Simon Boccanegra a Piacenza

Simon Boccanegra a Piacenza
Simon Boccanegra a Piacenza

Il progetto «Opera laboratorio» nato su idea del baritono Leo Nucci  e di Cristina Ferrari (direttore artistico del Teatro Municipale di Piacenza) è, ad oggi, una delle realtà più concrete e dirette per giovani artisti emergenti nel panorama lirico in quanto permette loro di affrontare, attraverso un percorso di approfondimento teatrale ed artistico, titoli del grande repertorio più o meno impegnativi, all’interno della programmazione di un prestigioso teatro di tradizione quale quello piacentino,

Iniziato nel 2013 con Luisa Miller e proseguito poi con L’elisir d’amore, L’amico Fritz e Un ballo in maschera, l’ambizioso percorso toccava quest’anno, inaugurando la Stagione 2017/2018 del Teatro Municipale, uno dei più pericolosi, per intima e profonda connessione tra vocalità e teatro,  titoli del repertorio verdiano: Simon Boccanegra.

L’allestimento, ideato da Leo Nucci, come sempre impegnato a tutto tondo nella regia della produzione in stretta sinergia con Salvo Piro, il costumista Artemio Cabassi, lo scenografo Carlo Centolavigna e Claudio Schmid alle luci, lascia spazio e significante al dramma ed alle vocalità impostando uno spazio scenico in cui bastano la ricercatezza storica dei costumi ed i rimandi ad una Genova potente e libera a creare lo sfondo del dramma.

Una cornice non priva di significanti però ed in cui dominano il tema dell’oscurità in contrasto con lo spazio libero del mare (così presente in partitura) ed in cui i quadri scenici hanno un costante rimando (quasi tableaux vivants) con capolavori artistici del nostro Ottocento (Hayez) che, con l’avanzare del dramma, diventano sempre più coinvolgenti arrivando, nel quadro finale, ad una visione d’assieme teatralmente e drammaturgicamente ricca  di significanti (grazie al sinergico apporto di scenografia, luci, costumi e ad un intelligente movimento di masse) prova che in teatro funziona sempre ed ancora ciò che è portato avanti con coerenza di lettura, alla quale si può aderire o no per gusto personale ma che risponda alle richieste fondamentali dello spartito senza tradirlo alla base, e Simone ne pone molte.

Il cast impegnato in palcoscenico era composto per la maggior parte da giovani dall’indubbio talento anche se, nella maggior parte dei casi, ancora lontani dalla profonda espressività che questa partitura quasi impone agli interpreti. Forse più che in altri, per questo spartito verdiano non è sufficiente cantare e cantare bene ma riuscire a trasmettere l’enorme dramma che ognuno dei personaggi da Simone a Fiesco attraverso la stessa Amelia e Paolo Albiani, è chiamato a portare con fatica, un dramma che tocca temi universali quali l’amore (nella sua più vasta accezione), la gelosia, l’orgoglio, il pregiudizio ancora fortemente attuali e che devono emergere in tutta la loro conflittuale potenza.

Il ruolo del titolo era assegnato al baritono Kiril Manolov che, nonostante un timbro autorevole ed impegnativo per volume e consistenza, dunque difficilmente malleabile, ha ben cesellato il suo personaggio raggiungendo, specie nel II e III Atto, momenti di bell’intensità, piegando il suo strumento a numerosi piani ed impegnative mezzevoci che gli permettevano una prova artistica sempre attenta ed ‘in crescendo’ con lo sviluppo del dramma. Un lavoro accurato che ha portato i suoi frutti e che, con la maturazione artistica del cantante, speriamo non potrà che migliorare aiutandolo a ricercare quegli armonici che la sua tonante vocalità spesso rischia di appiattire.

Il giovane soprano Clarissa Costanzo ha una bella qualità timbrica ed uguale sensibilità teatrale ma , in questo momento deve mostrare particolare attenzione, data la sua giovanissima età, all’appoggio che spesso non risulta così solido impedendogli dunque  a tratti di cantare con il dovuto sostegno e musicale precisione. Una voce più che interessante dunque ma che necessiterebbe, dal mio personale punto di vista, di uno studio ancora maggiore per limare e sistemare alcune piccole imperfezioni che, se trascurate, potrebbero nuocerle in futuro e sarebbe un peccato.

Simon Boccanegra a Piacenza
Simon Boccanegra a Piacenza

Al giovane basso Mattia Denti non difetta certo un’interessante e morbida timbrica ma affrontare un ruolo come Fiesco, ripeto, è , sempre un’arma a doppio taglio, ogni parola conosce un sotto testo e cela una profondità d’intenti che non può essere omessa. La voce c’è, la musicalità anche ma al momento manca ancora un po’ di spessore e di anima che , con il tempo non potrà che giungere.

E’ sembrata molto buona nel complessa la prova invece del giovane tenore Ivan Defabiani, impegnato nel ruolo di Adorno. Alla timbrica lucente e istintiva l’artista aggiungeva un giusto accento, una musicalità attenta ed una cura nel fraseggio mai banale in un ruolo tra i più ingrati del repertorio tenorile verdiano, se saprà dosare con cura tecnica ed entusiasmo il suo sarà un nome di cui presto, credo, sentiremo parlare.

Buono, ma da cesellare ulteriormente sotto un profilo prettamente espressivo, il Paolo Albiani dell’ottimo giovane baritono Ernesto Petti.

Completavano il cast: Cristian Saitta (Pietro), Jenish Ysmanov (Capitano dei balestrieri) e Paola Lo Curto (ancella di Amelia).

Un po’ monocorde la lettura dello spartito da parte del M° Pier Giorgio Morandi, troppa poca  angoscia, oscurità e conflitto trasudavano dall’Orchestra dell’Opera Italiana pur, nel complesso, diligentemente guidata.

Sostanzialmente corretto il coro del Teatro Municipale di Piacenza diretto dal M° Corrado Casati.

Sala gremita ed entusiasmo per tutti gli artisti ed il Direttore oltre ad autentiche e meritate ovazioni per Leo Nucci che ha fatto di questo progetto uno dei fiori all’occhiello, dal punto di vista prettamente e totalmente teatrale, della sua carriera che, a disposizione ora dei giovani, assume ancora maggior luce e centralità. Una spinta ed uno sguardo verso le giovani generazioni che, oltre alle parole passa ai fatti e che il grande artista mettendoci da anni anima e ‘faccia’ sostiene con grande coraggio, determinazione e coerenza in sinergia con un Teatro sensibile ed attento quale il virtuoso Municipale di Piacenza che ha coprodotto l’allestimento con il teatro Alighieri di Ravenna e l’Opéra di Marseille.

 

Silvia Campana