Macerata, Arena Sferisterio, Stagione Lirica 2014. 1 agosto 2014
La traviata «dello specchio» è uno di quegli allestimenti entrati ormai a far parte della storia del teatro, così ricchi di fascino e buon gusto da risultare ancora smaglianti dopo più di vent’anni dalla loro ideazione. La scenografia, pensata da Josef Svoboda nel 1992 proprio per il palcoscenico dello Sferisterio, consiste in una serie di teli dipinti appoggiati a terra che vengono via via sfilati da assistenti di scena e che si riflettono su un grande specchio inclinato così da creare l’effetto di un fondale. Si parte con la visione di un enorme sipario rosso, subito sostituito da dipinti raffiguranti cortigiane discinte, ben caratterizzanti l’intero primo atto; il disegno di una casa di campagna, un immenso prato di margherite e immagini in bianco e nero di donne in crinoline fanno a loro volta da sfondo al ritiro in campagna della coppia; uno splendido lampadario di cristallo domina da ultimo il momento della festa a casa di Flora. Tutto muta durante il terzo atto in cui il semplice assito del palcoscenico riflesso nello specchio funge da simbolo di povertà e morte imminente. Di innegabile efficacia scenica il momento della dipartita della protagonista in cui lo specchio si alza in verticale così da riflettere il meraviglioso colonnato semi illuminato dell’arena ricolma di spettatori. Attenta al particolare la regia di Henning Brockhaus. Sebbene complessivamente apprezzabili, i costumi pensati da Giancarlo Colis hanno, invece, talvolta la tendenza ad indulgere un po’ troppo a far bella mostra di poco allusivi reggicalze e di velate trasparenze così da inficiare almeno in parte l’eleganza complessiva dell’allestimento.
Jessica Nuccio è una Violetta dalla voce un po’ sottile, ma dalla buona presenza scenica e dalla notevole intensità espressiva, palpabile soprattutto nei momenti lirici e drammatici più che in quelli strettamente belcantistici; il registro centrale risulta corposo, quello superiore non mostra difficoltà. Passionale l’Alfredo di Antonio Gandìa: a fronte di un timbro fresco e di una buona tenuta di fiati, va comunque rilevato qualche acuto al limite. Simone Piazzola è un Germont autorevole e serio, dal timbro robusto e piacevolmente brunito, dall’emissione potente ma al contempo ricca di sfumature. Fra i comprimari si segnalano la Flora di Elisabetta Martorana e la volitiva Annina di Murielle Tomao. Qualche difficoltà d’assieme per il Coro Lirico Marchigiano «V.Bellini».
Precisa e filologicamente attenta la direzione di Speranza Scappucci che stacca tempi spesso molto dilatati, un po’ a discapito di quei colori e quelle dinamiche cui la tradizione ci ha abituato.
Arena gremita di pubblico prodigo di applausi a fine spettacolo per tutti gli artisti.
Violetta Valery Jessica Nuccio
Alfredo Germont Antonio Gandìa
Giorgio Germont Simone Piazzola
Flora Bervoix Elisabetta Martorana
Annina Murielle Tomao
Gastone Pietro Picone
Il barone Douphol Alessandro Battiato
Il marchese d’Obigny Andrea Pistolesi
Il dottor Grenvil Giacomo Medici
Giuseppe Alessandro Pucci
Un domestico di Flora Gianni Paci
Un commissario Roberto Gattei
Direttore Speranza Scappucci
Maestro del Coro Carlo Morganti
Regia Henning Brockhaus
Scene Josef Svoboda
Costumi Giancarlo Colis
Luci Henning Brockhaus e Fabrizio Gobbi
Coreografie Valentina Escobar
Fondazione Orchestra Regionale delle Marche
Coro Lirico Marchigiano «V.Bellini»
Simone Manfedini