Die Fledermaus di scena al Teatro Alla Scala di Milano

Die Fledermaus
Die Fledermaus

Difficile il matrimonio tra il melodramma italiano ( spesso velato da una patina di melanconia anche nella cosiddetta opera comica) e lo spumeggiante e trascinante carisma dell’Operetta vera e propria o , come in questo caso , della più imponente produzione di genere viennese .

Due linguaggi completamente diversi ed opposti che spesso rischiano di essere mal interpretati dando luogo a numerosi fraintendimenti . Così come spesso oltralpe l’opera italiana (ad eccezioni di importanti e sapienti produzioni) viene considerata e vista esclusivamente attraverso la vocalità dei suoi interpreti, la vivida gaiezza del mondo musicale austriaco, che doveva all’epica corrispondere a determinati e ben precisi canoni estetici e funzionali, in Italia viene spesso intesa come poca cosa e talvolta si è pronti ad intervenire con l’obiettivo di elevarla a livelli completamente lontani dalla sua natura musicale e teatrale .

Può accadere allora che oggi un teatro prestigioso quale il Teatro alla Scala , dopo aver finalmente deciso di inserire in cartellone il celeberrimo Die Fledermaus di J. Strauss II , per la prima volta ospitato sul celeberrimo palcoscenico meneghino , voglia cambiargli d’abito, cercando di renderlo più consono ai raffinati gusti del pubblico milanese.

Fu vera gloria ?

Il regista Cornelius Obonya decide in questo caso di ambientare questo Die Fledermaus ai giorni nostri in terra elvetica e più precisamente all’interno di una villa a Kitzbühel, rinomata località sciistica frequentata da un bel mondo per il quale comun denominatore è la noia (il principe Orlofsky si muta nell’oligarca russa Orlofskaya) dove la lingua è un miscuglio di italiano e tedesco pasticciato con il francese posticcio di Chagrin e Renard , e dove vizi e lussurie sono all’ordine del giorno. I protagonisti sono dunque soffocati dal lusso e da fiumi di champagne che ottunde determinazioni e maschera caratteri, a parte quello del carceriere Frosch, salvo perché puro.

Oltre a tutto ciò lo spettacolo presenta ballerini ed acrobati , musiche fuori scena registrate e molto altro ancora, atto a trasmettere al pubblico un’allegria posticcia quanto forzata .

Molto é stato fatto per farci dimenticare che eravamo di fronte ad una raffinata partitura in cui la musica si accompagna alla parola sostenendola e giocando con la stessa e, sotto questo profilo, il risultato può dirsi sostanzialmente riuscito in quanto ben poco si è sorriso in questo Fledermaus e non certo per responsabilità del cast che ha fatto tutto ciò che poteva, in questo contesto .

Il tenore Peter Sonn offriva un ritratto vocalmente interessante al suo Eisenstein ma troppo poco teatrale così come il soprano Eva Mei nei panni di Rosalinde che risolveva quasi esclusivamente sotto il profilo musicale. Assai meglio il simpatico Alfred impersonato dal tenore Giorgio Berrugi che giustamente giocava, attraverso la sua vocalità, con la partitura e con i colleghi , impersonando una simpatica e sornione parodia del suo ruolo

tenorile così come la frizzante Adele delineata dal soprano Daniela Fally , briosa al punto giusto senza inutili forzature ma sapientemente attenta alla parola ed al suo valore . Vocalmente a posto anche il Dott. Falke interpretato dall’ottimo Markus Werba, anche se da un artista come lui si pretenderebbero maggiori raffinatezze espressive ed anche Elena Maximova nei panni dell’oligarca Orlofskaya si disimpegnava con professionalità, grazie ad una timbrica interessante e misurata.

Michael Kraus (Frank), Kresimir Spicer (Dr. Blind) e Anna Doris Capitelli (Ida), completavano un cast sostanzialmente corretto ma privato di brio, carisma ed entusiasmo.

L’attore milanese Paolo Rossi, quale Frosch, era impegnato ad offrire una convincente interpretazione di se stesso riuscendoci senza tanto sforzo; resta la perplessità sulla sua scelta all’interno della pièce che comunque lui solo è riuscito a smuovere da una sostanziale glaciazione .

Buona idea quella di impegnare il corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Frédéric Olivieri (coreografie  di Heinz Spoerli) durante la scena della festa del II Atto (“Unter Donner und Blitz”” nota polka di Johann Strauss II ) nel preludio ed in altre occasioni, decisamente meno buona invece, e alla ricerca di un facile effetto, quella di inserirvi anche una coppia di acrobati.

Deludente la prova del M. Cornelius Meister che , reduce dal Teatro dell’opera di Vienna con questo stesso titolo, non è evidentemente riuscito a trasmettere all’orchestra scaligera la medesima energia . Di certo non mancava una lettura attenta della partitura ma la stessa, in questo perfettamente in linea con la lettura registica , risultava completamente priva di charme ed energia .

Gremita la sala del Piermarini ed applausi a tutti gli interpreti ed al Direttore.

Silvia Campana