L’Italiana in Algeri. Rossini. Verona. Opera World

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Teatro Filarmonico di Verona

6 Febbraio 2014

L’Italiana in Algeri

Dramma giocoso in 2 atti di Gioachino Rossini

Libretto di Angelo Anelli

La stagione del Teatro Filarmonico di Verona ha riproposto l’opera di Gioachino Rossini L’italiana in Algeri, autentico gioiello, mai tramontato, dell’opera buffa. La prima rappresentazione dell’opera avvenne a Venezia, al Teatro San Benedetto, il 22 maggio 1813. L’allora ventunenne Gioacchino Rossini compose l’opera in soli 18 giorni, ispirandosi a un fatto di cronaca realmente accaduto: la vicenda di Antonietta Frapolli, signora milanese, rapita dai corsari nel 1805, portata nell’harem del Bey di Algeri Mustafà-ibn-Ibrahim e poi ritornata in Italia. È questo il primo vero grande successo del compositore pesare, grazie ad uno spartito esuberante, pieno d’inventiva ed eccelsa vitalità musicale su un libretto efficace e coinvolgente che porta il pubblico allo spontaneo sorriso, se non grassa risata, ma anche al gusto della malinconica armonia. Alla prima Rossini disponeva di due autentici assi sia vocali sia attoriali: Marietta Marcolini e Filippo Galli, gli stessi che si specializzarono in molte altre opere dell’autore e portarono al successo veneziano L’italiana.

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L’aspetto migliore di questa produzione de L’italiana in Algeri è costituito dall’allestimento firmato, nella sua totalità, da Pier Luigi Pizzi, e qui ripreso dal regista Paolo Panizza. Una produzione ventennale, a riprova di come un allestimento intelligente e dalla esuberante teatralità possa conservare intatti il proprio dinamismo e la propria vitalità nonostante il trascorrere del tempo. Creato per l’Opéra di Montecarlo a inizio anni Novanta e dopo aver viaggiato nei maggiori teatri europei e italiani, è approdato ora al Filarmonico.

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La regia di Pizzi è rimasta nel solco della tradizione, dando tuttavia un tocco personale all’allestimento, in cui si è messa molto in evidenza la netta contrapposizione fra le concezioni maschiliste dei personaggi che pensano di poter disporre delle donne a proprio piacimento, come fossero oggetti e la scaltrezza tutta femminile della protagonista, consapevole del potere che ogni donna può esercitare sull’altro sesso con il proprio fascino. L’ambientazione è stata spostata in avanti di circa un secolo rispetto all’originale, almeno a giudicare dagli sfarzosi e colorati abiti occidentali di Isabella, che costituivano da soli uno spettacolo nello spettacolo, e la protagonista è stata resa ancora più moderna e spavalda mettendole in mano tanto di frusta per tenere a bada gli uomini. Il gusto del regista milanese crea un ambiente classico ma sviluppato sulla dirompente comicità che è insita in tutta la partitura; l’Algeri evocata da Pizzi, che con una scena fissa ha ricreato il mondo del serraglio, risplende di colori tenui e soffusi, i vari ambienti ricavati dalle scene sono alternativamente illuminati da un sole pallido di giorno o da una suggestiva luna piena nei momenti notturni. Sullo sfondo si stagliano le cupole e minareti di una grande moschea, mentre griglie lignee scorrevoli o calate dall’alto racchiudono gli spazi interni.

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Si è realizzato uno spettacolo dirompente in comicità non trascurando, però, i risvolti patetici e sentimentali. Panizza ha avuto una mano felice sopratutto nelle scene d’insieme ove unisce un’inventiva personale rilevante. I costumi di foggia mediorentale, realizzati in colori accesi (il viola e l’arancione spiccano con particolare evidenza) risultano piacevoli all’occhio e si sposano con i fondali in una unione cromatica molto suggestiva. Le idee, insomma, non mancano e, soprattutto, riescono a vivacizzare la storia, senza appesantirla. Panizza contribuisce molto positivamente allo svecchiamento dell’opera, riuscendo a realizzare una produzione di ottimo livello e molto gustosa da vedere.

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Il giovane e promettente direttore Francesco Lanzillotta, alla guida dell’Orchestra dell’Arena, ha ben condotto l’opera puntando soprattutto all’essenziale. Dopo un’ouverture poco dinamica e lenta, ha saputo cogliere in pieno forza trascinante della musica rossiniana. Il suono non ha mai coperto i cantanti, risultando leggero e frizzante, capace di governare l’orchestra e coinvolgere il palcoscenico amalgamandosi al canto.

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Scenicamente disinvolta e convincente, l’Isabella di Marina De Liso. Dalla voce tornita e scura, vellutata ma con agilità nelle note gravi. Ha tratteggiato un personaggio forte e di grande temperamento. Il timbro però non è propriamente quello del ruolo, ma la lunga carriera della De Liso passa oltre, rendendo una Isabella veramente degna.

Il giovane e disinvolto Mirco Palazzi riveste i panni di un Mustafà attraente, dalla voce agile e sonora, dall’ottimo timbro e dotata di giusto volume.

Un Lindoro evanescente e troppo timido quello di Daniele Zanfardino. Debole nell’intonazione e scenicamente poco carismatico, riesce ad avere però un timbro gradevole.

Calato nel personaggio di Taddeo, Filippo Fontana , ha dimostrato una comicità vivace e mai forzosa, unita ad una voce musicale e ben posizionata.

Bravo Federico Longhi nel Bey, ottima prova ne Le femmine d’Italia; sufficiente Alida Berti in Elvira; discreta Alessia Nadin in Zulma.

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Bravo il coro dell’Arena di Verona, preparato dal maestro Armando Tasso, che si segnala sempre per correttezza e disinvoltura.

Purtroppo il Teatro Filarmonico aveva diversi posti vuoti, ma il pubblico presente ha gradito lo spettacolo con ripetuti applausi e risate nelle scene buffe. Successo tributato a tutti i cantanti, ma anche a regia e direzione. Uno spettacolo davvero meritevole.

Mustafà                     Mirco Palazzi
Elvira                         Alida Berti
Zulma                        Alessia Nadin
Haly                           Federico Longhi
Lindoro                     Daniele Zanfardino
Isabella                      Marina De Liso
Taddeo                      Filippo Fontana

Direttore                                                       Francesco Lanzillotta

Regia, scene e costumi                               Pier Luigi Pizzi

Maestro del coro                                         Armando Tasso

Orchestra, Coro, Tecnici dell’Arena di Verona

Allestimento Circuito Lirico Lombardo

Mirko Bertolini