(foto Rocco Casaluci
Potenza della lirica cantava il bolognese Lucio Dalla, e di certo si sarebbe unito anche lui ai tantissimi che stanno accorrendo a Bologna per l’imminente debutto di Mariella Devia nel capolavoro di Vincenzo Bellini, Norma.
Bellini, Norma e Devia: lirica all’ennesima potenza. Un evento da far perdere la testa a tutti gli amanti del belcanto ma soprattutto ai cosiddetti deviati di professione che seguono dappertutto la propria beniamina per cogliere le perle della sua inarrivabile arte. Non fanatismo, buonsenso: perché Mariella Devia, facciamocene una ragione, è l’ultimo baluardo di uno stile, una tecnica e una profondità interpretativa che difficilmente sarà più ripetibile. Lo ha sempre dimostrato negli oltre 40 (quaranta!) anni di carriera, e ancora di più oggi, sfidando se stessa e la storia debuttando negli ultimi anni temibili ruoli come Imogene, Elisabetta (Devereux), e la prossima straesaurita Norma al Teatro Comunale di Bologna, diretta da Michele Mariotti e con la regia di Federico Tiezzi.
Bellini: genio musicale, struggente bellezza, poesia, canto. Il nuovo anno è cominciato proprio in nome del cigno catanese quando in tanti ci siamo precipitati nella mite e soleggiata Barcellona per le recite in forma di concerto de Il Pirata per la stagione del Liceu. Serate dove la Devia ha naturalmente trionfato insieme ad un cast molto importante. Su tutti il tenore Gregory Kunde, anche lui un miracolo della natura e –alla prima rappresentazione cui abbiamo assistito- in forma smagliante, capace di reggere con irruenza e vigore una tessitura perigliosa e acutissima. Diretti con precisione da Antonino Fogliani, i due fuoriclasse hanno lasciato il segno nella storia di quest’opera così difficile e raramente rappresentata. Dispiace che in tempi di filologia sia stata proposta ancora con numerosi tagli, ma per consolazione le recite barcelonete sono stata l’occasione per rivolgere alcune domande a Mariella Devia sul suo rapporto con la musica di Bellini e sul belcanto che qui riproponiamo fedelmente e che sicuramente offriranno alcuni spunti per contestualizzare il suo approccio al ruolo di Norma.
Sono parole di saggezza e rigore intellettuale che non necessitano ulteriori commenti. Li rimandiamo ai prossimi giorni, quando sarà “compiuto il rito”.
Bellini in un contesto storico di passaggio: contemporaneo di Rossini (già nel pieno firmamento al tempo del Pirata) e Donizetti (ancora in crescita), seppur giovanissimo riesce a creare una propria identità musicale e stilistica. Più di ogni altro forse rappresenta nelle sue composizioni l’esempio più fulgido di belcanto. E’ d’accordo? Quale peculiarità secondo lei ha il compositore catanese rispetto ai coevi e quale eredità lascia al prossimo Verdi o in generale alla musica?
Se pensiamo a che cosa si intende con il termine belcanto non possono non venirci alla mente Bellini e Donizetti. A me, in questo momento in cui sto per andare in scena ne Il Pirata, viene in mente prevalentemente Bellini che, pur non trascurando mai l’aspetto orchestrale nella partitura, usa una linea melodica che lo lega indissolubilmente al bel canto. E’ un tipo di vocalità, quella che richiede Bellini, nella quale si fondono tecnica ed espressività, nel fraseggio, negli abbellimenti, nella drammaturgia. La voce viene trattata come uno strumento e quindi la lettura filologica della partitura esige la padronanza nell’emissione: legato, morbidezza, agilità, flessibilità, brillantezza, rotondità.
Il cosiddetto “virtuosismo” non è un valore esteriore, né potrebbe mai esserlo, proprio per la peculiarità della pagina belliniana, che vuole attenzione massima per renderne la purezza, perfino nei recitativi. Per rispondere alla sua domanda direi che Bellini è il primo grande interprete della musica romantica italiana in senso melodico, è un precursore al quale si ispireranno anche Donizetti e Verdi.
Imogene, donna del sud: il suo ritratto del personaggio.
L’opera è tipica del primo romanticismo, quando lo sguardo dei librettisti si rivolgeva all’epoca medioevale e il compositore esaltava la psicologia di tutti i personaggi sia in modo positivo sia in modo negativo. Per intenderci i cattivi erano cattivissimi, i buoni buonissimi e le gioie o le catastrofi che si abbattevano su di loro non avevano via di mezzo. Felice Romani ha dato a Bellini tutti gli spunti per sviluppare un vero dramma, direi una tragedia. In questa tragedia Imogene è una donna medioevale e ottocentesca insieme, vittima del mondo maschile, tra il desiderio di salvare il padre, un marito violento (che è costretta a sposare) ed un ex innamorato violentissimo, che arriva addirittura a minacciare di ucciderle il figlio. Se proprio vogliamo fare un paragone lo farei con Lucia. E non è un caso che i due romanzi, da cui sono tratte le opere, siano maturati in ambiente inglese, in un gruppo di letterati amici tra di loro e negli stessi anni. Imogene non muore d’opera come Lucia, ma la sua pazzia e il suo delirio finale preludono chiaramente alla morte.
Quali differenze con Norma, prossima al debutto, e le altre eroine belliniane già interpretate?
Non saprei risponderle nel dettaglio, ma forse neppure in generale. Ogni “eroina” ha il proprio carattere, l’ambiente in cui si muove, il periodo storico in cui vive. E ognuna è segnata da avvenimenti ed eventi, che possono sembrare simili, come accade nelle nostre quotidianità, ma ciascuno di noi risponde o reagisce agli accadimenti in una maniera del tutto personale. Certamente tra Settecento e Ottocento la visione del mondo non era quella attuale ma i musicisti erano molto attenti nel far rivivere la personalità dei personaggi, anche nelle piccole sfumature. Sicché le differenze tra le varie figure femminili sono nei fatti, nella realtà in cui si svolge ciascun dramma e nel modo in cui la partitura ce lo descrive.
A parte quello che sta interpretando sul momento, c’è un personaggio preferito? Bellini e non… Canterebbe “La straniera” se glielo proponessero?
A dire il vero non c’è un personaggio prediletto. Ho sempre interpretato per fortuna soltanto ruoli che ho potuto scegliere all’interno di un repertorio adatto alla mia vocalità. Ogni volta che mi accosto a un personaggio, cerco di studiarne i vari aspetti anche biografici, storici. Giulietta, Elvira, Beatrice di Tenda, Amina sono tutte figure che mi hanno affascinato e di cui ho cercato di rendere al meglio la personalità. Ma non posso dimenticare Maria Stuarda, Lucrezia o Anna Bolena e tante altre figure femminili, che ho interpretato nel corso della mia carriera.
Per quanto riguarda La Straniera, se me lo proponessero la debutterei molto volentieri.
Grazie Mariella Devia per le continue lezioni di stile vocale, pertinenza e intelligenza interpretativa in tutto il repertorio affrontato. Ma dopo di lei? Il problema “belcanto” è attuale e spinoso. Quali speranze?
Ho sempre pensato che non esiste l’unicità, in nessuna forma d’arte. Se fosse così avremmo soltanto pochissimi artisti! Si è detto più volte, nel tempo, che dopo questo o quel cantante una certa forma musicale non sarebbe più esistita. Ma non è così: ogni epoca ha le sue voci, il presente come il passato, e sono certa che ne ascolteremo delle belle anche nel futuro prossimo. Comunque la ringrazio per l’apprezzamento.
Alessandro Di Gloria