Si apre il sipario. Ci sono Tosca, Mario e il Cattivo. Tosca e Mario si amano. C’è un problema: il Cattivo vuole farsi Tosca. C’è un altro problema: Tosca non vuole dargliela e nemmeno Mario sembra gradire la cosa. Il Cattivo decide di far fucilare Mario. Tosca nel frattempo ammazza il Cattivo e quando scopre che Mario è stato ucciso, decide di togliersi la vita. Tutti morti. Si chiude il sipario. Fondamentalmente questa è la trama dell’opera di Puccini. Ed anche questa volta in platea, al Teatro Filarmonico, dopo l’ultima scena, ci si rimane male e si piange come dei vitelli perché “non vissero felici e contenti”.
Ma andiamo con ordine. A me non piace utilizzare categorie astratte per parlare di musica e di arte, ma al periodo in cui vive Puccini bisogna per forza accostare le parole “decadentismo” e “verismo” e, in qualche modo, mescolare queste due sigle tra loro.
Ma cos’è che “decade” in quel periodo storico? Che cos’è questo “vero” decadimento che gli artisti da Kafka a Rilke, da Verga a Mascagni, fino a D’Annunzio e Puccini, vogliono raccontarci? E in Tosca cosa decade (a parte il seno di qualche soprano un po’ attempato)? Ciò che crolla veramente è il “centro” della persona, il cosiddetto “io”. E gli artisti, affacciati su questo precipizio, provano a mettere in scena il decadimento nel modo più “vero” possibile.
L’editore Ricordi scrive a Puccini nel 1899 durante la stesura di Tosca: “Dunque avanti Sor Giacomo, faccia in modo che migliaia e migliaia di persone versino lacrime, io stesso (ahimè) compreso!”. E il medesimo Puccini dice che nella sua opera “non ci può essere una situazione uniforme e tranquilla come in altre confabulazioni d’amore” ma occorre che si rappresentino in maniera realistica “la preoccupazione di Tosca, la ben simulata caduta di Mario e relativo suo contegno davanti ai fucilatori suoi”. Infatti anche la musica in Tosca è spesso brutale, frammentata, con strappi orchestrali e armonie dissonanti; un pò come un video fatto col cellulare nel quale continuamente si cambia immagine e prospettiva: a volte trema la mano, si riceve uno spintone…ma è tutto tremendamente vero.
E allora perché noi paghiamo il biglietto per andare a teatro a vedere Tosca muniti di Kleenex? Cioè perché oggi, nell’epoca del “mangia sano”, “realizza i tuoi sogni” e “pensa positivo”, noi preferiamo ascoltare i drammi di Puccini rifiutando il superficiale «stare bene a tutti i costi”? Le alternative sono due: o la nostra è una pulsione masochistica oppure è una necessità insopprimibile di conoscere la verità di noi stessi e del mondo. Io sarei per la seconda.
Marco Vinco