il contributo della violoncellista Diana Cahanescu, nella coinvolgente aria strumentale d’inizio.
Cast d’eccezione, che è riuscito a rendere la serata un tripudio di voci e musica.
Roberto Aronica nel rulo di Carlo Moor è stato altamente convincente. Voce imponente ed esplosiva, brillante e nello stesso tempo morbida; è riuscito a dare un’interpretazione psicologicamente e vocalmente eccelsa. Apprezzato dal pubblico fin dalla prima aria O mio castel paterno, è riuscito a mantenere un alto profilo canoro fino alla fine.
Il baritono polacco Artur Ruciński è stato un bravo Francesco Moor. Bella la voce anche se non eccelsa, dotata di un bel volume e di duttilità. Molto buona la sua interpretazione del personaggio.
Il soprano rumeno Aurelia Florian ha caratterizzato bene il personaggio. Nonostante le difficoltà della partitura, la Florian, con la sua voce è riuscita a rendere una credibile Amelia, molto intimista e profonda. Belle le agilità e gli acuti quasi perfetti; la voce prende colore e vigore man mano che l’opera procede, di grande drammaticità espressiva e vocale è riuscita a esprimersi nell’aria Tu del mio Carlo al seno del II atto.
Mika Kares, basso finlandese, ha dimostrato di essere pienamente nel personaggio di Massimiliano Moor. Corretto e dalla voce poderosa che sa rendere struggente e mesta.
Buona l’interpretazione di Antonio Corianò in Arminio; ieratico e un po’ statico il pastore Moser di Giovanni Battista Parodi; più che discreto Enrico Cossutta in Rolla.
In un’opera in cui la parte corale la fa da padrona fin dal titolo, il Coro del Teatro Regio di Parma, preparato e diretto dal maestro Martino Faggiani, ha dato ,come al solito una prova eccelsa e precisa, non deludendo nemmeno questa volta le aspettative del pubblico.
Il Teatro Regio al gran completo con un pubblico veramente internazionale, che ha apprezzato lo spettacolo e i cantanti, tributando con calore applausi anche a scena aperta, soprattutto ad Aronica e alla Florian. Accolto trionfalmente il maestro Ciampa. Successo meritato per uno spettacolo più che dignitoso e ben curato.
Massimiliano Moor Mika Kares
Carlo Moor Roberto Aronica
Francesco Moor Artur Ruciński
Amalia Aurelia Florian
Arminio Antonio Corianò
Moser Giovanni Battista Parodi
Rolla Enrico Cossutta
Maestro concertatore e direttore Francesco Ivan Ciampa Regia Leo Muscato
Scene Federica Parolini
Costumi Silvia Aymonino
Maestro del coro Martino Faggiani
Filarmonica Arturo Toscanini
Coro del Teatro Regio di Parma
Mirko Bertolini