12/10/2014. Teatro Lirico, Cagliari
Seducente e fiera, “Tosca” ritorna sulla sul palcoscenico del Teatro Lirico di Cagliari nel raffinato allestimento del Teatro Regio di Parma, con regia di Joseph Franconi Lee, da un’idea di Alberto Fassini (scene e costumi sono di William Orlandi e il disegno luci di Roberto Venturi) che restituisce la temperie culturale di un’epoca, tra fasti e nefasti della Roma pontificia dopo la breve parentesi repubblicana. La sensuale e capricciosa eroina del celebre melodramma di Giacomo Puccini – in un intrigante meccanismo metateatrale, quasi un gioco di specchi tra arte e vita – è una celebre cantante, fulgida diva sulla scena e donna appassionata e gelosa, creatura sensibilissima e dotata di una accesa e pericolosa immaginazione, ma ignara della politica e dei giochi di potere e, forse perché protetta dall’aura della sua fama, della ferocia della repressione. Il suo talento e il suo sicuro istinto d’artista, capace di interpretare con verità di accenti i sentimenti e gli stati d’animo dei suoi personaggi, la rendono invincibile in teatro ma a nulla valgono nel quotidiano dove ella non è abituata a dissimulare né a fingere, ma anzi svela tutta la sua fragilità, il fuoco d’amore e l’ansia per i tradimenti. La sua fede ingenua e autentica, la devozione ai santi e alla Chiesa, la sua generosità verso i più sfortunati si contrappongono alla malizia e alla crudeltà del mondo: il suo amante, il pittore Mario Cavaradossi, di simpatie bonapartiste, scegliendo di tenerla all’oscuro la rende duttile strumento nelle mani del capo della polizia, e il barone Scarpia può agevolmente far leva sulla gelosia di lei per farne l’incauto sparviero di una vera caccia all’uomo.
Protagonisti sulla scena – nella prima cagliaritana del 3 ottobre – il soprano Svetla Vassileva, artista dotata di temperamento e spiccata sensibilità, che regala a Tosca mutevoli accenti, dalla sonorità piena e quasi solare del registro medio, alle sfumature drammatiche con punte quasi espressionistiche negli acuti, e soprattutto nei toni più bassi, con un effetto quasi di straniamento; e Aquiles Machado nel ruolo di Cavaradossi, che pur con una vocalità interessante e plastica sembra privilegiare tinte chiaroscurali, quasi a sottolineare una qualità d’eroe moderno a fronte di quello più suisitamente romantico. Infine Claudio Sgura è un eccellente Scarpia, sia per la presenza scenica ben calibrata dalla regia nel gioco delle altezze, con un certo tocco istrionico che s’attaglia a questo principe del male, sia soprattutto per l’assoluta padronanza e perfezione canora nel dar risalto a un personaggio inquietante, incarnazione del vizio e delle peggiori nefandezze, ma non privo di fascino, pienamente descritto nella partitura pucciniana.
Completano il cast Deyan Vatchkov nella parte di Angelotti, Armando Gabba nei panni del Sagrestano e Gustavo De Gennaro in quelli di Spoletta, mentre Sciarrone è Francesco Musinu; e ancora due giovani talenti isolani: Francesco Leone (un carceriere) e Elena Marchi (un pastorello). Nel secondo cast, Tosca è Viktoria Yastrebova; il cavalier Cavaradossi, Massimiliano Pisapia; il barone Scarpia, Leo An; mentre Alessandro Abis interpreta Cesare Angelotti.
Sul podio, Gianluigi Gelmetti alla guida dell’Orchestra e del Coro del Teatro Lirico di Cagliari, e del Coro di voci bianche del Conservatorio Statale di Musica “Giovanni Pierluigi da Palestrina” di Cagliari (istruito da Enrico Di Maira); il maestro del coro della Fondazione è Marco Faelli.
La poesia e la bellezza, di cui Tosca è simbolo, s’infrangono contro la durezza e la spregiudicatezza dei tutori della legge, custodi del potere temporale della Chiesa, fino all’inevitabile tragedia, in un susseguirsi di colpi di scena, magistralmente sottolineati dalla musica che alterna tempesta e quiete. Arte e storia s’intrecciano in una ricostruzione insieme filologica e fantastica, dove la magnificenza barocca della Basilica di Sant’Andrea della Valle nel primo atto lascia il posto all’austera dimora di Scarpia, in cui i simboli del sacro e perfino l’iconografia della “Crocifissione di San Pietro” di Guido Reni offrono un cupo rimando al clima e i metodi della Santa Inquisizione; e infine la desolazione del carcere tra le mura di Castel Sant’Angelo si tinge di rimpianto e di speranza, poi di tenerezza e passione nell’ultimo incontro tra gli amanti, preludio al compiersi del dramma.
La narrazione si dipana tra arie e duetti, recitativi e preghiere in una perfetta fusione di parole e note che definiscono il tema delle singole scene e il carattere dei personaggi – dall’apparente bonomia del sacrestano all’inizio, che si traduce in feroce odio contro i francesi al termine del primo atto; alla tensione e lo sfinimento di Cesare Angelotti, ex console della repubblica romana in fuga dalla fortezza; e poi il servilismo e la paura, e l’animo infido degli sgherri e magistrati, “esecutori di ordini” di rara inumanità. Trionfa il temperamento ardente di Tosca, con improvvisi slanci e altrettanto rapidi pentimenti di una donna capace di furia insensata e estrema tenerezza; e accanto a lei la tempra del cavalier Cavaradossi, coerente nei suoi principi fino a sfidar la morte e le torture, per poi disperarsi per la felicità perduta nell’ora della fine; e ancora emerge in tutta la nera grandezza ed efferatezza del male, la figura del barone Scarpia, laido seduttor per forza, incapace di pietà e rimorso, indagatore di fatti e fine conoscitore dell’animo umano, però vittima del suo stesso vizio e ucciso alfine, per beffa, da una donna.
L’intero dramma è pervaso da un’ironia tragica: ciascuno è vittima e artefice d’inganni, ognuno sfiora la vittoria e protendendosi ad afferrare un istante di felicità, la vede svanire per sempre; Scarpia forte di un diritto di vita e morte sui prigionieri, compie ricatti, si lascia corrompere, mente fin all’ultimo ma vede sfuggir la vita e la vittoria per mano di colei che credeva vinta e ormai sua preda; e se Cavaradossi al contrario può prendersi a caro prezzo la soddisfazione di plaudire alla vittoria di Marengo, conosce l’amarezza di un vano sacrificio, superato in astuzia e perfidia dai ben noti nemici. Tosca – eroina suo malgrado, assassina del tiranno ma pur sempre causa involontaria della cattura e della condanna del suo amante, costretta ad assistere a una finzione che diventa tremenda realtà, sia pure con una vendetta consumata in anticipo – si lancia in un ultimo volo, sfuggendo alle mani degli inseguitori, sullo sfondo di un cielo infuocato, simbolo dell’aurora di un’era futura.
Triangolo fatale, nodo di passioni inestricabili, tradotte in musica da Puccini – al termine di una genesi quanto mai travagliata – su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, dall’omonima pièce teatrale di Victorien Sardou: “Tosca” contrappone ragion di stato e ragioni del cuore, il rigore delle leggi alla compassione, sullo sfondo di una rivoluzione incompiuta su cui si staglia, qui rafforzata in una sapiente iconografia del sacro – e del profano – l’idea dell’arte come riflesso dell’anima, simbolo di purezza di cuore e ansia di libertà.
Floria Tosca Svetla Vassileva
Mario Cavaradossi Aquiles Machado
Il barone Scarpia Claudio Sgura
Cesare Angelotti Deyan Vatchkov
Il Sagrestano Armando Gabba
Spoletta Gustavo De Gennaro
Sciarrone Francesco Musinu
Un carceriere Francesco Leone
Un pastorello Elena Marchi
maestro concertatore e direttore Gianluigi Gelmetti
maestro del coro Marco Faelli
maestro del coro di voci bianche Enrico Di Maira
regia Joseph Franconi Lee, da un’idea di Alberto Fassini
scene e costumi William Orlandi
luci Roberto Venturi
Orchestra e Coro del Teatro Lirico di Cagliari
Coro di voci bianche del Conservatorio Statale di Musica «Giovanni Pierluigi da Palestrina» di Cagliari
allestimento del Teatro Regio di Parma
Anna Brotzu