La Africana. Meyerbeer. Venezia

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“L’AFRICAINE”

Opera in cinque atti

Libretto di Eugène Scribe

Musica di Giacomo Meyerbeer

 

Il teatro la Fenice di Venezia inaugura la stagione 2013/2014 festeggiando i 150 anni della morte di Mayeberbeer, con la messa in scena deL’Africaine : opera complessa andata in scena postuma che non è mai riuscita ad entrare nel repertorio tradizionale.

L’Opera si apre con il  Consiglio della Corona portoghese ( siamo a Lis, composto dall’ammiraglio don Diego, dal nobiluomo Alvaro, dal grande Inquisitore, da vescovi e nobili e presieduto dal potente don Pedro. L’argomento è la conquista di nuove terre oltremare al regno del Portogallo, secondo i desideri del re stesso.

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Incombe sul consiglio la sfortunata spedizione verso il Capo delle Tempeste (divenuto poi Capo di Buona Speranza) diretta dall’ammiraglio Bartolomeo Diaz, scomparso con tutti i componenti della spedizione in un naufragio. Inaspettatamente, si apprende che la sfortunata spedizione ha avuto un superstite in Vasco de Gama, del quale è innamorata Inés, figlia dell’ammiraglio don Diego, che lo aveva ormai dato per spacciato.

Vasco viene introdotto ed invitato a parlare al consiglio. Questi perora caldamente l’invio di una seconda spedizione, magnificando le possibilità di conquista di terre favolose ed a riprova delle sue affermazioni, presenta due schiavi catturati durante la spedizione del Diaz e scampati anch’essi alla cattiva sorte: Sélika, regina di una popolazione indigena ed il suo servo Nélusko.

Ma il consiglio non solo respinge le proposte del de Gama, ma lo fa addirittura imprigionare con i suoi due schiavi. In prigione Sélika, che si è nel frattempo innamorata di Vasco, si offre, in cambio del suo amore, di condurre il navigatore alle terre agognate, delle quali è regina. Tutto ciò con gran scorno di Nélusko, innamorato della sua regina, che medita vendetta. Ne ha l’occasione allorché Inés ottiene la scarcerazione di Vasco, il quale dimentica l’indigena per la sua antica fiamma.

Se non che l’ammiraglio don Diego ha promesso in sposa la figlia Inés al potente don Pedro il quale, impossessatosi delle carte nautiche del de Gama, ha armato un veliero con lo scopo di doppiare per primo il Capo delle Tempeste e conquistarsi così la gloria. Sul veliero sono imbarcati anche Inés, Sélika ed il vendicativo Nélusko che, all’approssimarsi della grande prova, prega il dio del mare affinché faccia affondare l’imbarcazione. Don Pedro e Nélusko restano tuttavia entrambi delusi al comparire di un altro veliero portoghese, comandato da Vasco de Gama che ha già doppiato il capo (e lo ha pure ribattezzato Capo di Buona Speranza) e che giunge ad offrir loro aiuto.

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Don Pedro ordina ai suoi di eliminare l’intruso ma interviene Sélika in sua difesa minacciando di uccidere Inés: Vasco ha salva la vita ma Sélika viene condannata a morte.

Buon per lei che sopraggiunga un’orda di indiani, i quali attaccano i portoghesi e li massacrano, riconoscendo poi in Sélika la loro regina. Durante le celebrazioni di festa per il ritorno della regina, gli indiani scoprono che un portoghese è scampato al massacro: Vasco de Gama. Per salvarlo Sélika giura che egli è suo sposo, invitando Nélusko a testimoniare la veridicità della sua affermazione: il povero servo, combattuto fra amore e gelosia finisce con l’assecondare obtorto collo la sua regina. Ma Inés era stata risparmiata e da un drammatico colloquio con Sélika nel palazzo reale, quest’ultima si rende conto che non può opporsi all’amore dei due portoghesi e quindi ordina che vengano imbarcati entrambi affinché possano tornare in patria.

Affacciatasi ad un promontorio, la sfortunata Sélika osserva l’amato andarsene definitivamente, quindi si toglie la vita annusando profondamente i fiori di un albero velenoso locale, il manzanillo.

 

La lunghezza e complessità dell’opera hanno portato ad operare svariati tagli alcuni dei quali  incomprensibili come il grande duetto finale fra le protagoniste, essenziale per comprendere la risoluzione della vicenda.

 

La direzione di Emmanuell Villaume, se pur inizialmente non  riesce  a dosare bene l’orchestra tanto da coprire  in alcuni momenti  le voci , va poi migliorando nel finale.  L’orchestra alle prese con una partitura complessa e cosi poco frequentata offre una prova consistente e nel complesso di alto livello.

Ottima la prova anche del coro preparato da Claudio Marino Moretti.

 

Sélika, principessa Indiana e non Africana, come suggerirebbe il titolo, ha trovato in Veronica Simeoni un’inteprete ideale che ha offerto una prova solida e di altissimo livello. Brava nell’aria del sonno del secondo atto, nonostante il regista abbia fatto di tutto per confonderla e far distogliere l’attenzione dalla musica. Ma è soprattutto nel finale che la Simeoni regala, grazie alla sua voce calda e molto musicale, grandi emozioni al pubblico meritandosi delle autentiche ovazioni.

 

Splendida prova anche quella di Jessica Pratt nel ruolo di Ines, anche se non si capisce per quale motivo si scritturi un soprano di tale livello per poi falcidiarle la parte. In questo modo si priva così il pubblico del piacere di poterla ascoltare in una grande aria e, soprattutto, nel grande duetto finale con la protagonista. Nell’aria di ingresso e nei concertati la Pratt è stata come al solito sublime. Certo che se avesse cantato di più nessuno se ne sarebbe rammaricato anzi, visto i prezzi dei biglietti, ne avrebbe avuto per quello che ha speso.

 

Gragory Kunde è stato straordinario nella parte di Vasco De Gama, palesando una sicurezza vocale ed una tecnica perfetta che lo rende probabilmente il miglior tenore in circolazione in questo momento. Mai un urlo, mai una indecisione: la sua voce scorre fluida e naturale come se quello che facesse fosse la cosa più normale del mondo.

 

Angelo Veccia ha dato vita ad un buon Nélusko mettendo in mostra una ruvidezza vocale ed una potenza perfetti per la parte, ma è stato capace anche di morbidezza nel bellissimo finale.

 

Di alto livello anche i comprimari, soprattutto Luca Dall’Amico nel ruolo di Don Pedro, Emanuele Giannino nel ruolo di Don Alvar, Rubén Amoretti in quello del Grand prêtre de Brahma e Anna Bordignon nella parte di Anna.

 

Completavano il cast Davide Ruberti – Don Diego, Mattia Denti – Il Grande Inquisitore, Giovanni Deriu – un usciere, Carlo Agostini – un marinaio, Dionigi D’Ostuni – un marinaio di vedetta e Ciro Passilongo – un sacerdote.

 

La regia di Leo Muscato ha il grande merito di non voler inventare nulla di straordinario ma di cercare di narrare i fatti nell’ambientazione giusta senza trovate sensazionalistiche, cosa che al giorno d’oggi è una rarità ed un grande merito. Scade però nel momento in cui, nell’atto della prigione, mentre la protagonista intona la sua grande aria il regista si adopera per togliere l’attenzione da lei con una controscena confusa. Controscena in cui avviene di tutto compreso una specie di tortura ad una carcerata che assomiglia alla bambola Barbie, dimostrando così poco rispetto sia per la Simeoni, che dovrebbe concentrarsi vista la difficoltà del momento, sia verso la musica di Mayeberbeer.

Semplici le scene Massimo Checchetto, con il difetto che per essere minimalista aveva dei cambi scena troppo lunghi.

 

Nel complesso comunque una grande serata ed un trionfo per tutti i protagonisti.

 

 

Inès                                                         JESSICA PRATT

Sélika                                                     VERONICA SIMEONI

Vasco de Gama                                      GREGORY KUNDE

Don Alvar                                               EMANUELE GIANNINO

Nélusko                                                 ANGELO VECCIA

Don Pédro                                              LUCA DALL’AMICO

Don Diego                                                DAVIDE RUBERTI

Le grand inquisiteur de Lisbonne             MATTIA DENTI

Le grand-prêtre de Brahma                       RUBEN AMORETTI

Anna                                                        ANNA BORDIGNON

 

 

Direttore                                                   Emmanuel Villaume

Maestro del Coro Claudio                           Marino Moretti

Regia                                                        Leo Muscato

Scene                                                        Massimo Checchetto

Costumi                                                     Carlos Tieppo

Light designer                                             Alessandro Verazzi

Video designer                                           Fabio Iaquone, Luca Attilii

 

Orchestra e Coro del Teatro La Fenice

 

Nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice

nel 150° anniversario della morte di Giacomo Meyerbeer

 

Domenico Gatto