Roberto Scandiuzzi ed Alfonzo Antoniozzi illuminano Le Braci di Marco Tutino

Roberto Scandiuzzi ed Alfonzo Antoniozzi illuminano Le Braci di Marco Tutino

Ad inaugurare il XLI Festival della valle d’Itria è stata la prima rappresentazione assoluta nella versione definitiva dell’opera di Le Braci di Marco Tutino, tratta dall’omonimo romanzo di Sándor Márai. Che ha avuto come interpreti di eccezione Roberto Scandiuzzi ed Alfonzo Antoniozzi.

In un decadente palazzo viennese il vecchio Henrik, già ufficiale dell’esercito austriaco, accudito dall’anziana governante Nini, attende l’arrivo dopo quaratun anni di attesa di Konrad un tempo quasi un fratello, scappato ai Caraibi dopo una battuta di caccia, in cui aveva tentato di uccidere l’amico per fuggire con la moglie di questi Kristina, in seguito morta di una malattia. In questa attesa i ricordi si confondono col presente e Kristina appare al vecchio marito ancora piena di vita mentre viene contesa fra i due giovani. Con l’arrivo di Konrad tutti i misteri racchiusi all’interno del palazzo vengono a poco a poco chiariti, dai motivi per cui questi abbia nutrito un odio verso il suo fraterno compagno a quello che è veramente accaduto durante quella caccia mattutina, fino alla sconcertante verità.

L’opera in un atto unico si presenta con una forte coerenza drammaturgica e con una musica dal grande impatto evocativo. Grande merito di Marco Tutino, che ha anche curato personalmente la riduzione del romanzo di Sándor Márai a libretto, è quello di essere fra i compositori contemporanei quello più comunicativo e che compone musica e non numeri pirotecnici realizzati per compiacere se stessi ed il un ristretto numero di addetti ai lavori che fingono di interessarsene. La musica è coinvolgente, evocativa le citazioni sono dichiarate e segue il corso di una scuola italiana che non si vergogna di esserlo e che sembrava estinta con Giancarlo Menotti e Nino Rota. Non si tratta di un unico canto di conversazione, ma Tutino sfrutta e mette a fuoco arie e nel finale anche un pezzo concertato di stampo mozartiano. Tutta la partitura è coerente e non vi è stacco fra le parti, anche i valzer hanno qualcosa di macabro che porta al cadaverico finale.

Il giovane maestro Francesco Cilluffo denota una notevole capacità tecnica ed una propensione per questo spartito moderno ma classico nello stesso tempo, riuscendo a trarre il massimo dall’Orchestra Nazionale Italiana, che l’ha seguito con entusiasmo e convinzione.

Certamente Tutino si è avvantaggiato della presenza e partecipazione insostituibile di due massimi artisti della scena lirica internazionale: Roberto Scandiuzzi e Alfonso Antoniozzi.

Roberto Scandiuzzi ed Alfonzo Antoniozzi illuminano Le Braci di Marco Tutino

Roberto Scandiuzzi da vita ad un Henrik di una nobiltà assoluta, la sua voce elegante e profonda ricca di armonici e di sfumature è da sola capace di evocare appieno i tempi passati della nobiltà austriaca, di fine ‘800 quando Vienna era il centro del mondo. Presente sulla scena dalla prima all’ultima battuta non ha un attimo di cedimento. Anche la sua figura in alta uniforme da immagine perfetta alla nobiltà di un tempo, rendendo il basso perfettamente coerente al melanconico protagonista.

Alfonso Antoniozzi, che ha ricevuto l’ambito premio Bacco dei Borboni assegnato all’artista che si è distinto nell’attività del Festival, rende ottimamente le contraddizioni che animano Konrad. Il suo canto è quasi sussurrato, intimista, straordinario il fraseggio in un ruolo introverso in cui risaltano le sue capacità drammatiche da grande attore, rendendo appieno il tormento di questo personaggio definito da tutti gli altri protagonisti: “Codardo”.

Prezioso l’apporto del giovane soprano Angela Nisi dalla squisita musicalità e tenuta vocale, che da voce e vita al fantasma di Kristina cha appare nei ricordi del marito giovane e bella.

Davide Giusti tenore dotato di ottimo materiale vocale ha dato vita ad un credibile Konrad Giovane così come il basso Pavol Kuban è stato un eccellente alter ego di Henrik.

Nel ruolo della vecchia governante Nini il mezzosoprano Romina Tomasoni, da un’ottima interpretazione, in un ruolo drammaticamente determinante. Accorata e partecipe degli eventi, l’unico personaggio veramente consapevole di quello che sta avvenendo, a cui si deve il commento finale: “Siamo tutti morti!”

La regia di Leo Muscato in virtù della presenza in scena di due autentiche volpi del palcoscenico e sotto la supervisione dell’autore, presente a tutte le prove, ha avuto il lavoro facile creando una messa in scena molto apprezzata dal pubblico, grazie anche alle scene di Tiziano Santi ai costumi di Silvia Anymonico ed al disegno luci di Franco Macchiella.

Belle anche le coreografie di Mattia Agatiello coi danzatori della Fattoria Vittadini: Chiara Ameglio, Mattia Agatiello, Cesare Benedetti, che hanno dato vita ad altri alter ego di Kristina, Henrik e Konrad.

Trionfo per tutti in attesa di vederla replicata con lo stesso cast al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino in novembre.

Domenico Gatto