Norma. Bellini. Cagliari

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Cagliari. Teatro Lirico, 04/05/2014

La tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani  dalla “Norma ou L’infanticide” di Alexandre Soumet

Fascino e mistero tra le note con la “Norma” di Vincenzo Bellini – in cartellone da giovedì 25 aprile fino a domenica 4 maggio al Teatro Lirico di Cagliari: l’opera forse più celebre e amata del compositore siciliano ha inaugurato con la sua cifra virtuosistica e vibrante di pathos l’intrigante cartellone della Stagione Lirica 2014 e, insieme, il XIV Festival di Sant’Efisio. La tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani (dalla “Norma ou L’infanticide” di Alexandre Soumet) riprende – com’è noto –  il mito di Medea, la principessa della Colchide invaghitasi di Giasone, e la sua feroce vendetta contro lo sposo traditore, per trasportarlo nella Gallie all’epoca della dominazione romana. Sacerdotessa druidica, ministra di un culto sanguinario, Norma è vinta dall’amore per un condottiero nemico, e in nome di quella passione segreta e inconfessabile si fa custode della pace finché il proconsole si svelerà fedifrago, e in procinto di abbandonarla per una giovane novizia. Il trionfo di Eros, divinità arcaica e potente che domina i cuori e sottomette la ragione alle sue leggi, trasfigura una vicenda quasi banale – come l’incostanza dei sentimenti umani – in un conflitto interiore tra la tentazione di una giustizia implacabile e devastatrice e un’inattesa compassione. Splendide melodie restituiscono l’incanto di un’invocazione all’astro notturno, e la sacralità del rito, e il senso del pericolo nelle riunioni dei congiurati, e le cangianti emozioni e gli stati d’animo dei protagonisti: tra tutti spicca l’impervio ruolo di Norma – affidato alla georgiana Iano Tamar, non sempre convincente nel restituire la complessità e ricchezza di sfumature di un personaggio che raggiunge vette di puro lirismo per precipitare in una cupa drammaticità. Una scrittura di assoluto virtuosismo canoro ed espressivo, in cui la tenerezza per l’antico amante e l’imperio di profetessa, l’ira e il dolore, la fredda determinazione della donna ferita e un indicibile struggimento di madre, le rinate speranze e una cieca e crudele brama di distruzione, l’incalzare sul prigioniero e la fierezza (o follia) del sacrificio convivono in un curioso intreccio di algida virtù e sensualità.

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Femme fatale, incantatrice del nemico guerriero, temeraria nello sfidare le leggi umane e divine per seguire le proprie passioni, Norma è quasi un’eroina in negativo: chi l’ama, o l’amava la teme, quasi forza sovrumana e vendicatrice, ne subisce il fascino perverso, inorridisce ma non stupisce all’idea dell’infanticidio, cerca di placarla offrendo una vita in cambio d’un’altra vita. Creatura affascinante e enigmatica, sapiente, maestra del rito e interprete del volere degli astri, è una donna pericolosa: su di lei s’impernia la tragedia, è il suo dramma ma la sua volontà determina il destino dei singoli e dei popoli. La sua verità, e il suo mistero vivono nella musica; e la partitura scolpisce i caratteri e le geometrie impossibili di un triangolo “perfetto”, che contrappone a quelle della protagonista le ragioni dell’intensa Adalgisa di Veronica Simeoni  felicemente “in parte” in tutti i registri e del Pollione cui Roberto Aronica, superati gli acuti iniziali, presta una vocalità possente e duttile, e una tessitura giustamente eroica. Pregnante la figura di Oroveso, interpretato da  Riccardo Zanellato: il patriarca saggio, guida del suo popolo, padre severo e infine commosso e turbato dalle rivelazioni e dal sacrificio della figlia Norma, la sacerdotessa che s’immola espiando la colpa sul rogo. Completano il cast Rosanna Lo Greco nel ruolo di Clotilde, la balia dei bambini, confidente di Norma, l’unica al corrente del suo segreto, e Gilberto Mulargia, in quello di Flavio, sfortunato compagno d’armi di Pollione.

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La sfida – sempre ardua – della tragedia belliniana trova una brillante risoluzione nella lettura in chiave tardoromantica di Julian Kovatchev alla guida dell’orchestra cagliaritana, in un sapiente equilibrio tra slanci lirici e epici accenti, con le attese sottolineature melodiche e il preciso contrappunto degli archi; eccellente la prova del coro, istruito da Marco Faelli, tra spirito guerriero, notturni riti, incertezza e sgomento, e infine ribrezzo e condanna.

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L’inquietudine di Norma, icastica sacerdotessa e donna preoccupata dalla freddezza dell’amante, ferita dal tradimento e poi consolata nel sororale abbraccio di una complicità femminile, tentata da un folle gesto e da una vendetta efferata, e infine sublime nel sacrificio, affiora e informa di sé tutta l’opera, pur nel contrasto con un subitaneamente odioso Pollione e con l’involontaria rivale, poco più che fanciulla, in cui riconosce l’identica debolezza a fronte della passione.

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Tragedia d’anime, la “Norma” di Bellini – nell’allestimento cagliaritano per la regia di Stephen Medcalf, con scene e costumi di Nicky Shaw e il bel disegno luci di Simon Corder– rivive in un’epoca ormai postmoderna, tra Settecento e Ottocento, in un’ipotetica Spagna invasa dalle truppe francesi, tra echi dell’arte di Francisco Goya e le suggestioni pittoriche del Romanticismo. L’invenzione registica, nel trasporre l’azione dai tempi dell’antica Roma alle conquiste napoleoniche avvicina irrimediabilmente l’opera alla temperie politica e culturale in cui vide la luce, ed è inevitabile riconoscere nel tentativo di riscossa dei celti – fosse pure per assonanza – un rimando ai primi moti risorgimentali. La sensibilità e la cura registica, tanto nelle scene d’insieme quanto nel risalto dato ai monologhi interiori e nell’architettura di duetti e terzetti, restituiscono verità d’accenti e nobiltà tragica a una trama ricca di colpi di scena, in cui il gioco delle passioni s’intreccia alla Storia. In una curiosa unità di tempo e luogo che si duplica in esterni e interni – il bosco sacro del primo atto e del finale, con il tempio di Irminsul, e la dimora di Norma, in cui vivono nascosti agli occhi del mondo i suoi figli – si dipana il racconto; la foresta è il luogo della seduzione, la nuova come l’antica, e dell’intrigo; del mistero e del rito, che assume curiose connotazioni in cui i segni barbari si intrecciano alle simbologie cattoliche della “processione dei flagellanti”. La Natura offre rifugio agli amanti e ai congiurati; mutano gli abiti, le architetture, le armi ma non i cuori; semmai straniante appare l’accostamento tra la divinità druidica che impone sacrifici umani e il dio cristiano, l’icona della sacerdotessa e l’immagine della Vergine. La diversità del culto – tra celti e romani, più che tra spagnoli e francesi – e soprattutto la necessità del sacrificio, danno luogo a più di un’incongruenza; se pure la storia della monaca traviata può ricordare il tabu arcaico della seduzione di una vestale, il rogo finale su cui ardono gli amanti nel loro ultimo amplesso risulta meravigliosamente incomprensibile. L’ultima visione, tra il bagliore della fiamma e gli abiti druidici di Oroveso, sembra restituire la tragedia alla sua forma originaria, fugare l’incubo di una guerra tra popoli e civiltà che si perpetua nei secoli, affidando a un dio la responsabilità della vittoria, mentre riecheggia il lamento degli oppressi, per riportarlo alla dimensione del mito e della leggenda. Il sipario si chiude su Norma e Pollione abbracciati ai piedi dell’altare, mentre per i loro figli si profila la salvezza e dal dolore nasce il perdono del  patriarca.

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La bellezza “pittorica” dei quadri vince sulla necessità di un’aderenza storica, e soprattutto letteraria: la “Norma” cagliaritana, nel suo atteso ritorno a più di un quarto di secolo dal precedente allestimento del 1988 con Katia Ricciarelli, convince e seduce (e a volerle cercare offre interessanti interpretazioni sull’incontro/scontro tra culture) a conferma, se ce ne fosse bisogno, del fascino immortale dei capolavori del melodramma.

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 Pollione            Roberto Aronica 

Oroveso            Riccardo Zanellato
Norma              Iano Tamar
Adalgisa          Veronica Simeoni
Clotilde            Rosanna Lo Greco
Flavio               Gilberto Mulargia

maestro concertatore e direttore Julian Kovatchev
maestro del coro    Marco Faelli
regia                        Stephen Medcalf
scene e costumi      Nicky Shaw
luci                            Simon Corder

Orchestra e Coro del Teatro Lirico di Cagliari

nuovo allestimento del Teatro Lirico di Cagliari

 

Anna B