Intervista di Pietro Spagnoli con Vasco Fracanzani
Ho conosciuto Pietro Spagnoli nel maggio del 2011 durante produzione de “Le nozze di Figaro” di Mozart al Teatro Real di Madrid. Interpretava il ruolo di Figaro.
Mi ero avvicinato a lui incuriosito e per scambiare qualche chiacchiera nelle pause delle prove di regia, come spesso accade.
L’ho visto lavorare ed ho avuto subito l’impressione di una persona attenta, ricca di empatia, competente, garbata nei modi e nelle forme, rispettosa e meticolosa nell’eseguire il suo lavoro.
Decisi poi di chiedergli l’amicizia Facebook, uno degli strumenti attualmente più in voga per relazioni sociali.
Nel lasso di tempo dal 2011 ad oggi Pietro non è tornato al Teatro Real, ma ho avuto modo di conoscerlo in questo modo inconsueto.
Ho potuto seguire con piacere ed interesse i suoi impegni, i successi professionali, nei diversi e rinomati teatri internazionali che ritengono imprescindibile la sua collaborazione: Liceu di Barcellona, Royal Opera House di Londra, Staatsoper di Vienna, il Théâtre des Champs-Élysées di Parigi, Metropolitan di New York e la Scala di Milano per citarne solo alcuni.
Inaspettatamente ho avuto l’opportunità di conoscere il suo lato quotidiano, quello privato e personale. I suoi dubbi, la fragilità, le ansie, le passioni, i desideri, i pensieri, i viaggi e le vacanze con i figli e gli amici. Insomma i ritagli di una vita oltre il palcoscenico, raccontati tramite la scrittura e la fotografia.
Ho casualmente incontrato Pietro il 22 settembre 2014 in pieno centro di Madrid. Sapevo del suo arrivo perché erano iniziate le prove de “La fille du regiment” di Donizetti al Teatro Real. Quando mi ha visto, ha sorriso e mi ha accolto con un affettuoso abbraccio.
OPERAWORLD
«Cercate di dare meno interviste possibili» (riflessione fatta da un’amica giornalista a Pietro Spagnoli agli esordi del suo percorso professionale.)
Buongiorno Pietro, innanzitutto ti ringrazio per questo incontro. Cosa ti ricordano queste parole?
PIETRO SPAGNOLI
Mi ricordano che chiunque intraprenda una carriera artistica deve apprendere ogni giorno qualcosa.
Anche se siamo dei talenti naturali e possiamo avere già fama internazionale in gioventù, viviamo l’inesperienza che questa comporta. Ogni giorno è una lezione di tecnica, studio, comportamento.
Se qualcuno ci chiede di parlare della nostra esperienza quando non ne abbiamo, cosa possiamo raccontare? Puoi parlare di come sei arrivato a fare il cantante e poco di più. Un’intervista non è una biografia, racconta il tuo vissuto artistico ed umano. Un ragazzo, anche se bravissimo e pieno di talento, ha ancora poco da raccontare visto il suo breve percorso.
OPERAWORLD
Sono oramai 28 anni di attività professionale. Mi puoi parlare del tuo esordio professionale come musicante teatrale?
PIETRO SPAGNOLI
Le prime esperienze furono concertistiche: Oratori, cantate, piccoli recital. Gruppi di musica corale, tanta musica corale a Roma, e poi qualche concerto fuori dall’Italia.
Il mio debutto su un palcoscenico è stato a Martina Franca nel 1987. Mi affidai al regista Italo Nunziata, iniziando la ricerca del mio corpo nello spazio condiviso del palcoscenico.
La mia parte era piccola quindi non c’era molto da fare. Cantavo la parte di Gualtiero ne “il Pirata” di Bellini, un ruolo da comprimario. Era stata un’opportunità che mi era stata offerta e la presi al volo.
OPERAWORLD
Quest’anno hai celebrato il tuo debutto al Metropolitan di New York interpretando il ruolo di Dandini de “La Cenerentola” di Rossini. Quali emozioni hai provato?
PIETRO SPAGNOLI
Il giorno in cui la mia agente mi disse che il Metropolitan mi voleva scritturare per cantare il ruolo di Dandini, guardai la data e notai che avrei debuttato al Met con 50 anni. Meglio tardi che mai. Con il vantaggio, però, di debuttare con un ruolo che conoscevo molto bene. Frutto di esperienza reale, molte recite di fronte a pubblici di ogni nazione.
Spero di tornarci perché è stata un’esperienza musicale di altissimo livello. Confrontarsi con un direttore musicale come il Maestro Fabio Luisi, uno dei più stimati professionisti a livello internazionale, è stato un vero arricchimento.
Poi è una città molto interessante sotto ogni punto di vista.
OPERAWORLD
L’altro giorno si parlava del successo. Qual’è la tua definizione di successo?
PIETRO SPAGNOLI
Molti anni fa un noto giornalista del settore criticò aspramente le mie scelte artistiche giovanili. Stiamo parlando di almeno di 24 o 25 anni fa, proprio gli inizi.
Disse che io non ero coraggioso. Lo ripeté anche un direttore d’orchestra molto rinomato, perché avevo rifiutato una sua proposta.
Rifiutai perché ero sicuro di non poter sostenere il ruolo che mi venne offerto. Potevo rovinare voce ed equilibrio. Quindi mi presi il rimprovero di queste due persone tanto importanti nel mondo dell’opera. Sostenevano che per fare questo mestiere bisognava avere coraggio, bisogna lanciarsi.
Sì, è vero che bisogna buttarsi ma con un buon paracadute ed io, all’epoca, ne avevo uno ancora troppo piccolo. Rischiavo di farmi male.
Un ambizioso avrebbe accettato senza battere ciglio. Io sono ambizioso ma non malato d’ambizione.
Risposi che non avevo nessuna urgenza di bruciare tappe.
Ancora oggi voglio essere un maratoneta dell’opera, lasciare il mio segno nel tempo e nel lavoro quotidiano. Quello sarà il mio successo.
OPERAWORLD
Frutto dell’esperienza sul campo dove ti addentri nella psicologia e fisionomia di tanti personaggi, come prepari i nuovi ruoli?
PIETRO SPAGNOLI
Lettura del ruolo: drammaturgia e vocalità; la tessitura, le difficoltà, l’estensione, l’accompagnamento orchestrale. In base a questi elementi decido se il personaggio lo posso affrontare o meno.
Quando mi offrono una cosa del mio repertorio non ho nessun dubbio.
Il prossimo debutto sarà Bartolo de “Il Barbiere di Siviglia” di Paisiello. Ho già cantato Figaro della stessa opera, quindi so con certezza che il nuovo ruolo è nelle mie corde.
Ho iniziato a studiarlo a Settembre e siamo a buon punto.
OPERAWORLD
Hai già interpretato Dandini poi Don Magnifico, Belcore poi Dulcamara, Guglielmo poi Don Alfonso. Si tratta di un’evoluzione musicale sia fisiologica che vocale?
PIETRO SPAGNOLI
Si tratta di un’evoluzione legata all’età.
Don Magnifico, mi venne proposto e decisi di debuttarlo. Preferisco ancora cantare Dandini. E’ un ruolo che mi calza perfettamente.
Belcore ce l’ho ancora in repertorio ma mi diverto assai con il Dottor Dulcamara, mentre Guglielmo ormai l’ho abbandonato per evidenti limiti di età. Drammaturgicamente a 50 anni sarebbe ardua passare per un giovane amante.
OPERAWORLD
Visto che ci troviamo nel mondo dei ruoli buffi, ti sei già avvicinato ad un altro grande personaggio quale il Don Bartolo del Barbiere di Rossini?
PIETRO SPAGNOLI
L’ho cantato in gioventù e sicuramente arriverà nel prossimo futuro. Fatemi cantare Figaro per favore ahahahahah Finché ci saranno ancora le cartucce, spariamole.
Per Bartolo c’è tempo.
OPERAWORLD
Tanti viaggi, tante produzioni, tanti incontri. Com’è maturata la tua voce e com’è cambiata la tua visione professionale in questi quasi tre decenni di attività?
PIETRO SPAGNOLI
Ho iniziato a cantare che non avevo veramente una tecnica salda, solo tanta forza della natura e incoscienza. La natura però, con l’età, ti abbandona. Quindi o hai in mente cosa fare o altrimenti sei costretto a smettere.
C’è un’evoluzione nel tempo: entrando in palcoscenico da ragazzo mi spaventavo, avevo il fiato alto (corto), non controllavo le emozioni. Non mi conoscevo. Non avevo una vera coscienza tecnica. Come potevo affrontare le difficoltà che il canto ed il palcoscenico comportano? L’esperienza è servita a comprendere che senza tutto ciò arrivi presto al capolinea.
Mi sono ascoltato nella Cenerentola del Met che è stata registrata e trasmessa in differita in Italia tre giorni dopo.
Sono andato con i miei figli ed ascoltandomi la mia voce mi è parsa in buono stato. Anche al Met le critiche sono state unanimi e il pubblico ha lodato sempre il mio lavoro. Indizi importanti.
Una delle più valide “cartine tornasole” è il buon stato vocale.
OPERAWORLD) Quanti sono e come sono stati i consigli che hai avuto la fortuna di ricevere?
PIETRO SPAGNOLI)
Sono stati quelli giusti (e parte una risata amichevolmente ironica). Ho incontrato Maestri che con i loro consigli mi hanno aiutato a migliorare e divenire più sicuro dei miei mezzi.
OPERAWORLD
Uno dei tuoi prossimi debutti?
PIETRO SPAGNOLI
Debutterò il Falstaff verdiano che avrà luogo nell’estate del 2015 a Karlsruhe, in Germania. È stata una mia scelta quella di debuttare il ruolo di Sir John Falstaff in un teatro di provincia.
Una volta esisteva una rete teatrale che permetteva a molti artisti di avere un banco di prova. Erano una palestra utile per sperimentare. Meglio non debuttare ruoli impegnativi alla Scala, non hai rete di protezione. Ci si può far molto male.
OPERAWORLD
L’opera come espressione e manifestazione musicale e culturale. Viaggi e vivi realtà diverse. L’opera del passato e del presente. L’opera del futuro?
PIETRO SPAGNOLI
Credo che ci siano tanti metodi per immaginare l’opera. Renderla popolare facendo avvicinare le scolaresche alla macchina teatrale. Istruendoli ed appassionandoli.
Creare produzioni che permettano al più vasto pubblico di fruire di questa forma di spettacolo.
Il futuro dell’opera quindi parte da lì: aprire il teatro a giovani e giovanissimi preparandoli all’ascolto. Assistere alle prove per comprendere come funziona l’intricato dedalo dello spettacolo.
In questo contesto i ragazzi potrebbero appassionarsi all’arte. Innamorarsi del suono di un violino, della danza, del canto. Immaginare di disegnare scene, costumi, preparare le luci. I futuri artisti.
Si tratta quindi di educare la gioventù facendole vivere regolarmente la magia del teatro. Questo è anche il modo per creare il pubblico del futuro.
Naturalmente se si vuole il cantante, il direttore d’orchestra o il regista di grande fama, bisogna investire molto di più.
Ma c’è un altro modo di fare teatro, con buoni cantanti e direttori, dove lo spettacolo è lo stesso ed è accessibile economicamente a tutti.
Questo è per me il teatro del futuro se desideriamo farlo sopravvivere. Non possiamo limitarlo ad un pubblico ristretto ed a volte un po’ snob.
OPERAWORLD
Ora che abbiamo parlato di Pietro Spagnoli musicante teatrale, mi piacerebbe conoscere qualche cosa su Pietro Spagnoli privato. Qual’è, per esempio, il tuo rapporto con la fotografia?
PIETRO SPAGNOLI
La fotografia è un “romanzo d’immagini”.
Quando ritraggo mi preme catturare il privato, lo sconosciuto del personaggio che sto fotografando, può essere qualcosa d’impalpabile, ma se riesco ad entrare in confidenza alla fine si nota.
Poi c’è il racconto del mondo che mi trovo intorno. Per esempio quando ero a Santiago del Chile l’anno scorso, mi appassionai ai cani randagi della città e feci un piccolo reportage che chiamai I RANDAGI DI SANTIAGO.
Sono foto fatte con lo smartphone, perché le carpivo per la strada mentre andavo al lavoro e non avevo sempre con me la camera fotografica.
A New York ho cercato “PEOPLE OF NEW YORK. Personaggi unici che popolano quelle vie. New York è una città ricchissima di umanità.
OPERAWORLD
Mi piacerebbe concludere questo incontro con alcuni versi tratti da una tua composizione intitolata LA SOLITA GIORNATA
«Vado in scena, parto e tremo per l’onda che m’arriva.
Tengo fermo fiato e cuore per la platea silente e viva.
Rivendico l’arte mia chiedendone conferma
con l’applauso che parte ed il mondo che si ferma.»
Carissimo Pietro, grazie mille per averci lasciato viaggiare insieme a te.
Intervista fatta il 4 novembre 2014 nel Teatro Real di Madrid