Poco importa essere certi del fatto che l’Orfeo di Monteverdi sia realmente stata la prima composizione operistica o se antecedenti potrebbero averne il merito; in ogni caso è da quel 24 febbraio del 1607, data della prima rappresentazione a Palazzo Ducale di Mantova che l’ardita opera viene rappresentata abitualmente nei teatri d’opera ed in tutto il mondo viene ancora molto apprezzata. (Interessante in proposito il commento di Marco Leo in apertura del libretto di Sala dedicato).
La narrazione si svolge dai campi della Tracia e poi nell’Oltretomba; l’opera inizia con una toccata strumentale ricca di fioritura di trombe e ritmati tamburi che precedono l’entrata della Musica, rappresentante lo «spirito della musica», che canta il celeberrimo prologo, anteprima della sua stessa esaltazione: La Musica invita all’ascolto e poi enuncia le sue abilità e talenti ….”so far tranquillo ogni turbato core” (facendo da subito apprezzare il libretto di Alessandro Striggio.
La messa in scena torinese è particolare, seppur non innovativa, ma lascia qualche punto di domanda sulle scelte scenografiche: se i prati fioriti sono deliziosamente primaverili e le cupe scene agl’Inferi turbano, risulta di meno facile comprensione l’installazione di enormi pannelli che, con una impennata di fantasia, forse ricordano il Palazzo della Prima; anche per i costumi si è avuto lo stesso atteggiamento, per le diverse epocalizzazioni e contestualizzazioni. Trovate poco utilizzate le luci, mentre rilevata la grande efficacia della scena con la barca di Caronte.
Il Maestro Antonio Florio, attento ricercatore e profondo conoscitore del repertorio barocco oltre che fondatore della Cappella della Pietà dei Turchini è apprezzato anche in questa occasione per l’ampio e significativo gesto, di lettura immediata e con risultati interessanti di scavo ed esaltazione. La regia di Alessio Pizzech è piacevole ed attenta al risultato d’insieme, coadiuvato dalle contemporanee ed audaci coreografie di Isa Traversi che fa simulare amori saffici ed amori senza inibizioni – un plauso sincero alle ballerine ed ai ballerini.
Il cast è certamente di livello e consono al repertorio a partire da Roberta Invernizzi, grande interprete dell’epoca barocca, la quale nel ruolo della Musica entra in scena per il celebre prologo, dove esprime immediatamente le sue doti con timbricità e gradevolezza. Euridice viene interpretata da Francesca Boncompagni fresca e squillante; Monica Bacelli con bei colori e sicurezza interpretativa è La Messaggera che porta ad Orfeo la triste notizia della morte di Euridice e poi La Speranza. Luigi De Donato è un superbo Caronte che arriva a traghettare le anime su una barca stilizzata (che oserei definire opera d’arte contemporanea e di grande efficacia scenica), trainata o spinta dagli aiutanti del traghettatore che recuperano le anime e le caricano e scaricano dalla barca; per tornare a De Donato va rimarcata la potente emissione con colore molto scuro dai toni profondi e minacciosi. Parimenti Plutone trova in Luca Tittolo un impareggiabile interprete che sfodera una voce profonda e ricca di autorevolezza. I vari interpreti dei pastori, spiriti e ninfe, come predetto sono davvero bravi ed interessanti, riservando un accento per Fernando Guimaraes.
Ed ora veniamo a quella che per me è stata una rivelazione: Mauro Borgioni che in Orfeo, esprime una notevole cifra interpretativa sotto ogni punti di vista: sia in quanto attore, che cantante, dove affascina per calore e passione grazie alla gradevolezza della voce con toni e colori di ricchezze ambrate, solcate da sfumature ramate. Sa stare in scena e sa utilizzare al meglio lo strumento voce permeandola di rotondità e di forte espressività.
Il Coro, grandemente presente in Orfeo, è sempre molto apprezzato anche sotto la nuova direzione del Maestro Andrea Secchi.
La Musica vince sempre.
Renzo Bellardone