Il Trovatore. Verdi. Macerata

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Macerata, Arena Sferisterio,

20 luglio 2013

ATMOSFERE GOTICHE A MACERATA

Il tema del Macerata Opera Festival, intitolato quest’anno “Muri e divisioni”, si fa sentire forte più che mai anche nella scelta del secondo titolo verdiano in programma. Il trovatore, infatti, può essere letto come una storia di diversità, come uno scontro fra mentalità, a discapito di un gruppo etnico minoritario che viene perseguitato da quello maggioritario il quale ne vuole soffocare l’anelito di libertà e le istanze di novità.

L’atmosfera voluta dal regista Francisco Negrin, complici scene e costumi di Louis Desiré, è quasi gotica, cupa, dominata dai colori nero e rosso, vi si insinuano frequentemente fantasmi del passato, incarnati nelle figure della vecchia zingara e del bambino arsi sul rogo, che intervengono come all’interno di un thriller psicologico a ricordarci quanto i drammi di ieri tornino ciclicamente a disturbare le nostre menti e a condizionare i nostri comportamenti.

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La scena è quasi vuota, dominata da due lunghe tavolate parallele, bordate di luci fluorescenti dal colore cangiante, che fungono ora da mensa, ora da passerella, da una torre nera posta sulla sinistra e da sette grandi lampadari al neon che pendono dalla muraglia di fondo dello Sferisterio, posizionati a distanze irregolari fra loro. Il fuoco la fa da padrone: arde all’interno di ciotole grandi e piccole collocate sulle tavolate e brucia rami applicati al muro di mattoni. I protagonisti fanno il loro ingresso in scena tramite botole poste sul pavimento, abbigliati con semplicità, ma con efficacia sfruttando i colori rosso e nero, il coro striscia, vestito di scuro e con i volti dei componenti dipinti in bianco a mo’ di maschera. La vecchia zingara compare fin dall’inizio, sulla torre, scossa da estro bacchico, e lega a sé i suoi a più riprese nel corso della rappresentazione con un filo, rosso di sangue e di fuoco, vincolandoli al suo volere di vendetta, fino a giungere allo Spannung della scena finale in cui le fiamme si insinuano invadendo anche le linee parallele rappresentate dai tavoli.

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Aquiles Machado è un Manrico dal bel timbro, la voce è vigorosa, anche se qualche volta l’acuto è troppo spinto. Simone Piazzola eccelle nel ruolo del Conte di luna: il colore è piacevolmente brunito, l’emissione sempre sotto controllo, naturale e senza forzature sia nel registro grave, sia in quello più acuto. Sul versante femminile Enkelejda Shkosa ha delineato una splendida Azucena; oltre a possedere un mezzo vocale potente, scuro al punto giusto, ella ha saputo mostrare in tutto il corso della recita di essere in grado di utilizzarlo con una tecnica non comune, il che ha contribuito non poco a tracciare l’identità di un personaggio scabro, ma a tutto tondo. Meno convincente, nonostante l’indiscutibile bellezza della voce, la Leonora di Susanna Branchini: le forzature in alto sono piuttosto evidenti e la linea di canto appare talvolta un po’ priva di colore. Davvero poco a fuoco, invece, il Ferrando di Luciano Montanaro.

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Buona la prova fornita dall’Orchestra Regionale delle Marche, sapientemente diretta da Paolo Arrivabeni che ha impresso alla partitura la giusta forza drammatica, pur sapendo ben evidenziare anche i momenti di maggior liricità. Qualche difficoltà per il Coro Lirico Marchigiano non sempre perfettamente a tempo.

Sferisterio pieno e pubblico prodigo di applausi.

Cast:

 Il conte di luna:                                             Simone Piazzola

Leonora:                                                        Susanna Branchini

Azucena:                                                        Enkelejda Shkosa

Manrico:                                                        Aquiles Machado

Ferrando:                                                       Luciano Montanaro

Ines:                                                               Rosanna Lo Greco

Ruiz:                                                              Enrico Cossutta

Un messo:                                                      Alessandro Pucci

Direttore:                                                       Paolo Arrivabeni

Regia:                                                            Francisco Negrin

Scene e costumi:                                            Louis Desiré

Disegno luci:                                                  Bruno Poer

Fondazione Orchestra Regionale delle Marche

Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini”

Banda “Salvadei” Città di Macerata

Simone Manfredini