Apre con un grande successo la stagione lirica 2015-16 del Teatro Filarmonico di Verona, riuscendo ad incantare il folto pubblico con La Forza del destino, grazie ad un ottimo cast e alla avvincente regia di Pier Francesco Maestrini.
L’annuale festa patronale di Santa Lucia segna, per Verona, l’inizio della stagione lirica del Teatro Filarmonico. Nonostante le difficoltà economiche che la Fondazione Arena di Verona sta incontrando, il cartellone del Filarmonico risulta essere ricco di sorprese, come lo è stata questa Forza del destino di Giuseppe Verdi. Il regista Pier Francesco Maestrini, a cui è stato affidato lo spettacolo, è all’avanguardia per l’utilizzo delle videoproiezioni in 3D e per le innovazioni tecnologiche. Lo ha dimostrato in pieno in questo allestimento proveniente dal Slovene National Opera, che è riuscito a rendere affascinante e in piena sintonia con il libretto verdiano. Maestrini si concentra proprio su questo per definire la regia; Piave, nello scrivere il libretto per Verdi, traendolo da un romanzo dello scrittore spagnolo Ángel Saavedra, realizza molti vuoti temporali nella narrazione, che parte da un prologo in cui, con l’omicidio involontario del Marchese di Calatrava, si raccontano gli antefatti. La regia realizza in modo originale una continuità narrativa, ponendo la famosa sinfonia dell’opera (ricordiamo realizzata per la versione milanese del 1869) non all’inizio ma dopo il primo atto, in modo che lo stacco temporale sia più evidente. Non solo, ma durante l’esecuzione della Sinfonia vengono proiettate sul palcoscenico, come in film, ciò che manca nell’opera, cioè la fuga di don Alvaro e quella di Leonora, il ritorno a casa di don Carlo e i suoi viaggi in cerca della vendetta, la separazione di Leonora e Alvaro e infine l’arruolamento di questo nell’esercito spagnolo; elementi che si traggono proprio dal libretto nelle narrazioni successive dei personaggi. Questa libertà registica non solo non stona, ma è veramente avvincente, pur peccando di stravolgere il quadro generale della partitura. Ma quello che colpisce maggiormente in questa regia è l’utilizzo in modo veramente opportuno delle videoproiezioni in 3D, che sostituiscono in modo egregio e con maggior economia le scene tradizionali. Pertanto lo spettatore sembra entrare lui stesso negli ambienti creati dallo scenografo Juan Guillermo Nova, utilizzando pochissimi elementi mobili (in pratica solo il grande Crocifisso della chiesa degli Angeli), ma ricchi di particolari proiettati. Le varie ambientazioni delle scene provengono da ambienti veri, ricostruiti con proiezioni perfette e con una profondità che sembrano vivi, senza contare poi le ottime luci, come per la stanza del palazzo del Marchese di Calatrava, poi per la penombra dell’osteria oppure per il magnifico spettacolo dell’interno della chiesa, senza contare il campo di battaglia… scene che sembrano fotografie d’autore per i colori e la disposizioni delle luci, aggiungendosi poi l’effetto visivo del 3D. La regia di Maestrini è tradizionale, in cui questo termine è portato alla somma perfezione stilistica, nulla è lasciato al caso, in un affresco in cui le pennellate mettono in risalto anche i più piccoli particolari; molto belli, appropriati e curati i costumi di Luca Dall’Alpi. Maestrini ha escluso inutili e capziose introspezioni psicologiche per rendere un allestimento vivo e realistico, forte della narrazione scenica e dell’ottimo livello dei cantanti. Elegante e raffinato, lo spettacolo non solo non risulta noioso, ma coinvolge a tal punto lo spettatore che le oltre tre ore (senza contare gli intervalli) scorrono via velocemente in un piacere per gli occhi e per le orecchie, in quanto anche le voci dei cantanti hanno assecondato questo bellissimo spettacolo.
Una direzione avvincente e sicura caratterizza il giovane maestro israeliano Omer Meir Wellber, che mette in risalto i colori della partitura e cerca (non sempre riuscendo appieno) di tenere i contatti col palcoscenico. Wellber riesce a far emergere dalle note verdiane una forza e una passione notevole, con attenzione alle sfumature, senza mai soverchiare le voci in un suono omogeneo e pastoso con suoni conformi a questa struttura musicale, riuscendo a coinvolgere e catturare il pubblico in quella che senza dubbio è una delle Sinfonie più conosciute. Hui He è una Leonora dolce e passionale, mistica e accorata; vocalmente è di una forza notevole, facendo emergere colori e rifiniture eccelse. La voce è rotonda e morbida, non sempre efficace però nell’intonazione, ma il ruolo è ostico e nonostante questo offre momenti di intenso lirismo come in “Pace pace mio Dio!”. Pienamente nel personaggio, è riuscita a conquistare, meritatamente, il pubblico. Dalibor Jenis, riveste il ruolo di Don Carlo di Vargas. Il baritono slovacco, nonostante qualche difficoltà di dizione, dimostra di essere in pieno nel personaggio; la voce è possente, espressiva e brunita, corretta e con una buona presenza scenica, dovrebbe però migliorare nella coloritura. Walter Fraccaro è appieno nel ruolo di Don Alvaro; possiede un bel timbro esteso e per la superba forza di carattere che imprime al personaggio risulta essere corretto nonostante qualche difetto trascurabile. Spigliata e brillante Chiara Amarù in Preziosilla. Il mezzosoprano conquista il pubblico per la sua verve ma anche per la voce duttile e sicura dal timbro caldo e brunito. Autorevole, ieratico e grave il Padre Guardiano di Simon Lim, con ottima voce corposa; di contraltare frizzante, spigliato e divertente il Fra Melitone di Gezim Myshketa dalla voce limpida e omogenea. Buona la prova degli altri comprimari che completano il cast: Carlo Cigni nel Marchese di Calatrava, Milena Josipovic in Curra, Francesco Pittari in Mastro Trabuco, Gianluca Lentini nell’Alcade e nel chirurgo. Valide le coreografie di Renato Zanella per il Corpo di ballo dell’Arena. Ottimo l’intervento del Coro dell’Arena preparato dal maestro Vito Lombardi.
Pubblico entusiasta in un Filarmonico esaurito ha aperto questa promettente stagione lirica, auspicando che spettacoli simili siano sempre più frequenti.
Mirko Bertolini