Milano
Teatro Alla Scala, 05/03/2013
La Fidanzata dello Zar (Carskaja Nevesta)
Opera in quattro atti di Nikolaj Rimskij-Korsakov; Libretto di Il’ija Tijumenev
Per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano è andata in scena “La fidanzata dello Zar” di Rimskij-Korsakov.
La fidanzata dello zar è Marfa, che in realtà è fidanzata con Lïkov, ma che sarà poi prescelta da Ivan il Terribile come seconda moglie e futura zarina della Russia. Marfa è una bellissima fanciulla, e anche un terzo uomo la desidera ardentemente: si tratta di Grijaznoij, che convive con Lijubasha, ma senza più amarla. Marfa aveva in precedenza respinto la proposta di matrimonio di Grijaznoij, e così questi decide di rivolgersi al diabolico alchimista tedesco Bomelius, personaggio realmente esistito e che alla corte di Ivan ebbe un ascendente fortissimo, pari e forse superiore a quello di Rasputin 300 anni piu’ tardi, dal quale si fa preparare una pozione d’amore da far bere a Marfa. Allora anche Lijubasha, accecata dalla gelosia, va da Bomelius per farsi dare una pozione da far bere a Marfa: una pozione che cancelli ogni tratto della sua bellezza. Bomelius, con fare lubrico, minaccia Lijubasha di riferire la sua richiesta a Grijaznoij, e deciderà di non farlo solo dopo che la donna avrà accettato – benché disgustata – di pagarlo in natura. Intanto Lïkov è tornato da una lunga campagna in Occidente, e vorrebbe sposare Marfa, ma giunge la notizia che proprio lei è stata scelta dallo zar come sua futura moglie; Marfa, obbedendo a malincuore al volere dello zar Ivan, si trasferisce alla corte imperiale, manifestando però i sintomi di uno sconosciuto malessere: è l’effetto della pozione magica. Grijaznoij è convinto che la malattia di Marfa sia dovuta alla pozione – evidentemente sbagliata – preparata da Bomelius; per allontanare da sé ogni sospetto, racconta allo zar che è stato Lïkov ad avvelenare Marfa. Lïkov, torturato a morte, è costretto a confessare e viene giustiziato dallo stesso Grijaznoij. Marfa, appresa la notizia, sviene; quindi, incomincia a manifestare i segni della follia che la ha colpita, vinta dal dolore. Grijaznoij, di fronte alla delirante Marfa, non riesce a trattenersi dal confessare le sue malefatte; ma – colpo di scena – entra Lijubasha, ammettendo di aver sostituito la prima pozione di Bomelius con la seconda, e di essere quindi la vera colpevole. Grijaznoij, sorpreso e furente, si scaglia contro di lei, uccidendola; verrà anch’egli condannato a morte.
Per l’occasione si è voluto cambiare il nome del titolo facendolo diventare “Una sposa per lo Zar”, e trasformando la torbida favola nera, che ha come centro Ivan il terribile, in un banale reality degno della più bassa telenovela sudamericana.
Artefice di questa genialata Dmitri Tcherniakov, che dopo La Traviata banalizza un altro titolo usando trovate originali che Luca Ronconi più di 20 anni fa aveva già usato nel suo storico allestimento del Viaggio a Reims.
Senza scomodare Orson Wells di “Quarto Potere” e ricordando che il grande regista americano realizzò il suo capolavoro senza usare un testo di Shekspeare o Euripide ma realizzando un film ex novo, bisogna dire che questa messa in scena è un insieme di banalizzazioni. Si può anche pensare di adattare la vicenda al tempo contemporaneo e trasportarla in una specie di grande reality, ma se nel momento cruciale della vicenda il veleno viene sciolto nel bicchiere allo stesso modo di come si faceva nella corte bizantina per eliminare i rivali al trono, ecco che tutto l’impianto virtuale crolla. Avesse avuto almeno l’originalità di far si che il concupiscente Grjaznoj somministrasse all’ignara Marfa la polverina facendogliela sniffare o fumare!
Dopotutto, secondo il regista, la protagonista era già in preda a delle visioni poiché, assieme all’amica Dunjaša ed alla madre di lei afferma, non solo di aver visto lo zar di persona ma anche di avergli parlato, e come sarebbe stato questo possibile visto che il regista, durante l’overture, ci ha fatto sapere, attraverso una chat stile facebook, che lo zar non esiste ma è solo un’invenzione virtuale, se non perché le tre donne si erano fumate qualcosa o avessero allucinazioni da crac.
Ma la cosa più insopportabile della regia è il totale menefreghismo verso il pubblico pagante, la scena è concepita in modo che la gente non veda nulla da varie parti del teatro a cui si aggiunge anche l’uso delle luci al neon che in alcuni momenti accecano. Non solo il trasformare tutti gli ambienti in scatole fa si che anche la voce dei cantanti arrivi male in sala. Probabilmente sarà venuto un ottimo dvd ma questo è in primis uno spettacolo teatrale, se il regista russo vuole fare dei film faccia quelli e smetta di rovinare capolavori immortali che sono di altri e non suoi.
De Simone ha sempre fatto ottime regie nel totale rispetto del testo e quando ha voluto fare l’originale si è composto i suoi lavori che ormai sono divenuti dei classici come “La gatta cenerentola”.
Passando alla parte musicale, Barenboim, probabilmente condizionato dalla regia e dal ritorno delle voci dei cantanti, ha offerto una prova sottotono, ha dato pochi colori alla partitura e l’orchestra in dei momenti è sembrata in confusione.
Olga Peretyatko è stata un’ottima Marfa, in una parte che si potrebbe definire belcantista, il soprano russo ha dato sfogo ad una voce molto omogenea capace di passare senza problemi fra i vari registri ed anche di modulare bene la trasformazione della fanciulla, che passa dal sognate del secondo atto al patetico e dolente del quarto. Il suo finale è stato molto toccante.
Ottima Marina Prudenskaya che da vita al personaggio tragico di Ljubaša, il suo canto a cappella con cui entra in scena è stato uno dei momenti più intensi della serata, con la sua voce brunita ha dato vita a tutta la drammaticità di questo personaggio tormentato.
Buona prova anche di Anna Lapkovskaja nella parte di Dunjaša, mentre Anna Tomowa-Sintow, cantante dal glorioso passato, è risultata inascoltabile nel ruolo di Domna Ivanovna Saburova, non si capisce per quale motivo abbia accettato di esibirsi visto ormai l’età avanzata.
Gli uomini non sono stati allo stesso livello delle loro colleghe:
Il baritono Johannes Martin Kränzle è stato un Grjaznoj legnoso, sia vocalmente che scenicamente, la sua prestazione va migliorando nel finale.
Pavel Černoch nel ruolo di Lykov ha una voce piatta e poco duttile, non ha le morbidezze che dovrebbe avere da innamorato trepidante.
Per Anatoly Kotscherga che interpreta Vasilij Stepanovič Sobakin il padre di Marfa vale la stessa considerazione fatta sopra per la Tomowa-Sintow: inascoltabile.
Mentre meglio è andato il tenore Stephan Rügamer che interpreta il ruolo dell’oscuro alchimista Elisej Bomelij, qui trasformato in un personaggio insulso: la sua fuga per l’aeroporto con trolley e valigia nel momento in dovrebbe farsi pagare da Ljubaša è stato uno dei momenti più esilaranti dello spettacolo.
Completavano il cast: Carola Höhn nel ruolo di Petrovna e Tobias Schabel nel ruolo di Maljuta.
Per concludere, mi viene da fare una considerazione vedendo che il teatro era semivuoto. Questa sarebbe stata un ottima occasione per attirare il pubblico giovane, una favola nera, tratta da una vicenda vera, ben si sarebbe prestata ad essere messa in scena in chiave gotica fantasy. Visti i successi dei vari “Signori degli anelli” ed “Harry Potter” sono le visioni artistiche che più possono attrarre i ragazzi. Cosa che a poca distanza dal Teatro alla Scala, presso il Piccolo-Strehler Luca Ronconi ha fatto mettendo in scena un’altra favola nera: “La Celestina” di Fernando de Rojas, con un allestimento molto moderno ma che nello stesso tempo non ne stravolge la sua natura gotica ed oscura, con code alla biglietteria ed un grande successo da parte del pubblico giovanile, quello che alla Scala latita.
Vasilij Stepanovič Sobakin Anatoli Kotscherga
Marfa Olga Peretyatko
Grigorij Grigor’evič Grjaznoj Johannes Martin Kränzle
Maljuta Skuratov Tobias Schabel
Ivan Sergeevič Lykov Pavel Černoch
Ljubaša Marina Prudenskaya
Elisej Bomelij Stephan Rügamer
Domna Ivanovna Saburova Anna Tomowa-Sintow
Dunjaša Anna Lapkovskaja
Petrovna Carola Hőhn
Fuochista dello Zar Guillermo Bussolini
Cameriera Stefania Giannì
Un giovane Massimilano Di Fino
Direttore Daniel Barenboim
Regia Dmitri Černiakov
Costumi Elena Zajtseva
Luci Gleb Filschtinsky
Video Raketa Media
Maestro del coro Bruno Casoni
Nuova produzione in coproduzione con Staatsoper Unter den Linden Berlino
Domenico Gatto