Un Otello assediato da violente incarnazioni del male fa il pieno allo Sferisterio

Un Otello assediato da violente incarnazioni del male fa il pieno allo Sferisterio. Foto: Tabocchini
Un Otello assediato da violente incarnazioni del male fa il pieno allo Sferisterio. Foto: Tabocchini

Forse nessun’opera più di Otello è in grado di esprimere lo spirito mediterraneo, non solo per l’ambientazione cipriota e gli ovvi continui rimandi a Venezia, ma soprattutto per la sua accurata descrizione della passione amorosa e della gelosia, sentimenti tanto familiari alle genti nate sulle rive del mare nostrum.

L’allestimento, pensato da Paco Azorin e presentato lo scorso anno al Festival del Castello di Peralada in Catalogna dove ha vinto il prestigioso premio Campoamor, risulta già a prima vista di grande impatto pur nella sua semplicità. Tre grandi moduli lignei di forma trapezoidale, che proiettano le loro ombre sul muro di fondo dello Sferisterio alludendo virtualmente alle varie ambientazioni del dramma, vengono mossi da un gruppo di mimi, i quali obbediscono agli ordini di Iago fungendo quasi da incarnazioni del male e partecipando più o meno in disparte a tutte le vicende. A completare il quadro le belle videoproiezioni di Pedro Camizo che, a partire dal mare in tempesta iniziale, si addentrano nel dramma passando attraverso uno splendido cielo stellato, alla figurazione delle trame di Iago esemplificate da calcoli geometrico-matematici tracciati da un gesso invisibile sul legno degli elementi scenici, fino a giungere, nel quarto atto durante la celebre canzone, alla rappresentazione di un salice che cresce, mette le foglie e poi muore replicandosi più e più volte. Sul palco si alternano pochi elementi, funzionali allo svolgimento della trama: alcune sedie, un tavolo, il letto e un enorme leone di San Marco sempre presente in scena in varie posizioni. Belli e curati i costumi di Ana Garay che, pur non rifacendosi con chiarezza ad una determinata epoca storica, rimandano ad un passato in qualche modo universale, come il dramma umano vissuto dai protagonisti. Curatissimi i movimenti dei singoli e delle masse, con particolare attenzione a quelli dei mimi che compongono la banda di Iago sempre striscianti e sinuosi nei loro spostamenti come il sospetto di cui sono allegorica incarnazione. Fra un atto e l’altro durante i cambi scena, che non prevedono intervalli se non tra il secondo e terzo atto, due sonetti shakespeariani proiettati sul muro di fondo, ricordano, a quattrocento anni dalla morte, il grande poeta che del dramma verdiano fu antecedente.

Stuart Neill, nel ruolo eponimo, ha voce possente e di splendido colore, solida nel registro centrale, ma con evidenti affaticamenti in acuto e qualche incertezza negli attacchi che un poco compromettono l’esito globale della prestazione. Ottimo Roberto Frontali nei panni di un espressivissimo Iago, sicuro nell’emissione, giustamente insinuante, ma anche violento nei tratti, che domina letteralmente la scena con la sua presenza e riempie l’arena con la solidità di una voce impeccabile in tutti i registri. Jessica Nuccio è Desdemona: il ruolo forse richiederebbe uno strumento di corpo maggiore, ma la tecnica è sicura e l’ultimo atto risulta essere di una delicatezza unica, commovente in quei chiaroscuri curatissimi e così ben cesellati.

Un Otello assediato da violente incarnazioni del male fa il pieno allo Sferisterio. Foto: Tabocchini
Un Otello assediato da violente incarnazioni del male fa il pieno allo Sferisterio. Foto: Tabocchini

Con loro il Cassio dal bel timbro brunito di Davide Giusti e il sonoro Rodrigo di Manuel Pierattelli. Nei ruoli di contorno Seung Pil Choi è Lodovico, Giacomo Medici Montano, Franco Di Girolamo un araldo. Molto buona la prova del Coro Lirico Marchigiano ‘V. Bellini’ che ha dimostrato grande compattezza d’insieme.

Precisa e sicura, la bacchetta di Riccardo Frizza ben dirige l’Orchestra Regionale delle Marche prestando grande attenzione al conseguimento di una perfetta sintonia fra buca e palcoscenico, staccando ritmi mediamente serrati e focalizzandosi con particolare cura, all’interno di una partitura certo non semplice, sui momenti lirici che più evidenziano l’evoluzione dell’animo umano, vero protagonista della tragedia.

Arena Sferisterio pressoché piena in ogni ordine di posti, sebbene si trattasse dell’ultima delle quattro recite programmate. Grande successo di pubblico per una edizione del Festival che ha battuto ogni record di presenze con i 31013 spettatori totalizzati nelle sedici serate di spettacoli e una presenza media per le tre opere in cartellone di ben 2187 persone.

Simone Manfredini