Un Ballo in Maschera. Verdi. Verona

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Festival dell’Arena di Verona, 11 luglio 2014

Le neoclassiche ed imponenti scene non posso che non rimandare alla inconfondibile mano del maestro Pier Luigi Pizzi, a cui la Fondazione dell’Arena ha incaricato questo nuovo allestimento di Un ballo in maschera, titolo assente dal palcoscenico areniano da ben sedici anni. Ispirata ad un libretto che Scribe aveva scritto per Auber (Gustave III ou Le Bal masqué), trattava dell’assassinio di Gustavo III di Svezia avvenuto nel 1792 durante un ballo mascherato. Nel 1857 Verdi chiese a Somma di tradurre il libretto e di ridurlo a tre atti. La censura napoletana, però, bocciò, per motivi politici e di ordine pubblico, il libretto: un regicidio era quanto mai inopportuno per i tempi risorgimentali. Sciolto il contratto col San Carlo, Verdi propose l’opera al Teatro Apollo di Roma, dove la censura papalina era molto più accomodante, con la sola condizione che la vicenda non fosse ambientata in Europa. Nacque allora Un Ballo in maschera, ambientato negli Stati Uniti. Fin dalla prima rappresentazione, avvenuta il 17 febbraio 1859 Un Ballo in maschera ottenne un grande successo.

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Il maestro Pizzi, ispirandosi all’architettura georgiana, realizza una scena unica con tre padiglioni, quello di sinistra è lo studio di Riccardo, quello centrale un loggiato apribile con doppia fila di colonne; quello di destra una sala della casa di Renato. Il loggiato centrale unisce idealmente i due ambienti ed è lo spazio per le scene corali, per poi aprirsi e far comparire l’antro di Ulrica e l’orrido campo dove Amelia dovrà raccogliere l’erba magica. Lo stile di Pizzi è pulito e raffinato e posticipa la vicenda di un secolo, all’alba della rivoluzione americana. Il bianco è il colore dominante della scenografia a cui fanno da contrasto i bellissimi costumi giocati sul nero, il bianco e il rosso con un’alternanza di colori forti e vistosi; spicca il costume rosso del paggio Oscar e quello della maga Ulrica, anch’esso rosso con applicazione di piume nere. Un allestimento decisamente tradizionale, come piace al pubblico dell’Arena, ma con poca tensione drammatica.  Manca l’azione, non c’è un’idea drammaturgica, i caratteri vengono appena abbozzati, le masse danno l’idea troppo accentuata di staticità. La simmetria esasperata la fa da padrona in questi tableau vivant, sfoggiando un impianto maestoso, ma scarno ed troppo asettico nei suoi contenuti. I due elementi, poi che stonano in questa messinscena sono: l’antro di Ulrica, privo di qualsivoglia elemento suggestivo e di atmosfera, così come l’insignificante ed elegante orrido campo, dove di orrido vi sono solo il paio di alti cipressi in plastica. L’effetto complessivo è sicuramente di grande suggestione, ma non tutto convince e lascia perplessi: la mancanza di forza espressiva tipica di questa opera. Non sono mancati i momenti molto spettacolari, atti dovuti al pubblico dell’Arena, ovviamente generosamente applauditi come i fuochi d’artificio nell’atto finale, ma tutto qui.  Le stesse coreografie di Renato Zanella sono risultate esclusivamente un povero contorno con elementari passi di danza classica, in  lussuosi costumi tipici della corte francese del Re Sole. Anche le luci, realizzate da Vincenzo Raponi, si sono rivelate piuttosto impersonali. L’opera si chiude con un grande manto nero che viene adagiato sul corpo di Riccardo, le tenebre si impongono alla luce…

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La direzione del giovane maestro Andrea Battistoni è a grandi linee positive, nonostante lo scollamento tra buca e palcoscenico e la difficoltà a dare corpo e forma all’Orchestra dell’Arena decisamente non in serata. L’esecuzione ha risentito  di un’eccessiva dilatazione dei tempi, anche se Battistoni è riuscito nel dedicare ottimi abbandoni lirici e ad ottenere suoni caldi e morbidi.

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Ottimo il cast, veramente degno delle glorie dell’Arena.

Francesco Meli in Riccardo è stato il vero protagonista della serata. Il ruolo di Riccardo è il suo miglior personaggio verdiano e si può ben dire che rimane ad oggi uno dei migliori interpreti di questo ruolo. Meli dimostra un canto elegante, sorretto da una dizione incisiva. La voce calda e gli acuti imponenti e mai urlati, emissione sicura, fanno di lui un personaggio credibile e intenso.

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Pienamente nel ruolo Hui He in Amelia, per cui possiede una vocalità adatta, voce rotonda e morbida, di grande spessore. Ha scarseggiato però nel fraseggio e nella tensione drammatica. Il timbro seducente si è dimostrato molto più a suo agio nelle parti intimiste.

Discreta la prova di Luca Salsi in Renato. Nonostante la bella ed importante voce, ha ecceduto in stento-reità, perdendo di vista le sfumature del personaggio. Con la voce densa e solida che si ritrova e di cui ha dato prova, avrebbe dovuto curare  meglio il fraseggio e ammorbidire la rudezza della recitazione.

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Ottima caratterizzazione dell’Ulrica di Elisabetta Fiorilli, anche se da un punto di vista vocale ha presentato qualche difficoltà. Nonostante le imponenti note di petto gravi e ampie, il resto dell’emissione non è uniforme e presenta difficoltà nel passaggio di registro.

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Piena di brio e di disinvoltura l’Oscar di Serena Gamberoni. Vocalità brillante con una emissione di tutto rispetto, senza essere mai pungente; delinea il personaggio con una espressività canora degna di menzione, unita ad una interpretazione brillante e atletica.

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Tra i comprimari va segnalato l’ottimo Silvano di William Corrò.

Sempre molto bravo il Coro dell’Arena diretto dal maestro Armando Tasso.

Meritati applausi per tutti, ovazioni per Meli He e Gamberoni. L’Arena presentava molti posti vuoti,  indubbiamente il titolo non è tra i più conosciuti del solito pubblico e forse si presta poco a quegli effetti speciali che caratterizzano il Festival lirico dell’Arena.

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Riccardo                                 Francesco Meli
Renato                                    Luca Salsi
Amelia                                    Hui He
Ulrica                                     Elisabetta Fiorillo
Oscar                                      Serena Gamberoni
Silvano                                   William Corrò
Samuel                                   Seung Pil Choi
Tom                                        Deyan Vatchkov
Un giudice                             Antonio Feltracco
Un servo di Amelia                Saverio Fiore

Direttore                                 Andrea Battistoni      
Regia, scene e costumi           Pier Luigi Pizzi          
Coreografia                            Renato Zanella          
Lighting designer                   Vincenzo Raponi                                                                          

 

Maestro del Coro                         Armando Tasso         

Orchestra, Coro e Corpo di Ballo dell’Arena di Verona

Nuova Produzione

 

Mirko Bertolini