La reggia di Caserta, una delle meraviglie architettoniche d’Europa, ha ospitato dal 4 all’11 luglio la rassegna Un’estate da Re: pur presentando solamente due titoli per tre date, l’evento ha avuto un grande impatto, per il valore degli interpreti e per la suggestione della cornice architettonica che l’accoglieva.
Il mini-festival, voluto dalla Regione Campania e organizzato insieme alla sovrintendenza del monumento vanvitelliano, aveva in programma la Nona Sinfonia di Beethoven e il Nabucco di Giuseppe Verdi, allestiti su un palco di 800 mq costruito per l’occasione in uno dei cortili della reggia.
Ha iniziato il 4 luglio sir Antonio Pappano che ha diretto Orchestra e Coro dell’Accademia di Santa Cecilia nella Nona di Ludwig van Beethoven. L’amplificazione con i microfoni, resa necessaria dal plein air, ha livellato e quasi annullato la ricchezza dei colori orchestrali, consentendo solo al coro finale e al grandioso “Inno alla gioia” di risaltare, com’era prevedibile. Il pubblico ha comunque sancito il pieno successo della serata.
L’interpretazione di Pappano nel primo movimento e in parte del secondo non era stata proprio perfetta, mancando tra le varie parti una coerenza stilistica ed esecutiva. Il direttore ha comunque mostrato il suo valore nel terzo movimento, eseguito con toccante lirismo, e soprattutto nel grandioso finale, a cui, insieme al coro, hanno contribuito i solisti Rachel Willis-Sorensen (soprano), Adriana Di Paola (mezzosoprano), Brenden Gunnell (tenore) e Thomas Tatzl (basso).
Per il Nabucco, Daniel Oren ha diretto un complesso vocale e strumentale di insolite dimensioni, composto dall’Orchestra, Coro e Corpo di ballo del Teatro di San Carlo di Napoli, dal Coro del Teatro Municipale “Giuseppe Verdi di Salerno”, dai ballerini e da dozzine di figuranti reclutati per l’occasione.
Uno spettacolo maestoso e si potrebbe dire “regale”, visti i luoghi in cui si dava, una rappresentazione grandiosa di un’opera che nell’immaginario collettivo rappresenta il melodramma italiano per eccellenza.
La regia di Stefano Trespidi è stata grande effetto visivo, aiutata in questo dalle scene imponenti di Alessandro Camera, perfettamente inserite nel contesto architettonico. I bei costumi di Giusi Giustino hanno favorito l’impostazione drammaturgica fedele al libretto voluta dal regista.
L’opera ha avuto inizio in ritardo, a causa delle proteste di un gruppo di spettatori che, pur avendo il biglietto, non erano stati fatti entrare perché i posti a sedere erano esauriti: evidentemente i biglietti omaggio erano stati gestiti male dall’organizzazione. Alla fine sono stati fatti accomodare tutti aggiungendo altre sedie, e lo spettacolo ha potuto incominciare.
I protagonisti questo Nabucco sono stati due; il direttore Oren, incontenibile sul podio come al solito, e un Leo Nucci in splendida forma, che si è imposto su tutti gli altri interpreti, per intensità drammatica, sicurezza di canto e anche per una forma fisica invidiabile per cui senza problemi poteva salire e scendere le ripide scale della scenografia.
Al soprano Simona Branchini, che ha affrontato un parte difficile come quella di Abigaille, non manca il temperamento drammatico, ma nei cambi di registro ha mostrato qualche difficolta, soprattutto nelle note basse. L’artista ha mostrato le sue notevoli doti di interprete nell’aria “Anch’io dischiuso un giorno”, e soprattutto nel duetto con Nabucco, che è stato tra i momenti migliori dell’opera.
Pregevole la prestazione di Sonia Ganassi come Fenena. La Ganassi, uno tra i più apprezzati mezzosoprani in attività, insieme a Nucci reso la rappresentazione memorabile dal punto di vista del canto. Il tenore Vincenzo Costanzo ha interpretato con disinvolta sicurezza il personaggio di Ismaele, mentre il basso coreano In Sung Sim ha cantato Zaccaria con una voce piena e suggestiva e una recitazione austera.
Carlo Striuli ha confermato le sue ottime doti vocali nei panni del Gran sacerdote di Belo; hanno ben figurato anche Vincenzo Casertano (Abdallo) e Stefanna Kibalova (Anna).
Il momento più atteso era ovviamente il “Va’pensiero“ che Oren ha diretto con un tempo lento e quasi trasognato. Alla richiesta di bis, Oren ha acconsentito, chiedendo però in cambio che il pubblico cantasse insieme al coro e che non applaudisse fino al termine dell’ultima nota, da lui tenuta, con consumato istrionismo, lunga fino all’inverosimile. Alla fine applausi entusiastici a tutti, ma soprattutto, come si diceva a Nucci e ad Oren.
Il prossimo anno, la grande musica tornerà alla reggia vanvitelliana, nel cui stupendo, enorme parco saranno ospitati una serie di concerti.
Lorenzo Fiorito