Festival Verdi, Teatro Regio di Parma. 16/28 ottobre 2014
In una Parma ancora sconvolta dall’alluvione della settimana precedente, la rappresentazione della prima opera in cartellone di questo prestigioso ma ormai striminzito Festival verdiano è stata disturbata da uno sciopero nazionale che ha coinvolto anche i macchinisti del Teatro, costringendo la direzione a mandare in scena un’opera di quasi quattro ore in forma di concerto tra le proteste del folto pubblico straniero venuto appositamente. Applaudite le parole dell’amministratore esecutivo Carlo Fontana che manifestava amarezza e delusione per uno sciopero che cadeva in giorni così delicati per la città emiliana. Abbiamo però, grazie al solerte Ufficio Stampa, potuto assistere anche alla recita del 28 ottobre, ultima data in cartellone, rappresentata senza alcun intoppo.
La grave crisi economica che ha attanagliato il Comune di Parma e di conseguenza il prestigioso Teatro Regio, ha menomato quello che fin dalla nascita era uno dei Festival lirici più attesi e amati della penisola. Un cartellone di eventi in cui però compare quest’anno una sola opera (l’altra, La Traviata viene presentata a Busseto con i vincitori del Concorso Voci verdiane): La forza del destino, nell’allestimento del Festival 2011 per la regia, scene e costumi di Stefano Poda, che già due anni fa venne accolta con molta freddezza dal pubblico parmigiano. La visione del regista immerge l’opera in un buio pesante ed ossessivo che tende via via a far perdere la freschezza della pagina verdiana per una pesantezza d’insieme in cui non trovano spazio né la dimensione mistico/spirituale del testo né le pagine leggere e umoristiche che rendono così caratteristica quest’opera. Gli stessi personaggi, ingabbiati da pesanti costumi neri (ad eccezione del cappotto di Preziosilla), sembrano vivere in una staticità che li rende granitici, fissati in pose plastiche con il gesto ridotto al minimo e l’oggetto scenico per lo più assente. Ne consegue un grande tableau vivant, senza corpo e senza anima. Le cupe scene si compongono esclusivamente di muri neri in cui gravitano due pareti mobili che rappresentano in seguito sia il palazzo di Calatrava, sia l’osteria di mastro Trabuco che il convento degli Angeli. Le luci la fanno da padrone, smorzando ogni tanto quella cupezza d’insieme che trasmette tutta l’opera. Indubbiamente una visione onirica di questo dramma in cui le tinte fosche finisco per prevaricare sulla luce della Fede e della Speranza che è così magnificamente espressa anche in musica. Una visione in cui troppi sono i significati misteriosi in cui lo spettatore deve districarsi, basti pensare la palla gigantesca che Alvaro spinge qua e là mentre prega l’amata creduta morta, oppure la spada scagliata dall’alto alla morte di Leonora, che giunge quasi a distogliere l’attenzione dal momento solenne. Certamente si nota l’alto valore artistico della produzione e della raffinatezza dell’insieme, ma non si può ignorare che tutto sommato appare come una regia stantia e già troppo vista.
La direzione del maestro Jader Bignamini riesce a dare slancio e fluidità al testo verdiano con note intellegibili e mano ferma. La regia sembra a volte influire anche sulla sua mano che in certi momenti perde colore e sfumature, infatti nella serata in forma di concerto ci è sembrata più leggera e disinvolta, le note che uscivano erano più calibrate e molto meno appesantite senza nessuna caduta. Nondimeno la sua è stata una direzione precisa e convincente, nonostante la complessità della partitura e la Filarmonica Toscanini che tendeva ad uscire dalle righe.
Cast d’eccezione che è riuscito a dare un colore al grigiore di questo allestimento.
Roberto Aronica è stato un bravissimo Don Alvaro, ha unito il temperamento del personaggio ad una voce sempre agile e vigorosa, con acuti ineccepibili, incisivo e coinvolgente.
Virginia Tola non ha convinto fino in fondo. Il ruolo di Donna Leonora non gli è congeniale per la sua voce e ne perde il fraseggio e il colore. Da lodare per la presenza scenica e per l’impegno profuso.
Luca Salsi è un quasi perfetto Don Carlo; indubbiamente qualche appunto si potrebbe fare, ma rimane una prova decisamente convincente, il colore è giusto, il fraseggio corretto ed è pienamente nel personaggio.
Convince decisamente Michele Pertusi nel Padre Guardiano. Pertusi, che gioca in casa, fa risaltare la sua nota voce elegante e la sua autorevolezza raffinata. Riesce a dare al personaggio quella espressività e quel tono di santità che gli è proprio.
Disinvolta e pienamente nel ruolo anche vocalmente Chiara Amarù in Preziosilla. La tecnica salda e sicura le permettono agilità non comuni e la presenza scenica fa il resto.
Roberto De Candia affronta con disinvoltura il ruolo di fra Melitone, anche se il personaggio avrebbe meritato – con un cantante di tale fatta – uno sguardo più comico. Voce matura e piena, dal bel timbro baritonale.
Bravo e autorevole anche Simon Li nel Marchese di Calatrava. Convincente e ironico Andrea Giovannini in Mastro Trabuco.
Ben preparato dal maestro Salvo Sgrò, il Coro del Teatro Regio ha dato una prova sufficiente, non certamente alla sua altezza.
Mentre la serata del 16, con lo spettacolo in forma di concerto, il Teatro risultava mezzo vuoto, la serata del 28 aveva il tutto esaurito, con un pubblico intenzionale attento e partecipe. Mentre il cast è piaciuto qualche perplessità ha suscitato la regia.
Marchese di Calatrava Simon Lim
Donna Leonora Virginia Tola
Don Carlo Vargas Luca Salsi
Don Alvaro Roberto Aronica
Preziosilla Chiara Amarù
Padre Guardiano Michele Pertusi
Fra Melitone Roberto De Candia
Curra Raffaella Lupinacci
Un alcade Daniele Cusari
Mastro Trabuco Andrea Giovannini
Un chirurgo Gianluca Monti
Maestro Concertatore e direttore Jader Bignamini
Regia, scene, costumi, coreografie, luci Stefano Poda
Maestro del Coro Salvo Sgrò
Filarmonica Arturo Toscanini – Coro del Teatro Regio di Parma
Allestimento del Teatro Regio di Parma
Mirko Bertolini