Lucia di Lammermoor apre la stagione dell’Opera di Firenze

 

 

Lucia di Lammermoor apre la stagione dell’Opera di Firenze

Una splendida Lucia di Lammermoor ha aperto con grande successo la stagione dell’Opera di Firenze 2015-2016.

Non una novità, ma la ripresa di un sobrio e sempre affascinante spettacolo del 1996 opera di Graham Vick, ripreso da Marina Bianchi ha aperto la stagione lirica autunnale del teatro fiorentino. Due i temi che il grande regista mette in scena: la Scozia, rappresentata da una desolata brughiera che ricompare sempre come live motive, e la luna, calda che risplende sull’amore di Lucia ed Edgardo e scompare alla loro morte. Pochissimi altri elementi in scena, pannelli grigi semoventi che determinano luoghi e stanze, ma che hanno tutti come sottofondo la brulla brughiera scozzese, con l’ erica che fa da tappeto in un paesaggio quasi lunare e raccoglie la salma di Lucia e del suo amante nel finale, come accoglieva le promesse del loro amore nel primo atto. E’ il fascino visivo di questa Lucia di Lammermoor, che dal 1996 ha solcato molti teatri e ancora oggi riesce ad essere fresca, nuova e avvincente. Vick concentra molto la sua regia nell’interiorità dei personaggi, scavando molto nella psicologia dei singoli, creando caratteri e atteggiamenti, riuscendo da gran maestro qual è. Di valido aiuto alla regia sono i bei costumi di Paul Brown (che ha curato anche le scene), spostati di cento anni rispetto alla vicenda donizettiana, ma che sortiscono il loro grande effetto, in cui il tartan fa da padrone, con i colori propri delle due famiglie rivali: rosso per i Ravenswood e azzurro per gli Asthon. D’effetto le luci di Gianni Paolo Mirenda, che contribuiscono a dare quell’accento livido e nello stesso tempo caldo alle varie scene, quasi come pennellate di un capolavoro dell’impressionismo. Una ripresa che conserva il suo fascino, pur in una staticità che a volte appare soffocante. Un successo di pubblico ben meritato.

La direzione musicale, affidata al maestro Fabrizio Maria Carminati, non è piaciuta molto. Alla guida di un’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino un po’ troppo allo sbando, il maestro Carminati ha fatto una lettura poco precisa del capolavoro donizettiano, presentandolo con toni sostenuti e talvolta invadenti, nonché obsoleti.

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Un cast decisamente d’eccezione ha reso questa Lucia uno spettacolo indimenticabile. Nel ruolo del titolo una magnifica Jessica Pratt. Il soprano australiano non finisce mai di stupire per la freschezza con cui riesce a rendere una Lucia ingenua ma nello stesso tempo sicura; la Pratt si rivela la grande promessa del belcanto e lo conferma ogni volta di più. Come non ammirare il suo “Quando rapito in estasi”, oppure la drammatica scena della pazzia: la Pratt ne esce vincitrice meritandosi più volte lunghi applausi a scena aperta. Riesce a calarsi nel personaggio in modo unico, grazie anche ad una voce cristallina e ad acuti perfetti, non trascurando nulla della partitura e riuscendo con estrema facilità a raggiungere alti livelli di belcanto come in “Ardon gli incensi”. La Pratt si rivela una delle grandi Lucie attualmente in attività.

Il tenore francese Jean-François Borras è stato un ottimo Edgardo. Dotato di bella presenza scenica, ha svelato una voce con grandi potenzialità naturali; la voce è corposa, bella, omogenea, bel fraseggio, timbro caldo, pienamente adatta al personaggio, tratteggiato con precisione. Apprezzato dal pubblico, specialmente nel finale “Tu che a Dio spiegasti l’ali”, si auspica di risentirlo anche in altri ruoli.

Il bravo Julian Kim ha impersonato un Enrico troppo stentoreo e di colore verdiano. Nonostante questo non si può non riconoscere la bella voce, il bel colore, l’omogeneità dell’estensione, anche se la resa è piuttosto pesante e forzata. Il personaggio tracciato perciò non è all’altezza della sua carriera, anche se apprezzabile e gradito dal pubblico.

Ieratico e credibile il Raimondo di Riccardo Zanellato. La sua esperienza lo rende sicuro e la voce morbida e incisiva ne fanno sempre un ottimo basso.

Buona la prova di Emanuele D’Aguanno in un elegante e raffinato Arturo; altrettanto valida la Alisa di Simona Di Capua, che ha offerto una voce morbida e sicura. Prova non soddisfacente per Saverio Bambi in Normanno.

Molto bravo il Coro del Maggio diretto dal maestro Lorenzo Fratini.

Grande successo di pubblico, soprattutto per i due protagonisti, che hanno letteralmente mandato in delirio.

Mirko Bertolini