101 Festival Lirico dell’Arena di Verona, 4 luglio 2014
Carmen
Dramma lirico in 4 atti di Georges Bizet
Libretto di Ludovic Halevy – Henri Meilhac
Non c’è che dire, Franco Zeffirelli riesce a rendere il palcoscenico dell’Arena di Verona qualcosa di vivo e palpitante, riesce a trasmettere un’atmosfera come pochi registi sanno fare. Indubbiamente aver calcato per decenni la scena areniana lo ha reso pienamente consapevole dei limiti, delle necessità di questo teatro all’aperto e – soprattutto – delle esigenze di un pubblico che per vari motivi arriva all’opera solo attraverso spettacoli appariscenti e sontuosi senza troppe pretese per quel che riguarda il canto. Indubbiamente questa Carmen risponde in pieno a tutte queste aspettative dal successo di pubblico ricevuto non solo in questa serata ma negli ultimi diciotto anni, poiché tale allestimento risale al 1995, pur non essendo sempre fresco e godibile. Zeffirelli accompagna lo spettatore fin dentro la tormentata vicenda della sigaraia Carmen e degli amori con Don Josè e il torero Escamillo. Fin dall’inizio dell’ouverture si può intuire la grandezza delle masse in scena, nonostante il velario di tele di ispirazione gitano/moresca che chiude (e chiuderanno ad ogni atto) la scena. Senza dubbio per le scene il maestro Zeffirelli si è ispirato ai borbonici presepi napoletani, infatti il primo atto si apre su una piazza di Siviglia durante un mercato, talmente piena tra coristi e figuranti che si fatica a capire chi sta cantando: venditori, gitani, paesani, donne con mantiglia, suore, frati, gendarmi ecc. danno l’idea di un vivace paese andaluso. Il secondo atto, l’osteria di Lillas Pastia, si compone di un grande tendone gitano dove il colore predominante, l’arancione, dava la sensazione della calda Andalusia, nel cui fondale un ritratto di Carmen, (ma più corretto sarebbe dire la sua anima), dai colori fortemente sanguigni; tendone circondato da agili ed enormi manifesti liberty, tipici delle osterie di inizio novecento. Il terzo atto, l’accampamento dei contrabbandieri tra selvaggi dirupi, era connotato da colori lividi che rendevano la scena cupa e tenebrosa. Infine il quarto atto: una piazza che dovrebbe quella prospiciente la Plaza de Toros nel giorno della corrida, tappezzata di manifesti pubblicitari delle tauromachie e con al centro una croce votiva, come se ne vedono tante nei villaggi della Spagna. La Carmen di Zeffirelli è un ingranaggio teatrale fluido ed efficace nel quale — dalla scenografia ai bellissimi costumi di Anna Anni, dalla coreografia al coro, fino all’ultima delle numerosissime comparse — ogni elemento contribuisce al crearsi di un’atmosfera inconfondibile che solo il maestro fiorentino riesce a dare. Se si vuole trovare un neo in questa pluridecennale regia, che ha subito negli anni alcune trasformazioni e alleggerimenti, è la scarsa compenetrazione psicologia e intimistica dei protagonisti a favore di un ruolo scenico scontato e iper tradizionale; ma qui torniamo al discorso iniziale di cosa vuole il pubblico dell’Arena e lo ha dimostrato tributando un successo indubbio dovuto senz’altro al contorno e di questo ce n’era in abbondanza! Ed è proprio in questa dimensione corale che va cercato il segreto del successo accordatole dal pubblico internazionale presente alla serata.
La bellezza dello spettacolo è proceduta di pari passo con una esecuzione musicale adeguata, anche se si evinceva qualche piccola difficoltà di collante tra orchestra e palcoscenico: l’acustica dell’Arena, si sa, ha sempre penalizzato l’orchestra, però la direzione di Henrik Nànàsi è stata all’altezza della situazione. Il direttore ungherese ha saputo cogliere i colori vivaci, la sensualità e la tensione drammatica, creando l’atmosfera del senso gitano dell’opera. Nànàsi non ha trascurato poi l’intensità dei momenti più drammatici e intimisti. Buona la risposta dell’Orchestra dell’Arena.
Ekaterina Semenchuk è stata un Carmen di poco appiglio, anche se di grande sensualità. Non è riuscita a convincere vocalmente anche per una certa imprecisione di fraseggio e intonazione, anche se presenta un timbro gradevole e scende con facilità ai gravi. Certamente l’acustica ha la sua colpa, però la Semenchuk ha dalla sua un bel portamento scenico.
Perla della serata la Micaela di Irina Lungu, la quale si presenta in un ruolo più lirico e centrale rispetto al solito repertorio, con ottimi risultati per stile, e fraseggio. E’ stata passionale e piena di ricchezza espressiva ed energia timbrica. Di nota ed emozionante la prova in «Et tu lui diras que sa mère», come anche l’aria del terzo atto «Je dis que rien m’épouvante».
Il tenore Mario Malagnini è stato un Don Josè provetto. Malagnini ha dimostrato le capacità accumulate in una ottima e lunga carriera, sapendo dare al personaggio il giusto equilibrio scenico e vocale. Il tenore lombardo ha rivelato una volta in più di avere il ruolo in tasca, benché talvolta l’intonazione non fosse sempre impeccabile, ma la voce è estesa, squillante e con buona emissione.
Sempre carismatico Carlo Alvarez in Escamillo. Pur non essendo nel pieno della sua forma e forza abituale, è riuscito a donare un personaggio sicuro, essenziale e stilisticamente perfetto. Abile in scena, Alvarez ha colto in pieno il carattere del torero, quanto abile nel canto.
Imprecise Francesca Micarelli in Frasquita e Cristina Melis in Mercedes.
Corretti gli altri interpreti: Federico Longhi (Dancario), Saverio Fiore (Remendado), Seung Pil Choi (Zuniga) e Francesco Verna (Morales).
Bravi i piccoli cantori del Coro voci bianche A.Li.Ve diretto dal maestro Paolo Facincani e pregevole il lavoro del Coro dell’Arena di Verona diretto dal maestro Armando Tasso, entrambi salutati con grande entusiasmo dal pubblico con applausi a scena aperta.
Molto bravi i componenti del corpo di ballo dell’Arena su coreografia di El Camborio, qui ripresa dalla moglie Lucia Real.
Arena con diversi posti vuoti, senza dubbio dovuti all’incertezza del tempo, applausi scontati anche troppo frequenti ed invadenti compreso un inopportuno battito a tempo durante “Toreador”.
Carmen: Ekaterina Semenchuk
Micaela: Irina Lungu
Frasquita: Francesca Micarelli
Mercedes: Cristina Melis
Don Jose’: Mario Malagnini
Escamillo: Carlos Alvarez
Dancairo: Federico Longhi
Remendado: Saverio Fiore
Zuniga: Seung Pil Choi
Morales: Francesco Verna
Direttore: Henrik Nànàsi
Regia e scene: Franco Zeffirelli
Costumi: Anna Anni
Coreografia: El Camborio ripresa da Lucia Real
Maestro del coro: Armando Tasso
Direttore del corpo di ballo: Renato Zanella
Coro voci bianche: A.Li.Ve.
Direttore voci bianche: Paolo Facincani
Primi ballerini: Teresa Strisciulli, Amaya Ugarteche, Antonio Russo.
Orchestra, Coro, Corpo di ballo e Tecnici dell’Arena di Verona
Mirko Bertolini