Dopo il flash mob realizzato presso l’aeroporto di Malpensa è andato in scena l’atteso “L’elisir d’amore” donizettiano diretto da Fabio Luisi con Vittorio Grigolo nel ruolo di Nemorino.
Bisogna ringraziare Vittorio Grigolo se la messa in scena dell’Elisir d’amore è stata accolta da un successo sin troppo generoso. Dell’intero cast, Grigòlo è parso l’unico veramente in parte in ruolo dove la sua esuberanza, spesso eccessiva, trova una credibilità nel personaggio ed è stata contenuta rispetto ai livelli in cui spesso eccede il tenore toscano. In virtù dell’ottima emissione e della voce ricca di armonici, ma capace di sfumature e di filati in linea col ruolo di Nemorino, finalmente non un tonto bensì un birbantello, pure scherzoso e divertente che si è distinto in una regia piatta e banale. Meritate le ovazioni alla fine della famosa aria Una furtiva lacrima, il momento musicalmente più prezioso della serata, ed alla fine dell’opera quando si è esibito nel suo consueto rituale dei ringraziamenti col lancio finale del cuore che ha mandato in visibilio il numeroso pubblico che era accorso in teatro solo per vedere ed ascoltare lui.
Il resto del cast non si è dimostrato all’altezza. Eleonora Buratto, che pure ha una voce interessante, si è parsa inadatta al frizzante personaggio Adina. E’ mancata nelle agilità e gli acuti sono sembrati alquanto forzati; anche scenicamente sembrava un po’ ingessata, ma certo non è stata aiutata dalla regia. Buona la riuscita di Prendi per me sei libero in quanto molto più adatto al suo timbro di soprano lirico.
Il baritono Mattia Olivieri nel ruolo di Belcore ha palesato problemi di intonazione nel primo atto soprattutto nella cavatina Come Paride vezzoso, migliorando nel secondo atto. Certo la presenza scenica è di primo livello, ma la voce non è di pari altezza.
Un discorso a parte merita Michele Pertusi, basso baritono sempre elegante e garanzia di professionalità. Però gli difetta la verve comica che esige la parte di Dulcamara, ruolo da imbonitore e truffaldino. Si è impegnato nel versante comico quando durante la barcarola ha intercalato al canto il fischio del senator Tredenti, ma non è stato sufficiente a rendere divertente un personaggio acconciato, per giunta, con una parrucca ridicola alla maniera di Moira Orfei.
Più che sufficiente per il ruolo di Giannetta si è rivelata Bianca Tognocchi dove ha palesato pure sicurezza negli acuti.
Fabio Luisi, direttore di chiara fama, ha diretto in modo atassico questo Elisir: a tratti con lentezza soporifera la partitura che, viceversa, è frizzante ed allegra, salvo poi all’improvviso accelerare improvvisamente e vorticosamente in alcuni momenti, per esempio nel duetto Tanto amore fra Adina e Dulcamara, ottenendo strepito in buca e mettendo a rischio la musicalità in palcoscenico.
Buona come al solito la prestazione del coro preparato da Bruno Casoni.
Lo spettacolo, visto per la prima volta alla Scala nel 2006, è stato ripreso ora dal regista Grischa Asagaroff che non si è dimostrato in sintonia col pur divertente e surreale impianto scenico e coi costumi naif realizzati a suo tempo da Tullio Pericoli, aggiungendo convenzione alla polvere del vecchio allestimento. Pure le luci Hans Rudolf Kunz sono sembrate fisse, senza fascino e non hanno brillato di certo.
Domenico Gatto
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