Simon Boccanegre.Verdi. Salerno

Il 27 maggio al Teatro Giuseppe Verdi di Salerno è andata in scena l’ultima recita di «Simon Bocca Negra» -un melodramma in un prologo e tre atti- una delle opere meno conosciute del grande compositore di cui il teatro porta il nome. Il libretto è di Francesco Maria Piave, tratto dal dramma «Simón Bocanegra» di Antonio García-Gutiérrez. Narra la storia di u n corsaro genovese che, nel Trecento, diventò doge. Per la prima volta l’opera fu rappresentata a Venezia, al Teatro La Fenice, il 12 marzo 1857. Non ebbe successo. La sua seconda versione con il libretto modificato da Arrigo Boito andò in scena a Milano, al Teatro alla Scala, 24 anni dopo. Per quest’ultima Verdi s’ispirò sulle due lettere di Francesco Petrarca, una indirizzata al Doge di Genova, Boccanegra appunto, e l’altra a quello di Venezia, che condannavano le lotte fratricide tra le due Repubbliche; la lettera di Petrarca infatti, comparve non solo nel testo del libretto, ma anche sulla scena…

 

 «Simon Boccanegra» è un melodramma molto triste e non facile da seguire. La trama è molto complessa. Tra il Prologo e il primo atto passano addirittura venticinque anni. È una storia di intrighi, amore, lotta per il potere.

Qui al Teatro Verdi i ruoli dell’opera sono stati affidati agli artisti di fama mondiale. Nel ruolo di Simone abbiamo visto lo straordinario Maestro Leo Nucci che con la sua potenza vocale,la sua presenza scenica e la sua capacità espressiva ha saputo donare al pubblico delle emozioni uniche. Ha rapito totalmente la platea e, mentre pronunciava le parole di Simone: » …e vo gridando pace, e vo gridando amor!…» in teatro si percepiva come un silenzio commosso… Nucci ha saputo, in qualche modo, rendere più facile la comprensione di questa trama attraverso il suo gesto ampio e la straordinaria padronanza del suono. La sua esperienza e bravura sono state accompagnate dalle bellissime voci dei coprotagonisti. E così abbiamo ammirato Isabel Rey (la quale è stata chiamata per sostituire Eglise Gutierrez) nel ruolo di Amelia. Una cantante spagnola di gran classe, in scena molto naturale, semplice e soprattutto con una notevole tecnica. L’artista ha interpretato un’Amelia fresca, giovanile, lirica ma non pesante.

 

 Nel ruolo di Gabriele Adorno, si è esibito il famoso tenore Fabio Sartori (che tra poco vedremo all’Arena di Verona interpretare Radames all’apertura della stagione). La sua voce dal bellissimo timbro incantava con l’elasticità con la quale riusciva a passare dall’amore all’ira, dalla passione alla rabbia..prova di una notevooe abilità specialmente per questo tipo di vocalità.

 

Tra gli interpreti abbiamo sentito anche la splendida voce da basso di Carlo Colombara ( Fiesco-l’antagonista di Simone). Un suono avvolgente, direi «denso», appassionante e in alcuni momenti… paterno addirittura. L’aria «A te l’estremo addio» cantata all’inizio del primo atto, infatti, già prometteva al pubblico un’esecuzione impeccabile, quale effettivamente è stata.

 

 Qui bisogna menzionare anche «i due cattivi» di quest’opera: Paolo Albiani (Dimitri Platanias -baritono) e Pietro (Carlo Striuli – basso). Il primo credibilmente malvaggio e l’altro decisamente non da meno. Il baritono greco si è calato molto bene nel difficile ruolo del traditore che avvelena il doge. Pur avendo una voce molto gradevole nell’ascolto è riuscito a far trasparire la perfidia e cattiveria del suo personaggio.

 

 Nel ruolo del capitano dei balestrieri abbiamo visto Francesco Pittari.

 

Non è stato da sottovalutare il coro Lirico del Teatro Verdi (soprattutto le corde maschili) preparato da Luigi Petroziello.

 

La regia molto semplice di Riccardo Canessa, le scenografie essenziali abbinate ai costumi gotici diAlfredo Troisi e al gioco di luci e proiezioni video (a cura di Jean Baptiste Warluzel) hanno fatto da cornice a questo spettacolo di musica stupenda. Quest’opera scritta dal geniale Verdi è stata valorizzata dalla direzione stupefacente di Daniel Oren che ormai da molto tempo guida il Teatro Verdi in quanto suo direttore artistico. Da eccellente musicista qual’è ha saputo, per l’ennesima volta, ipnotizzare e far innamorare quasi la platea. E anche questa volta, l’Orchestra Filarmonica Salernitana diretta dal grande Israeliano ha suonato con passione tutti i colori e le niuances della musica verdiana.

 

Qualcuno dopo lo spettacolo ha detto che con quel cast, quel direttore e messo in scena com’è avvenuto a Salerno, il melodramma «Simon Boccanegra» è divenuto più accessibile anche a chi non aveva molta esperienza ne conoscienza in merito all’opera lirica. Secondo me è un gran bel complimento. Ed è per questo che lo includo qui.

 

È STATO UN GRANDEE SUCCESSO DEL PICCOLO TEATRO SALERNITANO!