Teatro Regio di Parma
21 gennaio 2013
PAGLIACCI
Dramma in un prologo e due atti
Libretto e musica di Ruggero Leoncavallo
GIANNI SCHICCHI
Opera in un atto su libretto di Gioacchino Forzano
Musica di Giacomo Puccini
Un minuto di silenzio per ricordare la scomparsa del maestro Claudio Abbado, gloria della direzione musicale mondiale degli ultimi quarant’anni, ha aperto la terza serata della nuova stagione lirica del Teatro Regio di Parma. Dopo anni di indiscusso programma quasi esclusivamente verdiano, dopo l’entusiastico bicentenario verdiano, ecco che Parma si apre ad altri autori, nel nostro caso Leoncavallo e Puccini, in un binomio anomalo, ma non inusuale (basti ricordare la splendida produzione di Bologna del 2000). Il Teatro Regio ha affidato la regia di entrambi i titoli al giovane Federico Grazzini, che da qualche anno calca le scene con una visione registica ormai convenzionale, di demitizzazione dell’opera portandola in contesti contemporanei o nel solito dopoguerra. Entrambe le scene sono di Andrea Belli, i costumi di Valeria Donata Bettella e le luci di Pasquale Mari. Analizziamo ciascuna delle due opere in programma.
Pagliacci è stata, tra le due, senza dubbio quella meglio riuscita, pur presentando qualche discutibile nota. La trasposizione temporale e scenica si riferisce al mondo dell’avanspettacolo italiano degli anni Quaranta. La scena (bella e di effetto) si apre in una stazione, dove arriva la compagnia teatrale di Canio e Nedda, arricchita da ballerine e fachiri, accolta dall’intero paese. La vicenda si sposta poi all’interno del piccolo teatro di paese, vista dal palcoscenico, come un teatro nel teatro, proiettando il coro in fondo al vero palcoscenico, ammassato sulle poltrone di sala. Effetto non molto convincente, così pure il mancato travestimento di Canio mentre canta Vesti la giubba, perde del suo effetto doppiamente tragico e drammatico, nonostante la bravura di Rubens Pelizzari. Però l’idea registica, pur non nuova, regge bene anche se si è notata un eccessiva fissità delle masse.
Molto bravo il Canio di Rubens Pellizzari. Ineccepibile dal punto di vista scenico e canoro, temperamento sicuro e sanguigno, vero Canio. Palpitante e intensa e stata la sua Vesti la giubba, inspiegabilmente accolta con tiepidezza dal pubblico, senza dubbio meritava un bis. La voce ha dimostrato, oltre al sicuro e pregevole volume, anche un ottimo fraseggio. Senza dubbio il cantante migliore della serata.
Quasi timorosa è parsa Serena Daolio in Nedda. La voce è chiara e gradevole, ma non ha convinto molto, dando l’idea di non osare; pertanto la sua Nedda non è risultata così volitiva come dovrebbe essere. Efficace il Tonio di Elia Fabbian, dotato di un bell’accento lirico, perdonabili alcune note non perfettamente pulite. Si manifesta pian piano la voce di Marcello Rosiello in Silvio, qui per volere registico non un contadino ma un marinaio; il duetto con Nedda dimostra una voce brillante.
Molto tenue, anche se corretta, la voce di Davide Giusti in Peppe; purtroppo la sua omogeneità non sempre ha corrisposto con il volume.
La scenografia di Gianni Schicchi appare come un contenitore claustrofobico, che racchiude la stanza del defunto Buoso Donati, dove sono raccolti i parenti. Qui l’idea del regista è di trasportare la vicenda nel genere cinematografico della commedia all’italiana degli anni Sessanta, il cinema neorealista. Grazzini vede un legame tra il libretto pucciniano e l’ironia cinica e amara che ha caratterizzato molte commedie italiane della metà degli anni Sessanta: contrasto tra borghesia cittadina e mondo rurale e operaio del boom economico. Ben caratterizzati i tanti personaggi, non mancano inoltre molte gag (troppe), molta comicità, ma forse troppa, tanto che pare ridotto a un quadro caricaturale di una vicenda buffa e grottesca. La scena si chiude con una immagine molto bella di Firenze con vista del campanile di Palazzo Vecchio; un’immagine che sarebbe potuta benissimo rimanere per tutta l’opera, creando ariosità e apertura, ciò che mancava. Si sono mossi molto bene i protagonisti, ben caratterizzati nella loro varietà e moltitudine.
Da Tonio a Gianni Schicchi, Elia Fabbian propone un personaggio disinvolto e ironico, certamente più a suo agio che non nel precedente. Voce discreta ma non molto incisiva, poco convincente nel suo Addio Firenze.
Piacevole la Lauretta di Ekaterina Sadovnikova, in un ruolo non molto incisivo, la voce melodiosa riesce perfettamente nell’aria O mio babbino caro. Davide Giusti in Rinuccio, rinnova il precedente giudizio sulla voce con troppo poco volume. Buona interpretazione scenica e vocale per Silvia Beltrami in Zita.
Molto buona anche la prova di Stefano Rinaldi Miliani nelle vesta del dottore e del notaro. Positive anche le prove di Matteo Ferrara e Gianluca Margheri nelle parti di Simone e Betto. Efficaci Matteo Mezzaro, Eleonora Contucci, Marcello Rosiello, Matteo Mazzoli, Romano Dal Zovo, Romina Boscolo, tutti funzionali allo svolgimento della vicenda.
Sul podio il maestro Francesco Ivan Ciampa, direttore di talento, ma discontinuo e non sempre in grado di controllare il peso sonoro dell’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna. La direzione del maestro Ciampa non sempre ha reso efficacemente la coloritura delle due opere, tendendo ad un appiattimento e ad una mancanza di espressività, soprattutto in Pagliacci. Più omogenea è stata la resa di Gianni Schicchi, cercando di dare coerenza e compattezza all’orchestra, non sempre riuscendoci.
Inappuntabile e veramente efficace la prestazione del Coro del Regio diretto da Martino Faggiani. Bravi i bimbi del Coro Ars Canto di Gabriella Corsaro.
Non siamo abituati a vedere un Teatro Regio con diversi posti vuoti, ma è quello che ci ha presentato la serata. Un pubblico freddo e quasi distante, che ha saputo apprezzare le buone voci sul palcoscenico, ma senza eccedere e senza troppa partecipazione. Un pubblico certamente troppo abituato a Verdi e poco ad altri autori, un pubblico difficile, ma che certamente sa giudicare l’efficacia delle produzioni.
PAGLIACCI
Nedda / Colombina Serena Daolio
Canio / Pagliaccio Rubens Pelizzari
Tonio / Taddeo Elia Fabbian
Beppe / Arlecchino Davide Giusti
Silvio Marcello Rosiello
Un Contadino Alessandro Bianchini
Un Altro Contadino Demetrio Rabbito
GIANNI SCHICCHI
Gianni Schicchi Elia Fabbian
Lauretta Ekaterina Sadovnikova
Zita Silvia Beltrami
Rinuccio Davide Giusti
Gherardo Matteo Mezzaro
Nella Eleonora Contucci
Gherardino Ernest Stancanelli
Betto di Signa Gianluca Margheri
Simone Matteo Ferrara
Marco Marcello Rosiello
La Ciesca Romina Boscolo
Maestro Spinelloccio Stefano Rinaldi Miliani
Ser Amantio di Nicolao Stefano Rinaldi Miliani
Pinellino, calzolaio Matteo Mazzoli
Guccio, tintore Romano Dal Zovo
Direttore Francesco Ivan Ciampa
Maestro del coro Martino Faggiani
Maestro del coro di voci bianche Gabriella Corsaro
Regia Federico Grazzini
Scene Andrea Belli
Costumi Valeria Donata Bettella
Luci Pasquale Mari
Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna
Coro del Teatro Regio di Parma
Coro di voci bianche e Giovanili Ars Canto Giuseppe Verdi
Nuova produzione del Teatro Regio di Parma
Mirko Bertolini