Maria Stuarda. Donizetti. Verona

mariastuarda4

Teatro Filarmonico di Verona 10 aprile 2014 Maria Stuarda Tragedia lirica in due atti su libretto di Giuseppe Bardari; Musica di Gaetano Donizetti   Due vere regine si sono fronteggiate al Filarmonico di Verona, due autentiche regine del bel canto: Mariella Devia e Sonia Ganassi, in una Maria Stuarda epocale. Mariella Devia, che di questa opera ne ha fatto il suo cavallo di battaglia e Sonia Ganassi che in Donizetti esprime al meglio la sua incantevole voce. Parlando di Mariella Devia, non si può prescindere dalla sua illustre e prestigiosa carriera coronata da quarant’anni di successi nei principali teatri italiani e mondiali. Parlando invece di Sonia Ganassi non si può non ricordare vent’anni di successi internazionali imponendosi soprattutto nel repertorio belcantistico italiano in cui eccelle. Verona ha riproposto un fortunato allestimento del Festival Donizetti di Bergamo, che ha debuttato nel 2012; l’opera donizettiana era assente dal palcoscenico veronese da ben 22 anni, ma questo allestimento ha, non solo riscattato i lunghi anni di latitanza, ma ha riscattato anche una stagione piuttosto languente. Maria Stuarda è un capolavoro assoluto nella sterminata produzione di Gaetano Donizetti, che come molti della sua epoca era rimasto affascinato dalla storia inglese del XVI secolo, leggendovi ottimi spunti per alcune opere (il compositore bergamasco ne compose diverse da libretti che si ispiravano a episodi della vita di Elisabetta I).

mariastuarda5

Quest’opera, dopo un secolo di buio, è tornata in repertorio sicuramente per almeno due ragioni. La prima è l’audacia innovativa della scena del confronto fra le due regine, la seconda è la grande introspezione psicologica fornita da Donizetti al ruolo di Maria, il personaggio buono, che canta il suo approssimarsi alla morte per quasi tutto il secondo atto, mentre il ruolo di Elisabetta ha un’immagine più stereotipata e crudele. Grande merito del successo moderno dell’opera insomma deriva anche dal taglio del libretto, alla cui stesura, dagli ultimi studi, risulta preponderante la mano del compositore più che quella del librettista, il diciassettenne Giuseppe Bardari. Donizetti adatta il dramma di Schiller sbilanciando i ruoli delle due regine a favore di Maria e creando così un ruolo complesso e molto elaborato psicologicamente. L’opera, già censurata a Napoli, vedrà la luce il 30 dicembre 1835 al Teatro alla Scala di Milano, dove la prima donna sarà la grande Malibran. Questo allestimento vede la regia di Federico Bertolani, che ha dato un taglio essenziale ma di gusto, lasciando quegli elementi propri del libretto che permettono di collocare la vicenda nel suo momento storico.

mariastuarda6

La regia di Bertolani però si limita, alla fine, solamente ad una collocazione statica dei personaggi, quasi dei tableau vivant e lascia indefinite diverse possibilità di dare maggiore espressività al suo lavoro. Positivo e significativo il gioco del colore bianco-nero espresso anche nelle due regine, in cui il bianco è la buona Stuarda e il nero la cattiva Eliasabetta. Buona la connotazione psicologica dei personaggi, senza dubbio accentuata anche dalla grande partecipazione scenica delle due protagoniste. Una scenografia moderna ma assai funzionale, opera di Giulio Magnetto, ha occupato il palco durante i suoi due atti: un cubo bianco/nero era la prigione dentro la quale Maria era rinchiusa. Sopra di esso si trovava il trono/ghigliottina di Elisabetta. Belli i costumi di Manuel Pedretti, tutti giocati sul bianco e nero; quello di Elisabetta poi, aumentava per numero di accessori e per grandezza ogni volta che essa accresceva il suo potere (eliminata Maria infatti la regina sovrastava la scena sia per l’imponenza del costume sia per la posizione sopraelevata), anche se alla fine era troppo simile ad una regina disneyana.

maristuarda10

Molto evocative le luci, forse poco protagoniste e troppo scontate, dato che la scena resta perlopiù avvolta in un neutro bianco e nero e solo in alcuni momenti, per esempio il finale con l’uscita di scena di Maria Stuarda, in cui il cubo di cui sopra, si apre per liberare una candida luce sfolgorante in un sottofondo di banale rosso spento. Un allestimento dignitoso, che si apprezza facilmente e di facile lettura. Accurata e perfezionista la direzione di Sebastiano Rolli, alla guida dell’Orchestra dell’Arena, che dimostra di manipolare bene la musica di Donizetti. Rolli riesce inoltre a controllare la fusione tra orchestra e voci, non tralasciando mai la verve drammatica. La lettura delle pagine donizettiane è fedele, anche se a volte eccede nella lentezza, ma riesce però a dare ampio respiro e spazio al canto. Una magnifica e sempre giovane Mariella Devia ha rivestito i panni della regina di Scozia; ha incantato con una voce senza alcun freno, limpida, sicura della propria tecnica e padronanza timbrica oltre che di una presenza scenica con pochi paragoni al mondo.

mariastuardaverona2

La Devia è la Maria Stuarda del XXI secolo e di sicuro la Stuarda di assoluto riferimento! Testimone per eccellenza di un impegno, di una dedizione, di una serietà e di una professionalità quasi unici nel mondo lirico. Perfetta nelle agilità, fraseggio impeccabile, acuti brillanti, decisi e in voce. Impeccabile nei duetti con Leicester prima e con Talbot poi, è giunta alla grande scena finale senza incrinature e cedimenti nell’intonazione. Nell’aria di commiato Ah! se un giorno da queste ritorte, la Devia ha dato un’esecuzione straordinaria del brano, concluso da un ottimo sovracuto. Ovazioni e applausi non sono mancati anche a scena aperta. Impossibile fare paragoni con l’altra protagonista, Sonia Ganassi, la malvagia Elisabetta. Quello detto per la Devia può valere benissimo anche per lei, possedendo uno strumento vocale degno delle più grandi mezzosoprano del passato. Voce ricca di accenti e colori, ampia e perfetta, timbro scuro, agilità perfetta, finezza di fraseggio, che altro dire… a queste dote vocali la Ganassi ha unito una presenza scenica assoluta e sicura; il personaggio di Elisabetta, come già Seymour, il suo cavallo di battaglia, le sembrano cuciti addosso, snocciolandoli psicologicamente, vocalmente e scenicamente.

mariastuarda7

Il tenore Dario Schmunck in Leicester, dalla voce leggera, elegante e melodiosa, ha dato una prova più che sufficiente, riuscendo anche nelle parti più ardue a convincere per l’equilibrio e la buona tecnica, anche se pareva, indubbiamente, schiacciato tra i due colossi Devia – Ganassi. Molto buona e convincente anche la prova di Marco Vinco in Talbot, dalla voce brunita con buon timbro e bella rotondità, perfettamente proiettata; capace di mezzevoci suggestive e bella presenza scenica ricca di pathos. Gezim Myshketa è un Lord Cecil volitivo e capace, dalla voce importante e sicura. Buona e accurata anche l’interpretazione di Diana Mian in Anna.

mariastuardaverona1

Splendida prova per il coro dell’Arena, preparato dal maestro Armando Tasso, umanamente capace di trascinare l’emozione drammaturgica, suggestivo e commovente il coro finale Vedeste? Vedemmo. In un Teatro Filarmonico pieno (finalmente!), il pubblico ha apprezzato molto lo spettacolo, ma soprattutto i cantanti e le due protagoniste, dispensando lunghissimi applausi a scena aperta e ovazioni, con ripetute chiamate sul palco, per la Devia e la Ganassi. Infine successo pieno per tutti.   Elisabetta                              Sonia Ganassi Maria Stuarda                      Mariella Devia Anna Kennedy                     Diana Mian Roberto di Leicester                       Dario Schmunck Giorgio Talbot                     Marco Vinco Lord Cecil                            Gezim Myshketa Direttore                               Sebastiano Rolli Regia                                     Federico Bertolani Scene                                     Giulio Magnetto Costumi                                Manuel Pedretti Maestro del Coro                Armando Tasso Orchestra e coro dell’Arena di Verona Allestimento del Bergamo Musica Festival Donizetti   Mirko Bertolini