La Cenerentola al Teatro Filarmonico di Verona: fiaba antica e sempre nuova

La Cenerentola al Teatro Filarmonico di Verona: fiaba antica e sempre nuova
La Cenerentola al Teatro Filarmonico di Verona: fiaba antica e sempre nuova

Grande successo e teatro pieno per un allestimento fresco, giovane e nel solco della tradizione de La Cenerentola di G. Rossini che ha visto tra i cantanti il meglio dei solisti dell’Accademia del Teatro alla Scala.

Una Cenerentola di G. Rossini brillante e colorata è stata accolta con positività dal pubblico veronese del Teatro Filarmonico, che per la serata era felicemente affollato. Una Cenerentola che proviene dal Pafos Aphrodite Festival 2015 in una collaborazione con Opera Futura, affidata alla regia di Paolo Panizza, che proprio da Verona aveva mosso i primi passi nella carriera. Panizza riesce a portare sul palcoscenico una fiaba, un racconto semplice ma visivamente caldo e divertente. Le scene di Franco Armieri sono stilizzate e geometriche, composte da pochi elementi colorati che rendono con efficacia l’ambientazione, accentuando l’aspetto fiabesco del tutto. Case che sembrano uscite da un film disneyano, scale che si intrecciano e finiscono nel nulla, un immenso camino da cui esce Don Magnifico; una carrozza fiabesca composta da led che ci riporta alle fantastiche favole di quando eravamo bambini. In questa ambientazione caratterizzata anche da tinte pastello, si muove la vicenda; Panizza riesce con particolare raffinatezza e leggerezza a fare emergere il lato buffo dell’opera rossiniana. Abbandona ogni valenza sociale e psicologica per curare con semplicità la narrazione con gusto e sagace ironia; tutto è divertente e i cantanti sono messi nelle condizioni di recitar bene e fare emergere la loro dose di comicità. Ponderati ed efficaci i movimenti di danza del Corpo di ballo dell’Arena su coreografie di Lino Villa. Senza dubbio Panizza ha privilegiato il lato fiabesco e comico più che una eccessiva introspezione dei personaggi, una visione piuttosto statica e tradizionale, ma il tutto è gestito con armonia e passione, senza stravolgimenti o interpretazioni eccessive, in piena sintonia con lo spartito rossiniano. Anche la scelta dei costumi settecenteschi, ben curati da Valerio Maggioni, contribuisco a portare lo spettatore in un mondo surreale che ricorda vagamente il famoso cartone di Disney. Senza dubbio Panizza e collaboratori si sono avvalsi di questo come ispiratore per il loro lavoro. Una regia che piace, che si apprezza e che diverte.

La Cenerentola al Teatro Filarmonico di Verona: fiaba antica e sempre nuova
La Cenerentola al Teatro Filarmonico di Verona: fiaba antica e sempre nuova

Il maestro Sebastiano Rolli tiene tempi dilatati per accentuare la vena malinconica dello spartito. Come lo stesso maestro ha sottolineato nella presentazione dell’opera, noi siamo abituati ad un ascolto di Cenerentola che non corrisponde al dettame rossiniano, ma al gusto del nostro tempo attuale. Rolli ha pertanto tentato di fare una lettura in questo senso. Alla guida di un’Orchestra dell’Arena non sempre in piena forma, il maestro Rolli ha faticato a mantenere coesione tra buca e palcoscenico, ma alla fine il risultato è stato positivo, riuscendo ad unire la tristezza meditativa di alcune pagine alla freschezza e dinamicità di altre.

Il cast vocale era composto, quasi per intero, dai giovani solisti dell’Accademia del Teatro alla Scala di Milano. Alcune vere sorprese, come la giapponese Aya Wakizono nel ruolo del titolo. Il suo personaggio è languido e passionale, riuscendo ad avere una bella voce brunita e corposa, sicura e con dizione perfetta. Non sempre efficace scenicamente, riesce però a rendere appieno Cenerentola. Pietro Adaini, che insieme a Simon Lim, non è tra i solisti dell’Accademia, riveste i panni di Don Ramiro. Sicuro nel ruolo rossiniano, si muove con destrezza, mostrando buoni acuti e buono squillo, la voce deve maturare e perdere alcune imperfezioni, ma la stoffa c’è. Modestas Sedlevicius è stato un bravo Dandini; bravo in scena e bella voce, ha affrontato il ruolo egregiamente, nonostante le difficoltà della partitura. Giovanni Romeo è un Don Magnifico molto bravo in scena, ma non sempre inappuntabile nel canto. Altrove abbiamo molto apprezzato Simon Lim, qui in Alidoro, ma il bravo basso coreano è voce verdiana e pur corretto e con voce elastica il personaggio non gli appartiene, si deve sottolineare che il suo repertorio è altro, repertorio in cui per altro eccelle. Brave e divertenti le due sorellastre Cecilia Lee in Clorinda e Chiara Tirotta in Tisbe.

Applausi sostenuti a tutti per uno spettacolo godibilissimo.

Mirko Bertolini