Recital di Jessica Pratt a Milano: un grande trionfo

Jessica Pratt e Jader Bignamini - recital alla Verdi di  Milano -

Un grande trionfo ha accolto il recital di Jessica Pratt sabato 6 Dicembre all’ Auditorium Verdi di Milano. Un recital per certi versi di altri tempi, quelli in cui gli artisti offrivano il meglio delle proprie capacita vocali ed interpretative, per ricevere in cambio dal pubblico quella riconoscenza totale ed illimitata, che consentiva di instaurare un reciproco rapporto emozionale e di fiducia privilegiato.

In carriera da circa la metà degli anni duemila, il soprano australiano ha saputo certamente conquistarsi fin dagli inizi l‘ affetto e la stima degli appassionati del melodramma , grazie ai risultati artistici lusinghieri raggiunti sui più grandi palcoscenici italiani ed europei – anche se all’appello mancano ingiustificatamente ancora parecchi teatri importanti – .

Se nelle sue prime apparizioni emergevano infatti una freschezza timbrica e un suono cristallino apprezzabili, uniti ad un registro sovracuto già impressionante per ampiezza e lucentezza, la Pratt negli anni ha dimostrato grandissimo impegno, sia sotto il profilo vocale che interpretativo, a far sua l’estetica del belcanto italiano e con essa tutte le sue prerogative e modalità espressive. Suoni staccati e picchettati, terzine e quartine vocalizzate, arpeggi, scale e trilli nitidissimi, acuti attaccati in pianissimo e rinforzati: non c’è stata prodezza pirotecnica di cui la Pratt non abbia raccolto la sfida, cosi da arrivare a sostenere senza temine di paragone oggi, anche tra le dive più consacrate dello star- system, le pagine più impervie del repertorio sopranile del primo Ottocento. Elvira, Amina, Lucia, Armida, hanno trovato in questo modo esecuzioni importanti ed ammirevoli nel loro linguaggio più profondo, caratterizzate da un canto fluido e legato nei lunghi cantabili e da variazioni estrose e precisissime nei passi di coloratura delle cabalette, che puntualmente hanno mandato in visibilio il pubblico.

La Pratt quindi, nonostante la non trascurabile distanza culturale, è riuscita in questo terreno ad inserirsi nella grande tradizione dei cosiddetti soprani lirici di coloratura di stile italiano, che dagli ultimi anni del XIX secolo, passando per Luisa Tetrazzini e Lina Pagliughi, si sono sviluppati fino a Luciana Serra e Mariella Devia, di cui simbolicamente ne sta cogliendo l’eredità.

Nella splendida sala di Largo Mahle, il soprano ha voluto insieme al numeroso pubblico ripercorrere tutti e cinque gli autori a lei più congeniali e su cui in questi anni ha costruito il suo repertorio, proponendone di ognuno una grande scena .

Interprete ormai significativa e indiscutibile di svariate opere drammatiche di Gioacchino Rossini – da Adelaide ad Armida, da Lisinga, ad Amira, fino a Desdemona e Matilde -, la Pratt ha cantato dal Tancredi l’entrata di Amenaide, ruolo tra l’ altro che, non potendo mancare all’appello, sarà prossimo a debuttare. Senza nessuna esitazione o indugio ha dimostrato fin da subito di saper piegare la voce a tutti gli effetti desiderati, sfoggiando un canto pensato e calcolato in ogni sfumatura, con attacchi precisissimi, voce brillante e sonora anche nei suoni in pianissimo e di qualità sempre impressionante.

Con la scena della pazzia di Elvira dai Puritani, gli spettatori si sono potuti poi immergere nelle suggestioni belliniane più intense, ottenendo grazie ad un legato cesellato da innumerevoli dinamiche e una coloratura carica di mordente e slancio un effetto drammatico veramente emozionante. La prima parte del concerto è stata conclusa con la grande pagina di coloratura della Regina di Navarra degli Ugonotti di Meyerbeer, autore già esplorato dalla Pratt con Inès dell’Africaine e di cui è riuscita a coglierne perfettamente l’ espressione più pirotecnica ed ornamentale della scrittura vocale (che poi altro non è che il vero segno di riconoscimento per l’‘esibizionismo sfrenato delle primedonne). Ed è proprio su questa impronta che ci si auspica la Pratt voglia proseguire in futuro, affrontando personaggi di coloratura anche di marca francese, come Dinorah, Palmide del Crociato in Egitto, Lakmè, fino allla Philine della Mignon.

Anche nel secondo tempo, iniziato con “ Caro Nome” dal Rigoletto di Verdi, il soprano australiano – cosi come quando affronta anche Traviata – è riuscita ad esaltare tutte le caratteristiche belcantistiche che l’autore, pur se in un diverso contesto storico, ha utilizzato come elementi espressivi per i suoi personaggi, riuscendone contemporaneamente ad evidenziare, col suo timbro radioso e veramente dolce, l’aspetto drammatico più patetico.

Non poteva mancare nel programma di questa serata Gaetano Donizetti, autore stranamente poco frequentato dalla Pratt, di cui però del solo titolo di Lucia di Lammermoor né è già diventata la più valida interprete della nostra generazione. Acclamata su numerosi palcoscenici internazionali – tra cui lo scorso marzo anche quello della Scala di Milano, dove si spera torni presto – si è potuta nuovamente ammirare la sua interpretazione della nota scena di pazzia della protagonista, tutta risolta con un canto trasognato ed estatico, in cui ha potuto mettere in luce le numerose prodezze tecniche, tradotte però sempre in pura espressione. Meritatissima è stata l’ovazione già dopo la celebre cadenza, che di solito esegue perfettamente come da tradizione.

Per accontentare le insistenti richieste di bis, la Pratt si è lanciata nei spericolati funambolismi di Cunegonde della Candide di Bernstain , con un “Glitter and be gay”, musicalissimo, prima ancora che divertente ed estroverso e con doti da attrice spigliata che hanno sottolineato il personaggio frivolo e leggero in un modo più che perfetto.

Allo stesso modo entusiasmante e di successo pari a quello della Pratt, l’ Orchestra Sinfonica Verdi diretta dal maestro Jader Bignamini, musicista di classe e tra le bacchette di oggi più capaci e competenti. Scrupoloso ad assecondare e sostenere con naturalezza il canto, notevole è stato anche l’ equilibrio che è riuscito ad ottenere nei colori e nelle sonorità degli strumenti, con una qualità esecutiva e una tenuta complessiva dell’orchestra veramente pregevole, ammirata nelle diverse ouverture eseguite tra una pagina e l’altra del soprano.

Una serata di musica quindi eccellente eseguita con classe, preparazione e buongusto. Chapeau!

 

Auditorium Verdi di Milano, 6 Dicembre 2014

Adalberto Ruggeri