La Tosca all’Arena: la spada dell’Angelo sull’Arena

La Tosca all’Arena: la spada dell’Angelo sull’Arena
Tosca all’Arena

Hugo de Ana ripropone all’Arena di Verona la sua monumentale Tosca, in cui la regia è sostenuta da una grandiosa scenografia che ricorda l’angelo sterminatore posto sulla vetta di Castel Sant’Angelo a Roma; una scenografia che si svela pian piano e che porta lo spettatore nella fortezza prigione romana.

Risale al 2006 l’allestimento di questa monumentale Tosca di G. Puccini rappresentata all’Arena di Verona, per opera di Hugo de Ana, che ne ha curato regia, scene, costumi e luci. Una Tosca che unisce alla solennità la semplicità, come solo de Ana riesce a fare. Una Tosca che incanta il pubblico per la forte incisività delle sue scene e della regia sempre avvincente del maestro argentino. Domina tutta l’opera la testa enorme dell’angelo sterminatore che dall’alto di Castel Sant’Angelo vigila su tutta Roma, dell’enorme angelo oltre alla testa compaiono anche le due mani, in una delle quale è retta la spada. E’ la presenza incombente su Tosca, quasi un destino segnato. Assente la Basilica di Sant’Andrea del primo atto, rappresentata solo da due tele; assente Palazzo Farnese del secondo atto, rappresentato da due pesanti mobili e infine ecco il terzo atto con Castel Sant’Angelo, in cui un destino sembra trasportare tutti i protagonisti fin dall’inizio. Sullo sfondo una parete grigia, che incombe claustrofobica e da cui escono i personaggi – come quasi morti viventi – del Te Deum, oppure domestici in livrea di Palazzo Farnese. E’ il muro di Castel Sant’Angelo che incombe triste e minaccioso. Tutto avvolto in aura di oscurità in cui la luce è solo sui protagonisti che indossano bellissimi e colorati abiti filologici. La Roma dell’epoca napoleonica, la Roma delle chiese, con le sue campane (e di suoni di campane si riempie tutta l’opera), dei colpi di cannone (abbastanza forti… in scena) è significata da de Ana nel personaggio di Scarpia che domina i primi due atti. Molta la simbologia usata da de Ana, che non scompare nell’enormità del palcoscenico dell’Arena. Rimane una Tosca suggestiva e davvero evocativa, che è piaciuta al folto pubblico.

La Tosca all’Arena: la spada dell’Angelo sull’Arena

Efficace la direzione del maestro Riccardo Frizza, uno dei principali direttori emergenti sulla scena musicale internazionale. Una direzione in cui è emersa la passione lirica delle note pucciniane, in cui l’Orchestra dell’Arena ha prodotto una musica appassionata e virile.

Nel ruolo del titolo una grande Hui He, ormai presenza fissa al Festival areniano. La sua voce è sempre limpida, chiara e squillante, un vero soprano lirico spinto, che sguazza a suo agio nei ruoli pucciniani; ottima estensione e grande volume, pienamente nel personaggio; unico neo alcuni leggeri difetti di dizione. Un Cavaradossi degno del personaggio il tenore Marco Berti, dalla lunga e prestigiosa carriera. Un inizio forse non strabiliante, ma pian piano ha messo in risalto doti e qualità veramente grandi, fino nel culminare in un eccelso “E lucevan le stelle”, che avrebbe meritato il bis. Pienamente nel personaggio si è mosso con la disinvoltura di chi ha solcato i principali teatri mondiali. Buona la prova di Rodrigo Esteves in Scarpia, voce pulita e importante, ha dato vita ad un personaggio crudele ma non così viscido. Esuberante e pienamente nella parte il sagrestano di Federico Longhi, divertente e brillante. Validi i comprimari: Paolo Antognetti (Spoletta), Nicolò Ceriani (Sciarrone), Romano Dal Zovo (Carceriere) e il bravo pastorello Federico Fiorio.

Buona la prova del coro dell’Arena, in una brevissima parte ma importante e centrale come il Te Deum, preparato da Salvo Sgrò.

Mirko Bertolini