I Pagliacci. Leoncavallo. Napoli

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Teatro San Carlo. Napoli, 27 maggio 2014

 

I PAGLIACCI. Musica e Libretto: Ruggiero Leoncavallo

Tornano a Napoli i Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, nella stessa messa in scena firmata da Daniele Finzi Pasca nel 2011, che fu molto apprezzata sia dalla critica che dal pubblico del San Carlo. Pagliacci è una delle più affascinanti opere brevi nel repertorio operistico, una tragica storia di tradimento, gelosia e morte,  che prende spunto da una vicenda vera.

Il libretto originario è ambientato in un villaggio in Calabria, dove una compagnia di attori girovaghi arriva accolta dai paesani festanti; ma immediatamente la troupe viene attraversata da vicende passionali che coinvolgono il capocomico Canio e sua moglie Nedda, e che rendono improvvisamente reale la farsa che devono  rappresentare in scena, fino al violento epilogo.

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Il regista Finzi Pasca trasferisce la scena in un circo, dove gli abitanti del villaggio sono vestiti come pagliacci. Quindi, non solo i guitti, ma anche la gente comune del villaggio viene raffigurata come parte di una rappresentazione.

Il regista dilata così il concetto espresso da Tonio nel Prologo: come in un gioco di specchi, se i commedianti sono persone reali con i loro sentimenti, le persone reali, i paesani in scena, sono a loro volta commedianti, tutti impegnati nella rappresentazione della vita. Il mondo è un circo in cui ognuno è un clown.

Una messa in scena insolita, irrealistica, che trasforma una classica storia d’amore e di gelosia in una meditazione sulla condizione umana, dove l’acqua che copre il palcoscenico nel secondo atto è l’elemento che rappresenta l’essenza stessa della vita.

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Il baritono Claudio Sgura (che fu un memorabile Amonasro nella discussa Aida di Dragone del dicembre scorso), è stato certamente il migliore dei protagonisti. Ha interpretato Tonio facendone un personaggio sinistro, la cui disabilità morale (non certamente fisica, visto che Sgura è altro due metri e diritto come un fuso) lo rende una presenza malefica e alla fine letale. Il Tonio di Sgura esegue il prologo dell’opera con paurosa intensità, facendo già presagire l’esito fatale della vicenda.

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Il tenore Antonello Palombi è stato efficace nella parte di Canio, il geloso, diffidente e crudele marito che punisce l’infedeltà della moglie Nedda con la morte. Canio viene informato da Tonio (il cui tentativo di sedurre Nedda, è stato da lei respinto), che lei lo tradisce. Si arriva così alla scena clou dell’opera, quando Canio, dopo aver scoperto l’infedeltà della moglie, canta con dolore la sua aria più famosa «Vesti la giubba»: in questa performance il pubblico è stato completamente conquistato dalla interpretazione di Palombi.

C’è un altro baritono nell’opera, ed è Silvio, l’amante di Nedda, interpretato ottimamente da Luca Grassi, un personaggio che richiede una vocalità più leggera di quella di Tonio. Egli vede il pericolo in cui si trova Nedda, la consola e progetta di fuggire con lei in un duetto che contiene alcune delle musiche d’amore più belle di tutto il repertorio operistico.

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Il soprano greco Alexia Voulgaridou era Nedda,  la sfortunata moglie di Canio. Ha cantato la parte in un maniera consona alla tradizione verista. Forse il ruolo di Nedda ha bisogno qua e là di un tocco più leggero, per esempio quando canta del volo degli uccelli del primo atto. Ma tutto sommato, il soprano ha offerto una buona resa vocale della giovane e disperata protagonista; si è mossa con naturale facilità sul palco, accompagnata dagli acrobati della troupe, che, quando non si esibivano nei volteggi, durante le scene più drammatiche agivano come muti spiriti protettivi della donna, ne seguivano con apprensione i movimenti e cercavano alla fine di salvarla da Canio, morendo invece insieme a lei.

Il tenore turco Mert Sungu ha cantato molto bene nel ruolo di Beppe, l’unico membro della compagnia che cerca di calmare gli animi e salvare la situazione, anche se alla fine capisce che tutto finirà in tragedia. Sungu canta la serenata di Arlecchino con leggerezza e candore, facendo da contraltare alla tensione palpabile causata della gelosia di Canio, che di lì a poco farà precipitare le cose.

Il coro degli adulti e il coro delle voci bianche del San Carlo hanno dato prova di compattezza di suono e capacità scenica, assecondando sia la direzione di Santi che le indicazioni del regista, con i costumi allegri e colorati disegnati da Giovanna Buzzi.

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L’orchestra del San Carlo ha suonato molto bene, seguendo l’ottantaduenne Nello Santi, che ha condotto con grande energia e intelligenza, sfruttando tutte le potenzialità della leggendaria acustica del teatro napoletano, con un suono pieno, profondo e avvolgente come non si sentiva da molto tempo al San Carlo.

 

Nedda:            Alexia Voulgaridou

 Canio:             Antonello Palombi

 Tonio:             Claudio Sgura 

 Beppe:            Mert Sungu

 Silvio:             Luca Grassi

 

Direttore:                    Nello Santi

Maestro del Coro:      Salvatore Caputo

Regia:                         Daniele Finzi Pasca

Creative Associate:    Julie Hamelin

Coreografie:               Maria Bonzanigo

Scene:                        Hugo Gargiulo

Costumi:                     Giovanna Buzzi

Disegno Luci:             Daniele Finzi Pasca e Alexis Bowles

Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo

 

Lorenzo Fiorito