Il terzo giorno del “Bartok Plusz Opera Festival di Miskolc” in Ungheria, è andato in scena nello splendido Gran Teatro Nazionale di Miskolc, teatrino asburgico di fine ‘800, la rappresentazione di Věc Makropulos di Leoš Janáček.
Věc Makropulos è stata la penultima opera composta da Leoš Janáček ed è tratta dall’omonima pièce teatrale di Karel Čapek, il drammaturgo visionario ceco a cui si deve anche l’invenzione del termine robot nel dramma R.U.R. (Rossumovi univerzální roboti).
L’opera narra le vicende della quasi immortale Elina Makropulos che in più di 300 anni di vita ha cambiato varie identità, mantenendo però sempre le stesse iniziali di nome e cognome: Ellian MacGregor, Eugenia Montez, Emilia Marty, cambiando sempre nazionalità ma restando sempre una diva dell’opera.
In Italia questo titolo balzò alla fama nazionale quando il genio di Luca Ronconi nel 1993 volle mettere in scena sia la versione cantata che quella recitata realizzando lo stesso allestimento ed affidando il ruolo della protagonista a due eccezionali interpreti Raina Kabaivanska e Meriangela Melato.
La produzione completa dell’opera è giunta a Miskolc interamente dall’Helikon Opera di Mosca, realtà che si conferma una garanzia in produzioni che coniugano un alto livello qualitativo a costi relativamente bassi.
Molto bella la messa in scena realizzata da Igor Nezhny e Tatiana Tulubieva (che hanno realizzato anche gli splendidi costumi) consistente in una scena fissa con uno sfondo in cui sono ritagliate delle sagome di uomini e donne come fossero degli spettatori secolari della vicenda e fra i quali si vedono i coristi che rappresentano tutti i mariti morti della protagonista, mentre il pavimento è riempito da tantissimi, fogli – documenti, fra i quali Emilia Marti cerca inutilmente la formula dell’immortalità. In questa scena il regista Dmitrij Bertman ha realizzato una regia vivace e divertente, piena di ritmo, potendo contare anche su un cast di eccellenti cantanti-attori.
La direzione di Konsztantyin Hvatinyec è stata di alto livello qualitativo, coadiuvato in questo dall’orchestra dell’Helicon Opera.
Straordinaria la prestazione di Natalja Zagorinszkaja nel ruolo di Emilia Marty – Elina Makropulos, sia vocalmente ma soprattutto scenicamente. In una parte che va più interpretata che cantata, il soprano russo ha sfoderato una prestazione da autentica attrice, con movenze ed espressioni facciali che da sole facevano capire tutto quello che stava avvenendo sulla scena, anche senza capirne una parola. Alla fine per lei una grandissima ovazione ed un cesto di fiori a sottolineare il trionfo.
Accanto a tale protagonista assoluta, il resto del cast non è stato da meno a cominciare da Marina Kalinyina nel ruolo di Kristina, che ha reso in modo molto credibile la giovane cantante, ammiratrice della Marty.
Bene anche la compagine maschile, che ha caratterizzato in modo efficace gli uomini che restano ammaliati dal fascino e dalla bellezza della protagonista. Per primo il baritono Dmitrij Jankovszkij, che dato vita ad un Jaroslav Prus cinico nei primi due atti e sofferente nel terzo: sarà lui a bruciare, nel finale, la formula dell’immortalità, strappandola di mano alla giovane aspirante diva, inorridito per la morte del figlio Janek, interpretato da Aleksandr Klevics.
Bene anche Dmitrij Hromov nel ruolo Albert Gregor, figlio della precedente incarnazione della Marty quando si faceva chiamare Ellian MacGregor, Dmitrij Szkorikov nel ruolo dell’avvocato Kolenatý e Andrei Palamrcsuk nel ruolo di Vitek archivista padre di Kistina.
Divertenti per come hanno caratterizzato le loro parti: Mihail Szerisev, il conte Hauk-Šendorf, Dmitrij Ovcsinnyikov, un macchinista del teatro, Marina Karpecsenko, la donna delle pulizie e Jekatyerina Oblezova, centenaria cameriera di Emilia Marty.
Uno spettacolo coinvolgente, molto apprezzato dal pubblico ungherese e dal nutrito numero di critici arrivati un po’ da tutte le parti.
Domenico Gatto