Il Campiello. Wolf Ferrari. Firenze

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Per la prima volta a Firenze, Il Campiello di Ermanno Wolf Ferrari apre la stagione autunnale del Maggio Musicale Fiorentino al nuovo Teatro dell’Opera. Wolf Ferrari è un compositore italo tedesco di origini veneziane vissuto nella prima metà del 900; è ricordato soprattutto per il suo teatro comico venato di una comicità malinconica e bonaria. Musicista colto e raffinato, raggiunse il suo apice nel proporre opere tratte dal maestro della commedia italiana, Carlo Goldoni, di cui Il Campiello è l’ultima della serie. La stessa lingua non è l’italiano, ma il dialetto veneziano trovando una nuova ricchezza di particolari nelle situazioni buffe che si creano. Il Maggio Musicale Fiorentino ha affidato questo nuovo allestimento all’esperta mano del regista Leo Muscato che ha già dato prova in patria e all’estero di saper unire la tradizione teatrale italiana con l’innovazione. Anche in questo Campiello non si è smentito. L’ambientazione – ovviamente – non poteva che essere Venezia, dove il termine “campiello” sta ad indicare una piazzetta, di quelle che per lo più sono attorniate da case povere e abitate da gente di bassa condizione. Quello di Wolf Ferrari è abitato da gente chiassosa e divertente e in esso si intrecciano dolci storie d’amore. Muscato riesce a tratteggiare tutto questo; anche le molte scene buffe sono gestite con garbo e l’umorismo che ne nasce è spontaneo e mai forzato.  Le situazioni comiche sono create per lo più dai personaggi delle due anziane (“vecie” come dice il librettista – dona Cate e dona Pasqua). Nell’opera i ruoli delle due comari sono affidate a tenori, creando quasi un unicum nella storia dell’opera, che il regista riesce a caratterizzare appieno. Lo scenografo Tiziano Santi ha reinventato un perfetto campiello veneziano prendendo spunto da tutta una serie di diversi palazzi della città lagunare, ricostruiti e assemblati con un efficace effetto visivo. Ma l’originalità della regia di Muscato sta nell’idea che il campiello è qualcosa di stabile, come stabile è l’opera immortale di Goldoni, lo stesso che compare come personaggio etereo sulla scena a controllare i “suoi” personaggi. Il Campiello del 1756, anno in cui venne scritta la commedia goldoniana, è lo stesso del 1936, anno in cui alla Scala venne rappresentata l’opera di Wolf Ferrari, ma è anche lo stesso del 2014, quando debutta questo allestimento. Tre date che corrispondono ad eventi molto importanti per questo titolo, tre momenti storici da cui è difficile staccare l’opera; ecco perciò che Muscato ha deciso  di ambientare lo spettacolo in tre epoche diverse: quella di Goldoni (primo atto), quella di Wolf-Ferrari (secondo atto) e la nostra (terzo atto), dando così l’idea che il vero protagonista di questa storia è proprio il campiello, “personaggio” vivo e mutevole che vede scorrere i secoli sui propri muri, nelle calli, sui ponti, nei canali. «Cambiano gli usi e i costumi – afferma il regista – ma i personaggi conservano gli stessi caratteri tratteggiati da Goldoni. Perché possono cambiare le epoche, le mode, le culture, ma non cambiano i sentimenti di fondo e le urgenze primarie degli esseri umani.» L’idea – originale – regge, soprattutto per i primi due atti, il terzo però è già meno credibile nella sua ambientazione contemporanea, in cui il libretto sembra essere scollegato con la scena. Alcune scelte registiche non sempre sono sembrate opportune, come il taglio ai “balletti” del pranzo nuziale nel II atto, oppure la scelta di relegare il coro invisibile nella buca dell’orchestra. Buona la caratterizzazione dei personaggi, anche se Gasparina e il Cavalier Astolfi perdono via via la loro originalità. Rimane in ogni caso un ottimo prodotto che si gusta con vero piacere e divertente ironia.

Antepiano Campiello

La direzione musicale, affidata al giovane Francesco Cilluffo ha assecondato con gusto le esigenze della partitura di Wolf Ferrari, riuscendo a tenere uniti orchestra e cast vocale. Si è colta la ricerca del maestro Cilluffo per un certo gusto e incisività, anche se, talvolta, certe sonorità erano eccessivamente ridondanti ed esuberanti. Buona la tenuta dell’Orchestra del Maggio.

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Buono il cast composto da cantanti che hanno saputo dare anche un’ottima interpretazione attoriale, oltre che a dimostrare di riuscire discretamente a cantare in dialetto veneziano, peccato che la caratterizzazione specifica dei personaggi sia stata registicamente scarsa.

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Ha dominato la scena per la sua verve Cristiano Olivieri in Dona Cate, che è entrato appieno nel personaggio insieme al suo omologo Luca Canonici in Dona Pasqua. Entrambi sono riusciti a esprimere un’esilarante simpatia.

Sotto tono e non molto nel ruolo la pur brava Alessandra Marianelli in Gasparina. Il personaggio della veneziana un po’ snob e finta saputa con un difetto di pronuncia non è stato tratteggiato bene. La Marianelli è stata però corretta, a suo agio con la partitura, dal timbro dolce e limpida nella linea di canto.

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Valida la prova di Diana Mian nel ruolo congeniale di Lucieta. La Mian ha una buona resa vocale ed incarna molto bene il suo personaggio volitivo con la sua voce corposa e precisa.

Voce garbata e delicata per Barbara Bargnesi in Gnese; voce ampia e scura e a suo agio nel ruolo di Orsola Patrizia Orciani.

Il ruolo del Cavalier Astolfi è stato sostenuto da un brioso Clemente Antonio Daliotti, che ha messo in luce un perfetto dominio del mezzo vocale e ha disegnato un’ottima prova musicale.

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Corretto e con voce molto gradevole Alessandro Scotto di Luzio in Zorzeto; nel ruolo e di buon livello artistico l’Anzoleto di Filippo Morace.

Compassato e forse troppo rigido il Fabrizio dei Ritorti di Luca Dall’Amico dalla voce potente e profonda.

Buona la parte del coro del Maggio Musicale preparato dal maestro Lorenzo Fratini, penalizzato dalla “reclusione” nella buca dell’orchestra.

 

Folto pubblico e applausi convinti per tutti.

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Gasparina                             Alessandra Marianelli

Lucieta                                  Diana Mian

Gnese                                    Barbara Bargnesi

Zorzeto                                 Alessandro Scotto di Luzio

Orsola                                               Patrizia Orciani

Donna Cate                          Cristiano Olivieri

Donna Pasqua                                  Luca Canonici

Anzoleto                               Filippo Morace

Cavalier Astolfi                   Clemente Antonio Daliotti

Fabrizio dei Ritorti             Luca dell’Amico

 

Direttore                               Francesco Cilluffo

Regia                                     Leo Muscato

Scene                                     Tiziano Santi

Costumi                                Silvia Aymonino

Luci                                       Alessandro Verazzi

Maestro del coro                 Lorenzo Fratini

 

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino

Nuovo allestimento in coproduzione con Fondazione Teatro Verdi di Trieste

 

Mirko Bertolini