Teatro del Maggio Musicale Fiorentino di Firenze
30 gennaio 2014
NABUCCO
Dramma lirico in quattro parti, libretto Temistocle Solera, dal dramma Nabuchodonosor di Auguste Anicet-Bourgeois e Francis Cornu e dal ballo Nabuccodonosor di Antonio Cortesi.
Musica di Giuseppe Verdi
È bello tornare al Teatro Comunale di Firenze e rivederlo pieno come da troppo tempo ormai non si era più abituati. Vuoi per il titolo alquanto allettante, assente da ben 37 anni dal palcoscenico fiorentino, vuoi per la presenza di un Nabucco indiscusso quale Leo Nucci, vuoi per la regia semplice ma in linea con le aspettative del pubblico, vuoi per un supporto morale alla grande crisi che sta attraversato questo Ente lirico, ma alla sua quinta recita il Teatro era veramente pieno. Indubbiamente la scelta di un titolo così popolare ha prodotto un risultato davvero soddisfacente. Si è messo in scena un allestimento prodotto dal Teatro Lirico di Cagliari e andato in scena nel 2012 in occasione dell’apertura del bicentenario verdiano.
Nabucco o Nabucodonosor, come era chiamato nella prima partitura verdiana, andò in scena per la prima volta a Milano, al Teatro alla Scala, nel 1842; è la terza opera scritta da Verdi. È stata spesso letta come l’opera più risorgimentale del compositore emiliano, poiché gli spettatori italiani dell’epoca, del regno austriaco Lombardo Veneto, potevano riconoscere la loro condizione politica in quella degli ebrei soggetti al dominio babilonese. Questo tipo di lettura è incentrata soprattutto sul famosissimo coro Va’, pensiero, sull’ali dorate, intonato appunto dal popolo ebreo e che divenne ben presto l’inno degli insorti italiano contro il regime austriaco e che ancora oggi rappresenta uno dei cori d’opera più conosciuti, amati e cantati dal popolo italiano.
La regia di Leo Muscato è riuscita a non snaturare il carattere e il senso profondo dell’opera con facili e fin troppo banali accostamenti contemporanei, ma ha sapientemente saputo mantenere intatta l’energia ed il vitalismo proponendo al pubblico uno spettacolo fresco, d’impronta tradizionale ma, come ci ha abituato Muscato, con quel pizzico di innovazione e novità che rende il tutto di ottimo gusto e non esce dal dettame del compositore. L’ambientazione storica è volutamente rievocata in modo spartano ed essenziale, ma efficace per riportare lo spettatore alle vicende narrate. Le scenografie di Tiziano Santi, coadiuvate dalle ottime luci di Alessandro Verazzi, sono sapientemente sviluppate per ricreare ambientazioni consone con grande semplicità: bastano pochi espedienti per ricreare una scena granitica monumentale ed efficace. All’apertura del sipario, un gruppo di ebrei è asserragliato all’interno del Tempio, come fosse un bunker, mentre fuori, l’esercito Babilonese comandato da Nabucco, sta mettendo a ferro e a fuoco la città di Gerusalemme; Nabucco entra, mentre si aprono le pareti del Tempio, mostrando fiamme e distruzione alle sue spalle. Sicuramente la scena di maggior effetto. Lo spazio per Muscato è una grande scatola che permette di raccontare due mondi molto diversi l’uno dall’altro. Quello degli ebrei scuro e povero, rischiarato dal fuoco, segno della presenza di Dio. Quello Babilonese, invece, è un mondo opulento e vuoto, con pareti dorate e lussuose. Felici alcune intuizioni di Muscato, come far comparire in scena una bimba, vestita di rosso, che non proferisce parola ma serve ad Abigaille per rivedere se stessa durante la crescita; ancora, altre di bell’effetto scenico, efficaci per la luce, statiche come tableaux vivant, ma completamente inspiegabili, vedi il battesimo (già il battesimo ad una ebrea con tanto di consegna dell’abito bianco!) di Fenena con Ismaele che osserva compiaciuto da lontano in religioso silenzio. Un punto debole di questa regia, però, sono le masse; il coro è parte essenziale ed è quasi protagonista di Nabucco, Muscato lo rende statico nella sua sontuosità, finendo per togliere dinamicità alla scena e rendendone la presenza eccessivamente pesante. In complesso però rimane una produzione raffinata ed elegante, di gusto e, giustamente, apprezzata dal pubblico fiorentino.
Come abbiamo detto, vero protagonista di Nabucco è il coro. Grande prova per il Coro del Maggio Fiorentino, diretto dal maestro Lorenzo Fratini. Preciso e ben preparato, ha dato una prova impeccabile; ovviamente l’attenzione è stata rivolta maggiormente al coro Va pensiero, eseguito magnificamente, giustamente a lungo applaudito e bissato, senza nulla togliere all’altro grande pezzo corale che chiude l’opera: Immenso Jehova.
La direzione del maestro Renato Palumbo, alla guida dell’Orchestra del Maggio, è parsa non sempre convincente, con riserve sulla dilatazione dei tempi. Una direzione non eccessivamente enfatica e non banale, ma che ha rallentato eccessivamente alcune parti per poi essere fiammeggiante nelle cabalette. Il tutto dando un’impressione di disomogeneità e di mancanza di vivacità.
Nel cast canoro spiccava tra tutti la presenza del baritono Leo Nucci. Su chi sia non c’è bisogno di dilungarsi molto, la carriera e la fama internazionale lo precedono; il ruolo gli sembra cucito addosso, come d’altra parte altri personaggi a lui congeniali (vedi Rigoletto). Gli anni non sembrano passare per lui, manifestando sempre quell’entusiasmo e quella freschezza nella recitazione che lo rendono unico. Indubbiamente la voce non è più quella di dieci anni fa, ma ben pochi cantanti possono vantare di reggere eccellentemente un ruolo come Nabucco a 72 anni. Memorabile il suo Dio di Giuda, ma ancor più straordinaria la sua attorialità nella scena della follia del personaggio. Giustamente a lungo applaudito e acclamato, Nucci ha regalato un’altra indimenticabile serata della sua lunga carriera!
A suo agio in Abigaille Anna Pirozzi. Sicura, irruente, incisiva e precisa, pienamente nel personaggio. Se proprio le si vuole appuntare qualcosa, la voce non è propriamente adatta al ruolo.
Un po’ sottotono lo Zaccaria di Riccardo Zanellato, dal portamento ieratico e solenne, ma da una voce che a volte peccava nel timbro e nell’incisività, lasciandosi sommergere dal coro e dall’orchestra. Però sicuro e dalla buona tecnica.
Ruolo breve per Fenena, ma Annalisa Stroppa ha saputo essere decisamente convincente e farsi apprezzare per la bella voce.
Dopo un inizio incerto, Luciano Ganci, in Ismaele, ha potuto esprimere al meglio la bella voce squillante.
Buona resa per Valeria Sepe in Anna. Modesti Dario Russo (Gran Sacerdote) e Enrico Cossutta (Abdallo).
Nel Teatro Comunale pieno, un pubblico freddino che ha applaudito poco durante l’opera, se si esclude il coro Va pensiero e Leo Nucci, ma che ha accolto trionfalmente cantanti e coro al termine.
Nabucco Leo Nucci
Ismaele Luciano Ganci
Zaccaria Riccardo Zanellato
Abigaille Anna Pirozzi
Fenena Annalisa Stoppa
Il Gran Sacerdote Dario Russo
Abdallo Enrico Cossutta
Anna Valeria Sepe
Direttore Renato Palumbo
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Regia Leo Muscato
Scene Tiziano Santi
Costumi Silvia Aymonino
Ripresi da Virginia Gentili
Luci Alessandro Verazzi
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Nuova produzione
Allestimento del Teatro Lirico di Cagliari in coproduzione con l’Ente Concerti di Sassari “Marialisa de Carolis” di Sassari.
Mirko Bertolini