Al San Carlo, un Nino Rota da riscoprire con Mysterium
al Teatro di San Carlo, dal 19 al 20 ottobre
«Mentre la musica occidentale si disperdeva in mille rivoli alla ricerca di un modo di comporre asettico e spersonalizzato, Rota scriveva musica dove la sua impronta era immediatamente riconoscibile», questo il pensiero di Giuseppe Grazioli, direttore d’orchestra italiano che, dall’estate del 2011, ha iniziato a registrare l’integrale delle opere sinfoniche di Nino Rota. Indimenticato compositore di colonne sonore, artefice di una vasta memoria musicale del cinema d’autore, Rota viene ricordato al San Carlo attraverso l’oratorio Mysterium, commissionato nel 1962 dalla Pro Civitate Christiana di Assisi fu elaborato dallo stesso autore con il suo amico Vinci Verginelli, a partire da testi biblici, evangelici e dall’ Apocalisse. Alla bacchetta di Grazioli è affidata la direzione di questa composizione per soli, coro, coro di voci bianche e orchestra il cui tema costitutivo si fonda sull’universalità della fede religiosa. Un Nino Rota «inedito», tutto da scoprire, quello in programma il prossimo fine settimana – sabato 19 alle 20.30, domenica 20 alle 18.00 – al Teatro San Carlo.
Da non perdere perché…
Mysterium è l’occasione per riscoprire, in una nuova veste, «inedita», la natura poliedrica del genio composistivo di Nino Rota. A guidarci in questo viaggio sarà Giuseppe Grazioli che si dedica, da alcuni anni, proprio alla riscoperta del lavoro sinfonico del Rota meno noto al grande pubblico. «Anche nelle colonne sonore che all’apparenza possono mostrarsi come semplici melodie, tipo 8 ½ o Amarcord, – spiega Grazioli – c’è sempre un lavorio profondo che va fatto emergere. Rota è un musicista estremamente dotato e gioca con la memoria dell’ascoltatore: la sua musica sembra spesso citare qualcos’altro. Ad esempio, ne “Il Cappello di paglia di Firenze” vi sono frasi che potrebbero essere benissimo di Mozart, Bellini, Kurt Weill e in altre composizioni sembra citare Poulenc, Shostakovich, Prokofiev. Che poi scriva per il grande schermo non vuol dire che abbia fatto un lavoro di serie B, perché il compositore per il Cinema non è meno colto del compositore di musica classica».