Teatro Comunale di Bologna
La stagione lirica 2012 del Teatro Comunale di Bologna si chiude con un titolo che prelude al bicentenario verdiano ormai alle porte: Il Trovatore, in coproduzione con il Teatro delle Muse di Ancona e con il Coliseu do Porto. Il Trovatore è tornato al Teatro Comunale di Bologna dopo sette anni di assenza, sempre nell’allestimento curato dal regista scozzese Paul Curran, già Direttore artistico della Norwegian National Opera di Oslo e regista di fama internazionale. La regia de Il Trovatore, in questa ripresa, è affidata all’assistente di Curran, il triestino Oscar Cecchi, che collabora con il regista scozzese dal 2005.
Questo allestimento ha, nel frattempo, girato nei principali teatri nazionali, dove ha riscontrato un buon apprezzamento soprattutto nell’anno centenario dell’unità d’Italia: infatti, Curran, trasporta la vicenda di Manrico e Leonora alla metà dell’ottocento, in pieni moti risorgimentali.
In realtà lo spostamento riguarda esclusivamente i costumi, perché la scena di Kevin Knight (che ha curato anche i costumi) spoglia e grigia, caratterizzata solo da grandi scale che cambiavano posizione ad ogni cambio di scena, è piuttosto atemporale. E altrettanto semplice era l’azione, che di solito seguiva il libretto, salvo discostarsene in alcuni casi, rivelando vere e proprie incongruenze: la decisione di far uscire Ines durante la prima cabaletta di Leonora, per poi farla rientrare pochissimo dopo, a cantare i versi finali; i membri del coro che avanzano scomposti ai lati della scalinata nella terza scena del secondo atto (Ah!… se l’error t’ingombra), scena che dovrebbe risaltare per immobile ieraticità; la totale assenza della vampa, spunto concreto della prima aria di Azucena; i fermo immagine sui duelli, in particolare sullo scontro tra il Conte e Manrico, che si conclude con la frettolosa uscita, quasi amichevole, dei due rivali; l’opposizione tra il contenuto del testo e determinati movimenti dei personaggi, evidente soprattutto alla fine del primo atto; l’episodio all’inizio della terza parte, in cui l’anziana zingara tende le corde e travolge gli aguzzini che la trattengono, rivelando una forza degna di Sansone e infine soprattutto la decisione di farla destare già al momento della morte di Leonora, rendendo inspiegabile la domanda Ov’è mio figlio?. Tutti elementi che forse, presi singolarmente, non avrebbero inficiato la buona riuscita della rappresentazione, ma che messi insieme hanno dato l’idea di una regia frettolosa e poco studiata.
L’opera si è aperta all’insegna di una precisa immagine, quella della luna, che risaltava a sipario chiuso, dipinta sul telone, ad accogliere il pubblico che entrava in sala. Questo elemento ha subito evidenziato la componente notturna dell’opera verdiana, solo raramente rischiarata da luci o da fiamme. Tale componente era bene espressa dalle scelte del light designer Bruno Poet, che però sono passate quasi inosservate, per far risaltare un aspetto troppo cupo. Le scene poi non aiutavano, dando spesso una sensazione di soffocamento e non caratterizzando adeguatamente le varie situazioni drammaturgiche. L’ambientazione dell’opera in epoca risorgimentale non stonava e risultava visivamente convincente, però era troppo fine a se stesso e fin troppo scontato, oltre che idea sfruttata da decenni.
La partitura de Il trovatore è ricca di momenti complessi, resi insidiosi da ritmi incalzanti e da cambiamenti di tempo non sempre facili da gestire: la direzione del maestro Renato Palumbo, alla guida dell’Orchestra del Teatro Comunale, si è dimostrata, in generale, all’altezza, peccando però di un’eccessiva lentezza in più punti.
Il secondo cast si è rivelato molto eterogeneo, con voci non particolarmente emozionanti.
Nel ruolo di Manrico il coreano Ji Myung Hoon, dimostra di possedere le giuste qualità. La voce c’è tutta ed è discreta, coadiuvata di buon squillo e centri sonori che salgono all’acuto in maniera molto omogenea, ma è ancora acerbo e pertanto carente di accenti e chiaroscuri, il tutto accompagnato da qualche incertezza; buona la riuscita della cabaletta Di quella pira… Carente nella recitazione.
Luca Salsi, nel Conte di Luna, si è rivelato essere la voce migliore della serata. Si è fatto notare per timbro, corpo di voce e tecnica, perdonabile la poca presenza scenica.
Azucena era Anna Malavasi: la voce è bella e la tecnica buona, ma il timbro chiaro e il volume vocale la rendono una zingara poco credibile.
Anna Pirozzi è stata una credibile Leonora, con una voce dal bel colore, timbro importante e corposo; purtroppo gli acuti risultano incontrollati.
Luca Tittoto è stato un buon Ferrando, dalla bella dizione, nobiltà di fraseggio con una voce possente, omogenea e morbida.
Passa inosservata l’Ines di Elena Borin. Imponente il Ruiz di Cristiano Cremonini.
Eccellente prova per il Coro del Teatro Comunale diretto dal maestro Lorenzo Fratini, si è rivelato pienamente essere il punto di forza della serata.
Un Teatro Comunale esaurito e pieno di un pubblico giovane, ha accolto favorevolmente lo spettacolo, tributando applausi e consensi.
20 dicembre 2012
Il conte di Luna Luca Salsi
Leonora Anna Pirozzi
Azucena Anna Malavasi
Manrico Ji Myung Hoon
Ferrando Luca Tittoto
Ines Elena Borin
Ruiz Cristiano Cremonini
Un vecchio zingaro Michele Castagnaro
Un messo Enrico Picinni Leopardi
Direttore Renato Palumbo
Regia Paul Curran
Regia ripresa da Oscar Cecchi
Scene e costumi Kevin Knight
Luci Bruno Poet
Luci riprese da Andrea Oliva
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Tecnici del Teatro Comunale di Bologna
Allestimento Teatro Comunale di Bologna
in coproduzione con Teatro delle Muse di Ancona e Circulo Portuense de Opera di Porto
Mirko Bertolini