Parigi o forse un qualsiasi posto all’interno di una grande città europea è l’ambientazione scenica strutturalmente innovativa e volumetricamente colossale: a vederla dal palco e guardare verso l’alto è impressionante il groviglio di tubi e scale per tre piani di abitazione metallica. Alfons Flores ha realizzato una scenografia di forte impatto che lascia tutto il sapore e l’aura di Bohème collocando la vicenda in una sorta di gabbia con ampie aperture come è la vita: la gabbia che l’individuo si costruisce intorno, ma che con visione lascia ricca di aperture verso il mondo in cui entrare e da cui uscire.
La regia di Alex Ollè per La Bohème è assolutamente rispettosa della trama e nulla toglie all’emozione che le arie pucciniane inoserabilmente fanno trabordare.
I costumi di Lluc Castess sono poveri come spesso la contemporaneità ci propone, ma pertinenti; le luci di Urs Schönebaum, senza ricercare effetti speciali (inutili in una realizzazione del genere) sono puntuali e di assoluta efficacia il finale dove domina il grigio metallico con l’unica nota di colore rosso della coperta di Mimì appena spirata.
Veniamo ora alla parte musicale. La consueta vigoria direzionale di Gianadrea Noseda è stata indirizzata alla ricerca della forte emozione e forse di una sorta di intima spettacolarizzazione della stessa, ovvero l’esaltazione dei sentimenti vissuti dai personaggi. L’apparente disconnessione tra l’impeto e la poesia dei dolci sentimenti viene smentita da un coinvolgente Noseda che con cura ricercata va a trovare stille di profumi musicali che sottolineano con impalpabile evanescenza i sospiri di Mimì……” si mi chiamano Mimì…il perché non so !” ed il trittico Noseda, orchestra e cast è sicuramente vincente. Erika Grimaldi che dopo aver timidamente fatto i primi passi canori proprio al Regio e proprio con Noseda, ora calca i più prestigiosi palcoscenici del mondo, e qui è la dolce protagonista che acuisce l’innata dolcezza grazie all’attesa dell’imminente maternità. La Grimaldi ha un bel colore e buon volume che porta la sua voce a scintillare sia negli acuti che nei toni più sommessamente espressivi. Circa il tenore Iván Ayón Rivas che dire? Un ragazzo poco più che ventenne che alla sua prima uscita in palcoscenico riesce a catturare il pubblico è assolutamente meritevole di apprezzamenti ed applausi. La gioventù si percepisce, ma il livello già raggiunto è encomiabile! Bravo Rivas ed ancora una volta bravo a Noseda che crede nei giovani ed offre loro la possibilità di cimentarsi con il palco, con i ruoli ed in fine con se stessi, per studiare e crescere.
Francesca Sassu accorata e cristallina Musetta è piaciuta sinceramente ed anche Simone Del Savio nel ruolo del pittore Marcello ha dato prova di maturità. Gabriele Sagona in Colline con la sua “vecchia zimarra” è stato apprezzato per intonazione e bel timbro. Shaunard il musicista ha incontrato in Benjamin Cho un simpatico e divertente interprete con buon garbo nell’emissione. Bravi anche gli altri interpreti ed uno per tutti farei un accenno a Matteo Peirone (alla sua 120 recita in Boheme) nel doppio ruolo dell’inquietante Benoit che porta le bollette dell’affitto da pagare e poi in quello di Alcindoro simpaticamente buffo al Caffè Momus (forse sulla rive gauche? forse sulla rive droite?….non importa!) simpaticamente servito da cameriere tentatrici in abito bianco e parrucca azzurra.
Tutta l’opera è pervasa dal leit motiv che affiora qua e là con malcelata indifferenza a creare e mantenere l’attesa dell’emozione che inevitabilmente pervade.
La Musica vince sempre!
Renzo Bellardone